Ripensando alle prime serate in pizzeria vengono in mente ricordi abbastanza precisi: luoghi semplici, spesso a tema e con offerte quasi sempre uguali.

Tra le tante, ne ricordo una che ancora gode di ottima salute, una pizzeria di quartiere del Tuscolano che, quasi 30 anni fa, aveva un’offerta che si discostava dal classico supplì o mozzarelline surgelate.

Ricordo perfettamente la crocchetta di polenta e salsiccia, non proprio una madeleine proustiana ma qualcosa di simile. Riesco ancora a ricordare i disegni di cartoni animati alle pareti, le sedie di legno e gli amici persi nel tempo, ma della mano che aveva creato quella piccola palla di gioia, di chi fosse, che faccia avesse, il nulla.

Tutto è storytelling

Andrea Di Lorenzo / www.andreadilorenzo.it

Oggi il mondo della pizza ha preso una nuova direzione: complici alcuni protagonisti del settore, i social media e un’attenzione sempre maggiore al cibo, la pizza ha elevato il suo status di cibo semplice e confortante, il “piatto del popolo”, arrivando alla gloria e alla spettacolarizzazione, dei clienti, dei giornalisti e del pay per view (Netflix anyone?).

Questa evoluzione del prodotto ha portato con sé anche un’evoluzione della figura del pizzaiolo. Non più garzone di bottega, artigiano con le mani e i vestiti sempre sporchi di farina, scapigliato e non curato, ma protagonista, imprenditore, attento alle materie prime e alle farine, molto più incline a mostrarsi al mondo: a partire dall’immagine personale passando per il design del locale o la scelta delle divise, nulla è lasciato al caso, tutto diventa oggetto di storytelling.

Due esempi

A Roma è ormai facile mangiare una buona pizza ma ce ne sono due che hanno scalato le preferenze dei locali: parliamo di quella di Jacopo Mercuro e Pier Daniele Seu e dei loro rispettivi locali, 180grammi e Seu Pizza Illuminati. Pizza di stampo romano la prima, più vicina alla tradizione napoletana la seconda, i due pizzaioli condividono una grande passione: quella per il vestire. Mercuro più streetwear, ovvero la moda casual – anche detta stile urbano – importata dalla East Coast statunitense, Seu più griffato. Sono le sneakers un punto d’incontro: collezionate da entrambi, sono parte integrante del loro stile quotidiano.

Un connubio non scontato quello di moda e pizza e che rappresenta una significativa chiave di lettura del sistema comunicativo delle loro pizzerie. Se la pizza rimane il focus del loro racconto, è sempre più facile vedere immagini che per stile e realizzazione ricordano quelle di una campagna di moda.

Luci pop e gioielli

Andrea Di Lorenzo / www.andreadilorenzo.it

I fotografi cercano di sviluppare una nuova immagine che possa seguire questa evoluzione, consci della libertà espressiva che questa new wave pizzaiola porta. Ecco allora che il lavoro sulle luci viene spinto verso una strada più pop e variata, che i props (gli elementi del set fotografico) vengono presi di peso da campagne di gioielli e portati in pizzeria, che la pizza e i pizzaioli vengono trasportati fuori dal loro ristorante e inseriti in una nuova scenografia. Si creano delle sinergie con i graphic designer, perché le immagini non servono più solo a vendere ma a trasformare il prodotto, la pizza ma anche il pizzaiolo, in un brand.

Da Pepe a Ciro Oliva

Non vale forse per tutti, ma le nuove generazioni hanno favorito un’evoluzione del settore e della propria professione, posizionandosi in mercati del tutto inesplorati. Si pensi ad esempio che Seu ha aperto una sua sede a Dubai all’interno di un albergo di lusso come Bulgari e poi ha raddoppiato su Roma sulla terrazza del nuovo hotel W Rome; allo stesso modo anche Mercuro ha visto la sua pizza entrare al The First Music, il boutique hotel del gruppo The Pavilions Rome, così come nell’ultima campagna social dell’As Roma Calcio.

Cosa dire poi di Gabriele Bonci, il capostipite romano della pizza in teglia contemporanea, e Franco Pepe, famoso pizzaiolo di Caiazzo (Caserta), finiti nella nuova stagione di Chef’s Table di Netflix, o del rebrand pop di Concettina ai Tre Santi, la pizzeria di Ciro Oliva nel quartiere Sanità a Napoli, per mano di Emilio La Mura e Alessandro Latela? Non è quindi un movimento interno e fine a sé stesso, ma uno sviluppo che viene recepito anche al di fuori della nicchia arrivando fino al design al cinema. Partire dai cartoni animati per finire alla moda e al design, è un viaggio lungo: un piccolo passo per l’uomo, è vero, ma in fondo è anche un balzo notevole per la pizza e la sua comunità.

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