Disarmiamoci e marciamo. È questa la linea scelta da gran parte del mondo cattolico organizzato in vista della manifestazione per la pace di domani organizzata dalla Rete italiana pace e disarmo. I presidenti di numerose associazioni cattoliche hanno infatti firmato un appello comune dal titolo “Diciamo no alle armi nucleari e sì a forti gesti di pace e di dialogo” nel quale si spiegano le ragioni dell’adesione alla mobilitazione.

Gli interventi di papa Francesco in favore di un cessate il fuoco e dell’apertura di un tavolo negoziale fra Mosca e Kiev, i ripetuti allarmi lanciati contro il rischio di un’escalation nucleare nel conflitto in corso in Ucraina, hanno fatto da collante per un’ampia serie di sigle cattoliche: dalle Acli all’Azione cattolica, da Comunione e liberazione a Pax Christi, dalla Comunità di Sant’Egidio alla Comunità Papa Giovanni XXIII, dalla Focsiv, all’Agesci, al Movimento dei focolari solo per citarne alcune.

A spingere apertamente per il sostegno della manifestazione è stato il quotidiano della Cei, Avvenire. E anche il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Zuppi, non ha fatto mancare la sua voce in favore di un impegno concreto per far tacere le armi.

Se queste sono le posizioni ufficiali e pubbliche del laicato e della chiesa, va detto che la partecipazione al corteo in programma domani è stata lasciata in molti casi alle scelte dei singoli o alla capacità organizzativa delle realtà locali.

Adesioni più “istituzionali” e formali si sommano dunque a condivisioni più convinte, le sfumature e i distinguo sono stati coperti dalle parole del papa e da una vocazione alla pace che fa parte della tradizione cattolica.

La minaccia atomica

Foto AP

In questo contesto il tema del disarmo nucleare si accompagna e in parte si sovrappone a quello dello stop al conflitto in Ucraina, come emerge pure dall’appello della piattaforma che promuove l’iniziativa. Non per caso l’ultimo numero della Civiltà Cattolica appena pubblicato, dedica al tema un intervento significativo dal titolo: “La minaccia atomica e la guerra in Ucraina”.

Nell’articolo firmato da padre Giovanni Sale, dopo aver ricostruito il crescente isolamento del Cremlino sul piano internazionale anche da parte di paesi alleati della Russia come Cina e India, si afferma: «L’uso di armi nucleari tattiche in Ucraina è ormai uno scenario che va preso sul serio. Putin ha già avvertito che questa volta, parlando di tutti i mezzi, non sta bluffando».

Tuttavia, osserva Civiltà Cattolica, «questo fatto anche per Mosca presenta più rischi che benefici. Innanzitutto, l’utilizzo di bombe nucleari di piccole dimensioni sarebbe una chiara conferma della debolezza militare della Russia nel portare avanti una guerra convenzionale. In particolare, sarebbe per essa come ammettere la propria sconfitta sul campo di battaglia».

«In secondo luogo – prosegue il testo – in questo modo la Russia si trasformerebbe in una nazione pariah, come la Corea del Nord, e perderebbe l’appoggio della Cina e delle altre potenze internazionali. In terzo luogo, un simile attacco renderebbe inabitabili diversi chilometri quadrati di territorio, uccidendo anche soldati russi.

Le radiazioni, come ci insegna il caso di Chernobyl, colpirebbero parti della Russia e dei paesi dell’Ue, coinvolgendoli così in una guerra mondiale». Uno scenario da incubo che, in ogni caso, secondo l’autorevole rivista dei gesuiti italiani, non può essere scartato del tutto.

Una pace giusta

Sul piano della guerra che si continua a combattere sul terreno, invece, la posizione generale del laicato cattolico, si è allineata a quella esplicitata dal papa nell’Angelus del 3 ottobre scorso che, infatti, viene citata nell’appello-adesione alla manifestazione dai presidenti delle associazioni cattoliche.

In sostanza si chiede di lavorare per un immediato cessate il fuoco, al contempo la comunità internazionale dovrebbe porre «le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili.

E tali saranno se fondate sul rispetto del sacrosanto valore della vita umana, nonché della sovranità e dell’integrità territoriale di ogni paese, come pure dei diritti delle minoranze e delle legittime preoccupazioni».

Tratto essenziale del contributo cattolico alla mobilitazione per la pace, è però anche il riferimento ai molti altri conflitti in corso – la famosa «guerra mondiale a pezzi» evocata dal papa – per porre il tema del rifiuto della guerra come tema globale strettamente legato alla produzione e al commercio delle armi.

In tale prospettiva complessiva, la voce del cardinale Zuppi, attraverso un intervento pubblicato da Avvenire, si aggiunge a quella di chi scende in piazza per chiedere «all’Italia di ratificare il Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari non solo per impedire la logica del riarmo, ma perché siamo consapevoli che l’umanità può essere distrutta. Dio, il cui nome è sempre quello della pace, liberi i cuori dall’odio e ispiri scelte di pace, soprattutto in chi ha la responsabilità di quanto sta accadendo. Nulla è perduto con la pace».

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