Il 24 maggio scorso nella proprietà del settimanale L’Espresso è subentrato un nuovo socio: Donato Ammaturo, a capo del gruppo Ludoil, imprenditore leader nel settore dei carburanti. Il suo gruppo lavora a stresso contatto con lo stato e garantisce, come si legge nel codice etico, una costante lotta contro corruzione e illegalità. Domani ha letto alcuni atti di un processo e ha chiesto un commento ad Ammaturo e alla società, che non sono indagati, che hanno risposto con una diffida preventiva.

L’entrata dell’imprenditore dei carburanti nel settimanale è l’ultima rivoluzione societaria dopo l’arrivo di Danilo Iervolino, già fondatore del gruppo Pegaso delle università telematiche, venduto a una cifra di quasi un miliardo al fondo americano Cvc. Dopo aver venduto Pegaso, Iervolino ha rilevato la Salernitana che milita in serie A. L’ex patron delle università telematiche condivide con Ammaturo anche le origini territoriali: Iervolino di Palma Campania, l’imprenditore dei carburanti è di Nola, distante appena 8 chilometri. I rapporti tra i due sono ottimi e si sono fortificati proprio nelle dinamiche politiche locali a Palma. Inoltre Ammaturo è nel consiglio di amministrazione della Banca del Mediterraneo insieme a Raffaele Iervolino, fratello di Danilo, il quale in un comunicato ufficiale dell’istituto risultava tra gli investitori tramite la società IDI, sigla che ritorna nell’affare Espresso.

«Il Consiglio di Amministrazione di BFC Media SpA ha rinunciato al diritto di prelazione sulla cessione delle azioni che IDI Srl, di cui Danilo Iervolino è socio unico, detiene in L’Espresso Media Spa». A comprare il 49 di Iervolino, che resta comunque in BFC, è Alga Srl, con sede a Nola, provincia di Napoli: prezzo dell’operazione 2,6 milioni più 3,3 a titolo di finanziamento soci. In totale quindi sei milioni di euro. Non male, appena un anno fa Iervolino & Co. avevano comprato la testata per intero a 4,5 milioni dal gruppo Gedi di John Elkan. Una plusvalenza da maestro, alla Iervolino insomma.

La srl Alga è sempre di proprietà di Ammaturo, che tramite il gruppo Ludoil possiede più di 150 stazioni di carburante e vanta alcune convenzioni con Eni: dal colosso di stato, per esempio, ha acquistato nel 2018, tramite la controllata Sodeco, il deposito di carburante di Civitavecchia e l’oleodotto che lo connette allo stoccaggio destinato al rifornimento degli aeroporti di Roma Fiumicino e Ciampino. Di depositi di carburante Ammaturo ne ha molti altri: in Calabria possiede quello di Vibo Valentia e aveva tentato di realizzarne uno all’interno del porto di Gioia Tauro. Il fatturato del gruppo Ludoil ha superato il miliardo e mezzo nel 2022, con un margine operativo lordo di 52 milioni di euro. L’utile riportato nell’ultimo bilancio disponibile (2021) è stato pari a 222mila euro, prima del pagamento delle imposte era pari a 3 milioni.

Il manager di D’Alema

La famiglia Ammaturo è riuscita insomma a realizzare un impero, con fatica e in tanti anni. Amano fare le cose in grande, in casa Ammaturo. Il matrimonio nel 2018 resterà negli annali delle cerimonie: rito nella chiesa di piazza Plebiscito a Napoli, festa nella reggia di Caserta, con Andrea Bocelli a cantare l’Ave Maria, e tra gli invitati personaggi della moda (la donna è amministratrice delegata del brand Frankie Morello, dell’orbita Ludoil) e calciatori.

Il gruppo petrolifero di Ammaturo ha accolto di recente un manager molto vicino a Massimo D’Alema: si tratta di Rodolfo Errore, nominato amministratore delegato di Luce Spa, fino al 2021 presidente di Sace, la società assicurativa finanziaria, controllata dal ministero dell’Economia. Errore era stato nominato dall’allora ministro Roberto Gualtieri, oggi sindaco di Roma. Il manager è stato anche senior advisor in Ernst & Young, il colosso globale delle consulenze. Con EY ha collaborato anche l’ex presidente del consiglio. Errore è anche direttore generale della holding principale di Ammaturo, Ludoil.

Tra il 2020 e il 2021, Ludoil ha ottenuto tre prestiti bancari grazie al programma “Garanzia Italia”: totale 35 milioni di euro. Nel 2022, invece, Ludoil ha firmato un accordo con Unicredit per la ricessione dei crediti dei bonus edilizi, valore 1,3 miliardi di euro.

Le intercettazioni

La sigla Ludoil e il nome di Ammaturo emergono poi in alcune intercettazioni depositate agli atti di un processo in corso, istruito dalla procura antimafia di Catanzaro sulla potente famiglia Mancuso, espressione massima della ‘ndrangheta non solo in Italia. Né Ammaturo né alcun dirigente del suo gruppo è stato mai indagato. L’indagine del 2021 era stata denominata “Petrolmafie”: i carabinieri del Ros avevano documentato l’enorme giro d’affari della cosca Mancuso nel settore del traffico di carburante, destinato alle pompe bianche. In alcune intercettazioni tra un imprenditore al servizio del boss Mancuso e la nipote di quest’ultimo troviamo i riferimenti all’azienda di Ammaturo in Calabria, che gestisce il deposito a Vibo Valentia, feudo dei Mancuso. Gli investigatori hanno riassunto così nella loro informativa i dialoghi sul nuovo proprietario de L’Espresso: «Quindi, facendo una più ampia valutazione sulle implicazioni criminali di un’eventualità del genere, osservava che si sarebbero potuti creare dei dissapori con Ammaturo (“Ammaturo lascialo stare!”), evidentemente non in buoni rapporti con la cosca Mancuso (“Ammaturo non lo può vedere!”). Lo stesso Ammaturo veniva quindi indicato da Giuseppe D’Amico (l’imprenditore complice della cosca, ndr) come un soggetto prestanome/riciclatore della criminalità organizzata campana, e in particolare del clan dei Casalesi». D’Amico diceva: «Ammaturo ci sono i soldi, ci sono quelli dei Casalesi ... lui solo il nome ha messo». Circostanza «immediatamente suffragata da Silvana Mancuso (nipote del boss Luigi Mancuso, ndr) con un secco “infatti”».

I detective dopo aver riportato i passaggi delle intercettazioni dedicano un capitolo alle società di Ammaturo, approfondendo i depositi calabresi. «Società che, chiaramente, avrebbe potuto essere economicamente danneggiata dall’ingresso di nuovi competitors proprio presso il Porto Industriale di Gioia Tauro», hanno scritto nell’informativa. I Mancuso, infatti, all’epoca stavano trattando un affare rilevante con un gruppo di broker del Kazakistan. «D’Amico asseriva che nel deposito della Meridionale Petroli (di Donato Ammaturo, ndr) sarebbero confluiti anche investimenti del clan dei Casalesi specificando di riferirsi a un interesse diretto riconducibile ad Antonio Schiavone, fratello minore di Francesco Schiavone», scrivono i detective. Si tratta di frasi pronunciate da un uomo d’affari sospettato di rapporti con la ‘ndrangheta, che non hanno avuto riscontro e seguito giudiziario, depositate agli atti del processo.

La società e Ammaturo, più volte sollecitati, a commentare questi atti non hanno voluto rispondere, ma ci hanno inviato una diffida a non pubblicare i contenuti delle intercettazioni. Riteniamo, invece, che sia doverosa la pubblicazione degli atti anche a tutela dello stesso Ammaturo, chiamato in causa da un uomo d’affari in rapporti con la ‘ndrangheta, in una vicenda giudiziaria di cui ha parlato anche l’Espresso, di cui l’imprenditore è il nuovo azionista.

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