«Se Fabrizio Corona aveva qualche problema a Milano si rivolgeva a Tano (Gaetano, ndr) Cantarella!». William Alfonso Cerbo parla con i pubblici ministeri di Milano, Alessandra Cerreti e Rosario Ferracane, e descrive i presunti legami tra l’ex paparazzo e lo «storico affiliato al clan Mazzei incaricato di gestire gli affari» nel capoluogo lombardo. 

Cerbo, quarantatré anni, indagato nell’inchiesta Hydra, ha deciso di collaborare con la giustizia e a partire dallo scorso settembre ha svelato i rapporti tra alcune famiglie legate alla mafia, nonché il loro sistema illecito di affari. In uno dei verbali, il “pentito”, detenuto nel carcere di Marassi, parla anche di Corona. 

«Una volta Fabrizio ha dato a Cantarella un recupero crediti da fare a Palermo», racconta Cerbo facendo riferimento all’episodio in cui l’ex fotografo avrebbe chiesto aiuto all’affiliato, oggi misteriosamente scomparso, per recuperare 70mila euro e consegnarli a un suo amico che era stato truffato. «Cantarella andò a nome dei Mazzei a fare il recupero giù», precisa Cerbo. 

Che poi davanti ai magistrati meneghini ribadisce: «Se lui (Corona, ndr) aveva un problema a Milano si rivolgeva a Tano Cantarella.  Lui (Cantarella, ndr) di questa cosa se ne pavoneggiava». Cerbo racconta, inoltre, d’aver conosciuto Corona per affari sulle discoteche.

«Fabrizio – dice Cerbo – è amico mio… discoteche… infatti tanto è vero che mi ha fatto fare in quel periodo diversi eventi nella discoteca BHO. Quindi diciamo che siamo entrati in simpatia e in contatto tramite le discoteche». 

Nei sei interrogatori Cerbo, detto “Scarface”, parla anche di Lele Mora, l’ex agente dei vip, e di presunti affari al mercato ortofrutticolo di Milano. «Una domenica sera andammo a cenare – dice il collaboratore di giustizia – a casa di Lele Mora a discutere proprio sta cosa. Lui Lele Mora voleva sapere esattamente che tipo di frutta avrei potuto fornire, le quantità e la scontistica. Mi disse Lele –  si legge ancora –  che era in strettissimo rapporto con il presidente della Sogemi (...) ed io gli sarei stato molto utile perché con i miei prezzi (merce truffata) loro potevano imporre una distribuzione al mercato. Io e Lele Mora ci siamo sentiti molto più volte in quel periodo (...) perché mandavo a lui tutto il package della frutta in arrivo, e lui lo girava a questo suo amico presidente». 

Parlano coi pm, oltre a questi episodi, Cerbo ha sostenuto, in definitiva, l'esistenza del cosiddetto patto tra le mafie (Cosa Nostra, 'ndrangheta e camorra) in Lombardia che è alla base dell'inchiesta Hydra della procura di Milano. «Non mi reputo assolutamente un promotore di questo sistema, ma so di aver alimentato il sistema grazie al mio status già riconosciuto a Milano, di uomo della famiglia Mazzei (...) e di questo sono consapevole di pagarne per l'ultima volta le conseguenze. Solo cosi credo di liberarmi definitivamente da questo cancro. Chiedo umilmente scusa», ha concluso Cerbo. 

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