Oggi, lunedì 12 maggio, la mobilitazione nazionale del mondo accademico. Diverse le sigle sindacali che hanno aderito. In discussione c’è il disegno di legge a firma della ministra Bernini. «Il governo moltiplica le figure del precariato»
«Da anni il perenne precariato è l’unica prospettiva di continuità all’interno dell’università italiana e il Ddl 1240 firmato dalla ministra Bernini non fa altro che dare a questa condizione un carattere istituzionale: mette in condizioni le università di non assumerci mai», ha detto a Domani Walter Toscano, ricercatore e militante in Assemblea Precaria.
Oggi,12 maggio, si tiene uno sciopero dei precari universitari in tutti gli atenei italiani, una mobilitazione nazionale a cui hanno aderito diverse sigle sindacali tra cui Flc-Cgil, Clap, Adl-Cobas, Cub, Usb e Usi e realtà come Assemblee precarie e Adi, associazione dottorandi italiani.
«Per noi ricercatori e ricercatrici è difficile anche scioperare dato che non abbiamo dei contratti di lavoro degni di questo nome. Siamo "assegnisti” a cui non viene pagato neanche l’Irpef. Siamo costretti a inventarci delle forme simboliche di sciopero perché non essendo inquadrati come lavoratori veri non possiamo attingere alle forme di protesta classiche e già questo ci fa capire quando il sistema universitario sia delirante», ha spiegato Walter Toscano.
Per gli assegnisti e i ricercatori che militano dentro le assemblee precarie, una piattaforma nazionale che riunisce ogni assemblea precaria nata nelle città universitarie lo scorso anno, scioperare significa rivendicare il proprio statuto di lavoratore contrattualizzato, un inquadramento che per chi frequenta abitualmente l’università è molto difficile da ottenere.
Preimpostare email di risposta in cui si motiva l’assenza, avvisare il dipartimento della propria adesione anche se non si ha titolo ad aderire, annullare le lezioni e invitare gli studenti alle manifestazioni e agli incontri pubblici organizzati durante la giornata sono alcuni dei metodi che la rete di assemblee precarie ha deciso di adottare nella giornata di sciopero del 12 maggio per sensibilizzare la società civile sullo stato di salute degli atenei italiani.
Ad oggi circa 1 persona su 3 che lavora in università è precaria e la riforma firmata dalla ministra Anna Maria Bernini «invece di costringere i dipartimenti a sottoscrivere dei contratti veri, moltiplica le figure precarie che sono equiparabili a dei beneficiari di borsa di studio quindi figure che hanno ancora meno diritti e tutele di chi, come me, ha un assegno di ricerca», ha riferito Toscano. Il Ddl 1240 contro cui da mesi i dottorandi e i ricercatori precari si sono mobilitati è sospeso: l’associazione dottorandi italiani (Adi) insieme all’Flc Cgil a febbraio scorso aveva presentato un esposto alla Commissione europea per denunciare l’intenzione del governo italiano di istituire nuove figure precarie con meno diritti e tutele di quelle già esistenti.
L’esposto ha costretto il governo a sospendere temporaneamente l’attuazione del Ddl Bernini perché l’istituzione di queste figure contrasta in pieno con gli obiettivi del Pnrr che, invece, mira a mitigare il precariato e a sottoscrivere contratti a tempo indeterminato. In pratica, rendere attuativo il Ddl 1240 avrebbe significato per il governo correre il serio rischio di perdere i finanziamenti del Pnrr dedicati alla ricerca e all’università.
«Al momento quindi, c’è un decreto legge approvato ma sospeso e circa 40.000 persone che non sanno che ne sarà della loro vita perché molti assegni di ricerca e progetti avviati negli scorsi anni sono stati finanziati con i soldi del Pnrr che, però, stanno finendo. Insomma, è una situazione assurda da molti punti di vista, il governo fa scelte politiche che sono l’esatto opposto di quello che la Commissione europea e il Pnrr chiedono e che anche noi vorremmo e cioè avere un contratto decente e possibilmente a tempo indeterminato. Al contempo, però, ha finanziato la stragrande maggioranza dei 40.000 precari con i soldi del Pnrr senza pensare che a un certo punto i soldi ce li avrebbe dovuti mettere», ha spiegato Walter Toscano di Assemblea precaria.
La riforma Bernini, tra le altre cose, ha previsto un taglio da 700 milioni da qui fino al 2027. La speranza dei sindacati e delle associazioni che hanno aderito allo sciopero del 12 maggio è che grazie all’esposto alla Commissione Europea la riforma Bernini venga stralciata. Al contempo, però, chiedono che lo Stato tiri fuori i soldi, circa 5 miliardi di euro da qui fino al 2030 in modo da «stabilizzare i precari, abbattere le tasse universitarie e riallineare le risorse del sistema universitario pubblico a quello degli altri paesi europei» si legge nel volantino dell’Flc Cgil.
«L’università italiana è già pesantemente sottofinanziata. Ce lo dicono i numeri: l’Italia investe solo 1,5% della spesa pubblica mentre la media Ue è del 2,5%. Chiunque abbia un po’ di sensibilità per quello che accade nel mondo non può non mettere in relazione queste percentuali con gli 800 miliardi previsti per il riarmo. Quello di cui vogliamo discutere con la società civile è: è davvero questo quello che vogliamo?», ha concluso Toscano.
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