Tamponi rapidi dal medico di famiglia? Magari, ma l’operazione non è né facile, né utile, se non si mettono i dottori in condizione di agire in sicurezza.

Per farlo non basta certo la firma dell’accordo di una settimana fa tra il ministro della Salute Roberto Speranza e la Fimmg, che è il sindacato più importante dei medici di famiglia, accordo poi validato anche dalle regioni.

Da subito, i sindacati che non hanno firmato l’accordo hanno iniziato a lanciare dichiarazioni roventi contro le misure approvate per l’assenza di misure adeguate di sicurezza, l’inadeguatezza dell’organizzazione territoriale nella gran parte delle regioni, senza parlare poi dell’obbligo che grava su ogni professionista a prescindere dalle singole possibilità.

Dalla Cgil Medici allo Smi, lo Snami, la stessa Società di medicina generale fino alle sigle più piccole ma non meno combattive, l’elenco di chi dice no si allunga giorno dopo giorno. Ieri centinaia di iscritti Fimmg contrari all’accordo si sono dati appuntamento per il “No-Fimmg day” e hanno polemicamente restituito la tessera sindacale e costituito il "Gruppo Orgoglio".

«Già da tempo - hanno scritto in una nota - non ci sentiamo rappresentati affatto da un sindacato che prende decisioni a nome nostro, senza consultarci e senza tutela di noi operatori in prima linea, specie nell'attuale situazione pandemica». Anche loro, come già avevano fatto i colleghi degli altri sindacati, hanno ribadito la «disponibilità a effettuare i tamponi rapidi presso locali idonei” e “con tutti i requisiti previsti per l'esecuzione di un esame diagnostico ad alto rischio».

Una tensione che ha costretto la Fimmg a correggere il tiro, con il segretario nazionale Silvestro Scotti costretto a chiarire che la firma è solo l’avvio di un percorso e che «sono ancora diversi i passi da fare prima che questo servizio sia concretamente operativo dal medico di famiglia. Servono accordi con gli enti locali per la messa a disposizione di spazi ad hoc per i medici». 

A differenza di quanto lasciato intendere da Speranza, l’esame negli ambulatori di medicina generale - ha ricordato Scotti - non è a richiesta del cittadino: «Il tampone antigenico viene deciso dal medico ed è riservato ai 'contatti stretti'. Non è che chiunque ha un raffreddore potrà fare il test».

Nelle condizioni in cui versa la medicina generale nella gran parte del Paese, non potrebbe essere diversamente: al momento è impensabile immaginare che i tamponi (per quanto rapidi) possano essere fatti in sicurezza in un via vai di potenziali positivi a contatto con l’utenza che tipicamente riempie gli studi medici: pensionati e malati cronici.

Anche gli stessi medici di famiglia in percentuale rilevante rientrano nelle categorie ad alto rischio Covid perché anziani e portatori di patologie.

Anche se prevale un’aneddotica fatta di medici inavvicinabili, sfaticati e lontani dal paziente, la realtà parla di una categoria che proprio in questa emergenza ha pagato un prezzo altissimo e ora non vuole tornare sul fronte senza le giuste tutele.

Ogni tampone prevede, per esempio, una vestizione con tuta e dispositivi monouso per proteggersi dall’effetto aerosol che ogni prelievo produce e dunque serve tempo per vestirsi e per svestirsi e l’operazione va fatta in due. Per un test rapido effettuato quanto tempo si toglie agli altri assistiti “normali”?

Insomma, senza la giusta infrastruttura fatta di “case della salute” o altri locali idonei presso le Asl, denunciano i sindacati, l’operazione ha il sapore della propaganda. Prima andranno fatti gli accordi territoriali – c’è chi può riuscirci in tempi rapidi, come Toscana ed Emilia-Romagna, altre aree no - e poi potrà iniziare a muoversi una macchina che, con tutta la buona volontà, non riuscirà a influire sul contagio nelle prossime settimane.

Alcuni presidenti di regione – Luca Zaia (Veneto) e Vincenzo De Luca (Campania)  -  minacciando sanzioni ai medici di famiglia inadempienti, scaricando su di loro responsabilità di organizzazione territoriale che sono della regione. «Non è ammissibile quest’atteggiamento da sceriffi - commenta Andrea Filippi, segretario Cgil Medici - la salute è organizzazione e potenziamento dei servizi attraverso le assunzioni che non sono state fatte e questo non si dice abbastanza, né nei servizi né negli ospedali. E il governo sbaglia a confrontarsi con un solo sindacato di categoria, cioè la Fimmg».

© Riproduzione riservata