Un papa non è per sempre nella chiesa di Francesco. Se dall’altra sponda del Tevere l’estate vaticana si preannunciava ricca di sorprese, come preconizzato da Alberto Melloni che aveva parlato di «giugno nero della chiesa», e dal decano dei vaticanisti John Allen, che annunciava una «sorpresa d’agosto», finora al vociare di chi parla di possibili dimissioni del papa e di un prossimo conclave risponde il silenzio adamantino del capo della chiesa cattolica, oltre un mese dopo una delicata ma risolutiva operazione al colon.

Anzi Bergoglio, alla vigilia del viaggio in Ungheria e Slovacchia, resta fedele alla sua linea apostolica. Anche se ad alimentare il presagio ci sarebbe un’età fatidica: a dicembre papa Francesco compirà 85 anni, gli stessi che aveva Ratzinger quando si è dimesso e Karol Wojtyła quando è morto. Un giro di boa ineludibile per il papa argentino secondo Antonio Socci, che su Libero si domandava se il papa fosse prossimo a lasciare la guida della chiesa.

Fedele alla linea

Eventuali dimissioni di Bergoglio, qualora possibili, non sarebbero sorprendenti e confermerebbero in toto la linea da lui sposata. Dal 2013 papa Francesco ha non solo rimpaginato la curia romana, creando nuovi dicasteri: ha legiferato molto di più dei suoi predecessori. Il canonista Georg Bier ha calcolato che le sue disposizioni legali superavano del 50 per cento quelle di Ratzinger già quattro anni fa. Al momento, c’è grande attesa per un’eventuale Costituzione apostolica che potrebbe disciplinare lo status di «papa emerito» e inaugurare un pontificato a scadenza.

Pastori, non leader

Nessuno può prevedere cosa accadrà. Certamente, di questa riforma dell’emerito si discute già da tempo. Il tema è emerso di riflesso lo scorso giugno, quando è stato emanato il decreto che disciplina la guida dei movimenti e delle associazioni religiose riconosciute dalla chiesa.

Il Dicastero per i laici, la famiglia e la vita ha, così, fissato una scadenza di non oltre dieci anni per ruoli apicali come quelli delle guide religiose, che tuttavia non esclude l’eventualità di una rielezione dopo una vacanza di mandato. «È triste vedere come alcuni istituti per cercare una certa sicurezza, per potersi controllare sono caduti in ideologie di qualsiasi segno, di sinistra, di destra, di centro» ha dichiarato papa Francesco intervenendo all’apertura della 50esima settimana nazionale degli Istituti di vita consacrata lo scorso maggio. Scelte come l’allontanamento dell’ex priore di Bose, Enzo Bianchi, dalla comunità da lui fondata dopo il Concilio vaticano II o il recente scioglimento della comunità Regina Pacis per mancanza di «maturità nel suo carisma per un sano sviluppo futuro» vanno in questa direzione. Il papa non teme di scompaginare posti apicali all’interno della chiesa: il Consiglio di cardinali da lui voluto un mese dopo l’elezione, per esempio, è un gruppo a numero variabile, dopo l’uscita dei porporati Francisco Javier Errázuriz Ossa, George Pell e Laurent Monsengwo Pasinya. Se il papa rivede le guide apicali, perché non dovrebbe applicare lo stesso criterio al suo ruolo, senza aspettare il sopraggiungere di un grave impedimento?

Ruoli a scadenza

Per alcuni analisti, eventuali dimissioni del papa sarebbero l’esito naturale di un bilancio disastroso per il cattolicesimo mondiale, soffocato da questioni di etica politica e un irrimediabile calo di credenti praticanti. «Questo argomento comincia a essere affrontato in maniera “scientifica” da canonisti e teologi che sembrano preparare il terreno a provvedimenti ufficiali della Santa sede» ha scritto di recente Socci su Libero. Un mese fa, anche il vaticanista Sandro Magister sul suo blog analizzava due libri di recente uscita, La Chiesa brucia e Il gregge smarrito, quali anticipazioni letterarie a un orizzonte ecclesiale su cui il sole argentino sarebbe al tramonto. «Come provano i due libri sopra citati, è scoccata l’ora di prendere le distanze dal papa regnante, se si punta a succedergli» scrive Magister, che stila un primo elenco di porporati italiani e stranieri fra i più accreditati, dai «prediletti» del papa e quelli più «moderati». Analisi che, fino a papa Benedetto XVI, sarebbero apparse irreali, ma che il pontefice tedesco ha reso possibili con il suo storico atto di rinuncia, infrangendo il tabù della monarchia eterna affrontato da Giovanni Paolo II con grande sofferenza fisica.

Bergoglio ha colto il carattere provvidenziale del suo immediato predecessore, ricordando che anche l’autorità ieratica può essere a scadenza, a tutti i livelli. A confermarlo non ci sono solo le dimissioni del cardinale Angelo Becciu, privato delle prerogative legate al cardinalato dopo lo scandalo dell’appartamento di Londra. Soltanto quest’anno Bergoglio ha nominato tre visitatori apostolici per indagare su tre Congregazioni di curia: la Rota romana, la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti e la Congregazione per il clero, tutte sotto visita apostolica dopo il pensionamento dei cardinali che ne erano a capo.

Decide il papa

È nelle nomine che s’intravede la trama di Francesco. Leggendo i dati dei porporati in carica oltre l’età pensionabile, ossia i 75 anni stabiliti da papa Paolo VI, emerge invece che l’età non costituisce il solo criterio utilizzato per gestire le rinunce e le nomine della curia. Nel 2018 con il motu proprio Imparare a congedarsi, papa Francesco ha di fatto confermato l’età pensionabile, seppure sottolineando la validità autorizzata dal pontefice stesso, dopo che ogni singolo prelato o porporato abbia presentato formale richiesta di rinuncia.

Papa Francesco ha sostituito curiali che avevano già compiuto 75 anni, da Zenon Grocholewski (Prefetto della congregazione per l’educazione cattolica) fino all’ottantenne Lorenzo Baldisseri (segretario generale del Sinodo dei vescovi). Ha, altresì, reso chiari i casi nei quali un vescovo doveva presentare le sue dimissioni e, in caso, la rimozione dall’ufficio. Allo stesso tempo, però, ne ha lasciati altri in età pensionabile: fra i tanti, basti citare il presidente del Pontificio consiglio per la cultura, Gianfranco Ravasi (78 anni) e Giuseppe Bertello, 78 anni, che ricopre il ruolo di presidente del Governatorato dello stato della Città del Vaticano dal 2011. Il papa, inoltre, potrebbe riservarsi delle proroghe o dire di no, come emerso dalla lettera inviata lo scorso giugno all’arcivescovo Reinhard Marx, che aveva presentato in Vaticano le sue dimissioni in segno di espiazione per le omissioni della chiesa tedesca.

D’altra parte, la voglia di “accountability” di Francesco, messa nero su bianco con il motu proprio Come una madre amorevole, apre alla concreta possibilità di rimozione dei vescovi non solo in casi di abuso, ma anche di omissione o fatti incresciosi, più o meno noti pubblicamente. Sta facendo discutere, per esempio, l’annuncio delle dimissioni del più giovane vescovo di Spagna, il 52enne Xavier Novell. La diocesi di Solsona, in Catalogna, ha solo precisato che il giovane prelato si è ritirato «ai sensi del canone 401 del Codice di diritto canonico» che adduce come motivazione la malattia o un fatto grave.

Lo spettro della malattia

Un fattore su cui Socci fa leva è la salute cagionevole di papa Francesco, tema peraltro affrontato da Libero appena due anni dopo la sua elezione. Allora era la vigilia del Convegno di Firenze, quando il Quotidiano Nazionale riportò la notizia che il papa avrebbe richiesto a Pisa un consulto del luminare Takanori Fukushima per un sospetto tumore al cervello.

Nonostante le smentite di padre Federico Lombardi, lo spettro di una malattia incurabile suonava come il ticchettio di un pontificato a scadenza naturale. «Ci siamo domandati se fosse lecito violare in maniera così evidente la privacy di un uomo. Un uomo che a dicembre compirà 78 anni» sottolineò in un editoriale il direttore del giornale, Andrea Cangini. Malattia che ritorna come l’eco di una salute cagionevole con l’avanzare dell’età soprattutto dopo il ricovero di Bergoglio all’inizio dell’estate, per un’operazione al colon.

Sul suo stato di salute il papa non ha mai fatto mistero. Ciò non esclude che la malattia, esorcizzata negli ultimi anni dalla via crucis vivente di papa Giovanni Paolo II, ritorni come coordinata variabile nel futuro di Bergoglio. In un colloquio rilasciato il 16 febbraio 2019 al medico Nelson Castro per il libro La salute dei papi, Francesco stesso ha confidato di immaginare la sua morte «come papa, in carica o emerito. E a Roma. Non tornerò in Argentina».

Intanto papa Francesco infittisce la sua agenda, annunciando la sua prossima visita nel sud Italia, a Matera, nel settembre 2022. È il chiaro segno di una road map che non considera scadenze a breve termine ma, allo stesso tempo, sa che nulla è definitivo. «Il tempo presente è tempo di semina, e la crescita del seme è assicurata dal Signore. Ogni cristiano, allora, sa bene di dover fare tutto quello che può, ma che il risultato finale dipende da Dio» aveva detto Benedetto XVI un anno prima di dimettersi. In fondo, come scrive Herman Hesse, «anche un orologio fermo segna l’ora esatta. Due volte al giorno».

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