«Mi si nota di più se vengo e sto in disparte, o se non vengo per niente»? Hanno il tono di Nanni Moretti in «Ecce Bombo» le prime conversazioni negli ambienti della magistratura dopo la chiusura del bando di concorso per il posto di procuratore della Repubblica di Milano. Perche sembra che abbiano fatto più clamore le assenze che non le presenze nella lista dei candidati alla poltrona di Francesco Greco, il capo della procura che lascerà il ruolo a novembre per limiti di età. Un addio, peraltro, macchiato da un'indagine della procura di Brescia che lo ha iscritto nel registro degli indagati con l'accusa di omissione d'atto d'ufficio, piuttosto infamante per un magistrato inquirente del suo calibro. Ma tant'è: gli inquirenti della procura bresciana dovranno cercare di far luce il più possibile sulla guerra che ha spaccato la procura di Milano gettando discredito su alcuni magistrati di vertice di quell'ufficio. Un dovere morale, prima che professionale, per non lasciare ombre sui personaggi coinvolti in questo rompicapo giudiziario, scatenato dalle rivelazioni del pm Paolo Storari, che ha contorni decisamente inquietanti in verità.In attesa che si faccia luce su queste vicende, il cono di luce si sposta adesso sui candidati alla poltrona di capo. E a far notizia sembrano essere più le assenze che le presenze.

Né Melillo né Gratteri

L’assenza più importante, a detta di molti, è quella di Giovanni Melillo, dato per certo da tempo tra i candidati e che alla fine non si sposterà da Napoli per il momento, dove dirige la procura dal 2017, la più grande del sud Italia per numero di pubblici ministeri. Aveva fatto domanda nella precedente tornata di nomine milanesi, e ora non ci riprova. In realtà il procuratore non voleva muoversi, e dice a Domani: «Il mio lavoro a Napoli non è finito e Napoli è la mia città». Nel gioco delle correnti sarebbe stato un candidato vicino alle posizioni di Greco. Nicola Gratteri, procuratore a Catanzaro e magistrato simbolo della lotta alla ndrangheta, è l'altra assenza di spicco di cui si discute nei corridoi e nelle chat dei magistrati. Non avrebbe scaldato i cuori dell'ufficio milanese, e lui forse non considera ancora conclusa la sua stagione di contrasto alla criminalità organizzata calabrese.

Il favorito Viola

Il nome che desta maggiore sorpresa, invece, è quello di Marcello Viola, che ha deciso di scendere in campo per Milano dopo aver perso la corsa per la poltrona della procura di Roma. Viola è attualmente il capo della procura generale di Firenze, superato da Michele Prestipino come successore di Giuseppe Pignatone a piazzale Clodio. Ma si è opposto alla decisione del Consiglio superiore della magistratura impugnandola di fronte a Tar e Consiglio di Stato, dove ha ottenuto un'importante vittoria. Ma a questo punto non sembra interessargli più la poltrona capitolina, che potrebbe quindi restare a Prestipino alla riapertura della fase concorsuale.

Di Viola, procuratore della corrente di Magistratura indipendente (quella di destra per semplificare) si parla diffusamente nel libro «Il sistema» dell'ex pm Luca Palamara . Nel racconto del magistrato radiato dalla professione e ora sotto processo a Perugia per corruzione, su Viola c’era la convergenza di preferenze dei convitati della famosa notte del maggio 2019 dell'Hotel Champagne di Roma, che avevano puntato su di lui con l'approvazione anche dell'ex politico renziano Luca Lotti. Quella nomina poi non andò in porto (fu votato tra gli altri da Piercamillo Davigo, l'ex membro togato del Csm che ha ricevuto verbali della loggia Ungheria dal pm Storari). Il resto è storia entrata nelle sentenze della giustizia amministrativa, come si è detto.

Amato e Romanelli

Le sue chance di vittoria sono alte, visti i titoli di cui dispone e alla luce di ciò che ha stabilito la sentenza del Consiglio di Stato in fatto di nomine. E sono giudicate anche buone quelle di Giuseppe (Jimmy) Amato, attuale procuratore capo di Bologna. Il candidato interno alla procura milanese è invece Maurizio Romanelli, uno dei più noti esperti di antiterrorismo d'Italia che adesso dirige il dipartimento di affari economici e reati contro la pubblica amministrazione. Vicino a posizioni di Area (conglomerato della sinistra), è il candidato che più conosce la realtà milanese e le ultime vicende che hanno squarciato la procura, dovrebbe essere in grado di poter ricucire gli strappi più velocemente, conoscendo bene l'ambiente.

Il resto dei candidati proviene da procure meno importanti o dalla Cassazione come nel caso di Luigi Orsi, una lunga militanza a Milano prima di andare a Roma. Il magistrato siciliano era nell'aula di giustizia dove – era il 2015 – Claudio Giardiello sparò uccidendo due persone (una terza fu ammazzata nella sua stanza), lasciandolo illeso. Altri magistrati sono passati per Milano come l'attuale capo della procura di Como Nicola Piacente, o quello di Cremona Roberto Pellicano e quello di Pordenone Raffaele Tito. C'è poi il procuratore di La Spezia Antonio Patrono e il procuratore aggiunto di Torino Cesare Parodi, a capo del pool dei reati contro le fasce deboli. Per loro la corsa sembra più difficile. Il totale è quindi di nove aspiranti, per quel che ad oggi si è riuscito a sapere.

Se a spuntarla dovesse essere Viola, come qualcuno pensa, il Palazzo di Giustizia di Milano cambierebbe decisamente orientamento “politico” rispetto al passato. Sia il neo presidente della Corte d'Appello Giuseppe Ondei, sia il procuratore generale Francesca Nanni sono collocati, infatti, nelle correnti conservatrici della magistratura e la nomina di Viola segnerebbe l’enplein di questa corrente politica che si aggrega intorno alle posizioni di Magistratura Indipendente e Unicost. Una cesura netta col passato, che ha visto prevalere le tesi più progressiste perorate in ultimo anche da Francesco Greco.

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