Per le grandi opere pubbliche ai tempi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sta lievitando un paradosso: si faranno quelle per le quali il Pnrr stanzia i soldi a prescindere dalla loro utilità. E non si fanno quelle ritenute necessarie, ma finite fuori dallo spettro dei finanziamenti.

Siccome il Piano destina una montagna di soldi alle Ferrovie dello stato (25 miliardi di euro circa), spunteranno cantieri ovunque per costruire ferrovie per le quali non è stata dimostrata la convenienza relativamente al rapporto costi e benefici. E al contrario, dal momento che il Pnrr praticamente ignora le strade, rischiano di non essere costruiti o di rimanere indietro collegamenti ritenuti vitali.

Se poi di mezzo ci si mettono le indicazioni contraddittorie dei ministri delle Mobilità sostenibili e dell’alta dirigenza ministeriale, allora la retrocessione in ultima serie dei grandi interventi stradali è sicura.

L’autostrada Pontina è un caso di scuola. Che i soldi pubblici per il collegamento autostradale tra Roma e il sud del Lazio, cioè la Pontina, sarebbero ben spesi nessuno lo mette in discussione, tutti la vogliono la Pontina, ma è improbabile si faccia.

Tutti la vogliono

La Pontina di oggi è una strada statale pericolosa e tra le più intasate d’Italia dal pendolarismo quotidiano a cui in estate si aggiunge quello delle vacanze. Sono tutti così convinti che l’autostrada si debba fare che i finanziamenti ci sarebbero (costo previsto 2,7 miliardi di euro) e l’apertura dei cantieri sempre data per imminente, salvo poi sparire dai radar per mesi e anni.

L’ultimo intoppo è in corso ed è così aggrovigliato che anche ammesso alla fine si trovi una scappatoia, non sarà a costo zero per lo stato che quasi sicuramente ne uscirà ammaccato dovendo pagare centinaia di milioni di euro di risarcimenti da sommare al costo vivo dell’opera.

Per anni lo schema di riferimento per la realizzazione della Pontina è stato questo: c’era il concedente, cioè la società Autostrade del Lazio partecipata in uguale misura (50 per cento) dall’Anas, l’azienda pubblica delle strade, e dalla regione Lazio che aveva affidato tramite gara la realizzazione dell’opera a due primarie società nazionali del settore autostradale e delle costruzioni, Sis del gruppo Dogliani e Salini-Impregilo ora Webuild.

Come spesso succede anche la Pontina è finita però nell’imbuto delle liti, dei costruttori tra loro e di entrambi con il concedente pubblico ingenerando un contenzioso di oltre 700 milioni di euro (688 da parte del gruppo Dogliani, sei milioni Webuild).

La trasformazione

Nell’autunno di due anni fa Paola De Micheli, allora ministra dei Trasporti, aveva deciso di cambiare lo schema di riferimento trasformando Autostrade del Lazio da società concedente e affidataria dei lavori a società concessionaria che avrebbe provveduto alla realizzazione dell’opera in house, cioè in casa, da sola.

Dogliani e Webuild venivano estromessi in un colpo e alcuni mesi dopo, il 26 aprile 2021 per l’esattezza, il capo di gabinetto della De Micheli, Alberto Stancanelli, rimasto al suo posto anche con il nuovo ministro, Enrico Giovannini, aveva confermato «l’atto strategico già a suo tempo espresso» dalla ministra De Micheli per la trasformazione di Autostrade Lazio da concedente a concessionaria.

Né il capo di gabinetto né i ministri avevano però fatto i conti con la realtà delle cose ribadita da una sentenza dell’Avvocatura di stato, e cioè che dopo la fusione tra Fs e Anas, quest’ultima ha cambiato pelle, non è più una società controllata direttamente dal ministero del Tesoro, ma solo indirettamente.

Il controllo effettivo di Anas è in capo alle Ferrovie dello stato di cui è amministratore delegato e direttore generale Luigi Ferraris. Quindi Anas non è una società pubblica che può avvalersi della prerogativa dell’in house, cioè non può essere contemporaneamente concessionaria dell’autostrada e costruttrice della stessa. A meno che non partecipi a una gara al pari di altri soggetti interessati.

Qualche mese dopo, a settembre, la storia si è incartata ulteriormente per effetto di un altro provvedimento uscito dalle stanze ministeriali e preparato sempre dal capo di gabinetto Stancanelli. Il provvedimento è il decreto Infrastrutture che stabilisce vengano messe in liquidazione le società autostradali miste partecipate da Anas.

Di conseguenza la società Autostrade del Lazio alla fine dell’anno passato si è messa in liquidazione, non esiste più.

Che succederà per la Pontina? Obtorto collo il ministero dovrà tornare sui suoi passi facendo rivivere la gara che lo stesso ministero avrebbe voluto ignorare? Dogliani e Webuild, è facile prevederlo, a quel punto vorranno essere soddisfatte per quanto riguarda il contenzioso milionario avviato.

Ci vorranno mesi e mesi per sbrogliare la matassa nei tribunali e probabilmente tanti altri soldi pubblici per sperare di vedere all’orizzonte l’apertura di un cantiere.

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