Caro direttore, nell’articolo di giovedì scorso, Daniele Martini critica la presunta confusione che regnerebbe sulla manutenzione dei ponti stradali e le poche risorse (quasi mezzo miliardo di euro) che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) destina a questo fine, concludendo che “per lo Stato italiano e per l’Europa curare le strade e mettere al sicuro ponti e viadotti non è una priorità”.

Le cose non stanno così, anzi, e sarebbe bastato che Martini approfondisse meglio l’argomento per concludere che questo governo ha posto la manutenzione stradale molto in alto tra le sue priorità. Provo ad andare con ordine.

Regole e standard. Nel 2021, come da Pnrr, sono state adottate le linee guida sulla sicurezza di ponti e viadotti (che si aggiungono a quelle per le gallerie) destinate a tutti i gestori delle strade e delle autostrade, ed è stata chiarita la titolarità di ponti e viadotti che intersecano strade e autostrade, così da superare i conflitti di competenza che hanno bloccato i lavori negli ultimi anni. A marzo è stata firmata la convenzione con l’Anas per il programma 2021-2023 di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie.

D’altra parte, conscio del fatto che il tema della sicurezza di opere costruite nel secondo dopoguerra non si risolve in poco tempo e con risorse economiche limitate, a luglio ho nominato una Commissione per la definizione dei criteri da usare per la manutenzione dei ponti costruiti oltre 50 anni fa, al fine di predisporre un piano straordinario volto a migliorare la resilienza delle infrastrutture viarie alla luce dei materiali e delle tecniche usate all’epoca e di quelle disponibili oggi.

Verifiche sulla sicurezza delle infrastrutture stradali. Nel corso del 2021 è stato dato un forte impulso all’operatività dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie e delle Infrastrutture Stradali e Autostradali (Ansfisa), istituita nel 2018 ma per due anni scarsamente operativa, specialmente sul versante stradale, a causa della mancanza di risorse e dalla poca chiarezza sui compiti e sull’organizzazione.

Di conseguenza: è stato nominato un nuovo direttore; sono state chiarite le funzioni dell’Agenzia, la sua autonomia e il rapporto con il ministero; è stata avviata l’attività ispettiva per strade e autostrade, precedentemente limitata al settore ferroviario; è stato avviato il reclutamento di 175 ingegneri e 100 amministrativi; l’Agenzia è stata dotata di una sede autonoma; è stato elaborato nei tempi previsti il piano di interventi per il 2022.

Fondi per investimenti. Come Martini dovrebbe sapere, date le regole europee poste alla sua base, il Pnrr non può finanziare interventi di manutenzione stradale, mentre sono ammessi solo investimenti per la digitalizzazione e il monitoraggio dinamico delle opere, cui sono stati destinati i 450 milioni citati nell’articolo. Ricordo che, mentre per la manutenzione delle autostrade in concessione le opere devono essere svolte dai concessionari seguendo le citate linee guida (attività sulla quale vigila il Ministero con ispezioni dedicate), per le strade di competenza statale, regionale e provinciale spetta alle istituzioni proprietarie effettuare gli interventi.

Dopo anni di scarsi investimenti, nel corso del 2021 sono stati trasferiti alle province 1,1 miliardi di euro per interventi di manutenzione, ma soprattutto la Legge di Bilancio 2022-2024 prevede 10,8 miliardi per il potenziamento e la manutenzione di strade e autostrade, di cui: 4,5 miliardi per l’Anas (48 per cento per la manutenzione); 1,4 miliardi per interventi su ponti e viadotti di strade provinciali al fine di adeguarli alle linee guida; 3,3 miliardi per il miglioramento delle strade di competenza di Regioni, Province e Città metropolitane; 1,4 miliardi per le autostrade A24-A25 (che si sommano al miliardo citato da Martini) e le infrastrutture autostradali regionali.

Mi fermo qui per non annoiare i lettori. Ma credo che le azioni citate dimostrino, al contrario di quanto sostiene Martini, che questo ministero sta finalmente colmando un ritardo storico, operando sia sugli aspetti regolatori e sulle norme tecniche, sia su quello finanziario, con investimenti molto importanti, senza precedenti, ancorché ancora insufficienti dato il decennio di disattenzione a questo tema.

Se si vuole affrontare seriamente la questione si devono fornire ai lettori tutte le informazioni necessarie per poter poi esercitare consapevolmente il diritto di critica.

Sottolineo, non da oggi, che limitarsi a commentare le scelte operate con il Pnrr dimenticando che ci sono altri canali di finanziamento rischia di fra trarre conclusioni parziali ed errate.

Basti pensare, oltre a quelli citati, alla possibilità di usare il Fondo Sviluppo e Coesione anche per queste finalità: si tratta di 73,5 miliardi, di cui 23,5 previsti dalla recente Legge di Bilancio. Nei mesi scorsi ho incontrato i presidenti delle Regioni per capire come usare tali fondi in modo sinergico rispetto al Pnrr e agli altri stanziamenti.

D’altra parte, che senso avrebbe avuto utilizzare più fondi del Pnrr se, come segnala lo stesso Martini, ci sono ancora questioni tecniche ed organizzative da risolvere per assicurare un uso efficiente di tecnologie molto innovative? Credo sia stato meglio assicurare risorse per estenderne in futuro l’uso all’intera rete stradale. O no?

Spesso i commentatori e gli esperti, per capire come stanno le cose in un settore così complesso come quello delle infrastrutture, dicono che bisogna adottare una “visione” che connetta i singoli interventi, esattamente come quella che, fin dall’estate scorsa, abbiamo descritto nell’allegato Infrastrutture del Documento di Economia e Finanza.

Data quella visione, credo che quanto ho rappresentato in questa sede dimostri ampiamente che il governo ha intrapreso azioni significative e coerenti, mettendo la sicurezza delle infrastrutture stradali al centro delle politiche nazionali.

Enrico Giovannini, ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili


Ringrazio il ministro per la lettera che fornisce molte cifre, ma esula parecchio da ciò che avevo scritto. Il pezzo non riguardava l’universo mondo delle manutenzioni stradali per le quali in effetti, ha ragione il ministro, ci sono molti più investimenti previsti rispetto al passato.

Anche se poi gli investimenti devono diventare cantieri e al momento di cantieri per l’Italia mi risulta ce ne siano davvero pochi.

Il pezzo riguardava i ponti e i viadotti considerati una vera emergenza nazionale. So bene che purtroppo il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) non finanzia la manutenzione stradale, ma il monitoraggio di ponti e viadotti sì.

Nel pezzo ho riportato i dati desunti dallo studio sull’attuazione del Pnrr aggiornato al 18 novembre 2021 dal servizio studi della Camera e del Senato, pagine 175 e 176.

Lì c’è scritto e spiegato con le tabelle che per ponti e viadotti della rete viaria principale (strade statali Anas più autostrade, 35 mila chilometri circa) sono investiti 450 milioni di euro dal 2021 al 2026.

Mentre per i poco meno di 300 chilometri delle autostrade A 24 e A 25 (gruppo Toto) l’investimento è di 1 miliardo nello stesso lasso di tempo. La sproporzione è macroscopica e nella lettera il ministro non spiega il perché.

Daniele Martini

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