Questa settimana una ragazza di 18 è stata ricoverata per trombosi pochi giorni dopo aver ricevuto una dose di vaccino AstraZeneca in Liguria. Un caso che impone una «riflessione» sull’utilizzo di questo vaccino, ha detto oggi Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità.

Con l’attuale circolazione del coronavirus, infatti, vaccinare chi ha meno di 30 anni con AstraZeneca può portare a rischi maggiori di quelli evitati grazie al vaccino. L’Aifa continua a raccomandare il suo utilizzo soltanto per gli over 60. Ma con i più anziani che spesso rifiutano AstraZeneca e le scorte che si accumulano sempre di più, diverse regioni hanno iniziato a utilizzarlo in maniera crescente proprio per i più giovani, la categoria più a rischio e che ne ottiene i minori benefici.

A marzo, la scoperta di una correlazione tra la vaccinazione con Vaxzevria, il vaccino prodotto da AstraZeneca, e una rara forma di trombosi che colpisce in particolare le donne e i più giovani, ha spinto molti paesi a sospenderne o limitarne la somministrazione. L’agenzia farmaceutica europea Ema ha confermato il legame tra la vaccinazione con AstraZeneca e la trombosi, ma, nelle condizioni dell’epoca, aveva affermato che i benefici del vaccino superavano i rischi.

Varie agenzie farmaceutiche nazionali, tra cui l’Aifa italiana, hanno adottato un atteggiamento più prudente e ne hanno raccomandato la somministrazione solo oltre una certa età (in Italia, sopra i 60 anni). Tutti gli studi confermano che con la circolazione del virus registrata in quei giorni, i benefici erano superiori ai rischi per tutte le fasce d’età.

Rischi e benefici

Da allora la circolazione del virus si è ridotta notevolmente in tutta Europa e così il rischio di infettarsi e di subire gravi conseguenze a causa della malattia. Il bilanciamento tra rischi e benefici si è alterato di conseguenza, al punto che, secondo diversi studi, non è più così conveniente vaccinare con AstraZeneca chi ha meno di 30 anni. Misurare e comparare il rischio in una circostanza come questa non è affatto semplice.

L’Ema ha pubblicato un documento in cui confronta il numero di ospedalizzazioni, ricoveri in terapia intensiva e decessi evitati grazie alla vaccinazione con Vaxzevria, con il numero di casi di trombosi che si stima verrebbero causati dal vaccino. L’esercizio veniva ripetuto per tre “scenari” di circolazione del virus. Sia nello scenario di circolazione alta, basato sui dati del picco della seconda ondata a gennaio, che in quello di circolazione media, basato sui dati di marzo, i benefici erano superiori ai rischi per tutte le fasce di età. Anche tra i più giovani, i casi di trombosi potenzialmente causati dal vaccino risultavano inferiori al numero di ricoveri e decessi evitati grazie alla vaccinazione.

Oggi però la circolazione del virus è bassa, come lo scorso settembre. In questo scenario, per chi ha meno di 40 anni il rischio di subire conseguenze serie a causa di un’infezione è bassissimo e la vaccinazione con AstraZeneca consente di evitare un numero quasi nullo di ricoveri in terapia intensiva o decessi tra i più giovani. Il rischio di trombosi, invece, rimane stabile: ogni 100mila vaccinati under 30 ci saranno circa 1,9 casi di trombosi e 1,8 nella fascia 30-39. Il Winton Centre for Risk and Evidence Communication dell’università di Cambridge ha realizzato una simulazione utilizzando lo stesso principio usato dall’Ema basandosi in sui dati italiani dell’epidemia: in uno scenario di circolazione bassa, cioè con un’incidenza pari a 35 nuovi casi settimanali ogni centomila abitanti (oggi l’Iss rileva un’incidenza di 37 nuovi casi ogni 100mila abitanti), i rischi di effetti collaterali sono superiori ai benefici della vaccinazione per tutti coloro che hanno meno di 50 anni. Per gli under 30, ad esempio, la vaccinazione consente di evitare soltanto 0,2 ricoveri in terapia intensiva ogni 100mila vaccinati, ma al contempo causa 1,9 trombosi ogni 100mila persone.

Dubbi e incertezze

Calcolare rischi e benefici del vaccino è un esercizio in parte arbitrario. Ad esempio, sia l’Ema che l’università di Cambridge non hanno inserito tra i benefici il fatto che la vaccinazione riduce la possibilità di trasmettere il contagio a terzi. Un 25enne oggi rischia di più per una vaccinazione Vaxzevira che per il Covid, ma questo non tiene conto della possibilità di contagiare qualcuno più vulnerabile se non si vaccinasse.

Inoltre, se l’epidemia dovesse tornare a crescere, essere vaccinati con Vaxzevria tornerà a essere comparativamente più sicuro che esporsi al Covid anche per i più giovani. In altre parole, il calcolo rischi-benefici non ci fornisce risposte sicure al cento per cento. Gli indizi, però, sono stati giudicati abbastanza significativi da aver spinto quasi tutte le agenzie farmaceutiche europee a dare indicazioni per somministrare AstraZeneca soltanto oltre una certa età.

Il vaccino ai giovani

Da maggio, diversi paesi europei hanno silenziosamente cambiato le loro decisioni. La Germania, ad esempio, ha aperto a tutti le vaccinazioni con Vaxzevira circa un mese fa. In Italia, l’agenzia farmaceutica Aifa non ha mai modificato il suo parere, che non è vincolante. Di fatto, però, nelle ultime settimane le regioni hanno iniziato a utilizzare percentuali sempre significative di AstraZeneca negli “open day”, giornate in cui la vaccinazione viene aperta a tutti.

Queste decisioni sono state quasi ovunque prese senza un grande dibattito e, paradossalmente, proprio nel momento in cui la vaccinazione con Vaxzevira stava diventando comparativamente meno utile e rischiosa per i giovani.

La decisione sembra essere stata dettata soprattutto dall’accumulo di vaccini AstraZeneca inutilizzati. In molti paesi, tra cui l’Italia, è stata data la possibilità, esplicita o implicita, di scegliere il proprio vaccino. E questo ha portato migliaia di persone a evitare AstraZeneca, che, a causa degli effetti collaterali causati dal suo vaccino e delle difficoltà a consegnare le dosi promesse, ha ottenuto una pessima reputazione in tutta l’Europa continentale.

Così con centinaia di migliaia di dosi in attesa di essere distribuite, diversi governi europei hanno deciso di somministrarle proprio ai più giovani. È probabilmente impossibile dire oggi se questa è una buona o cattiva idea. Forse non potremo mai dirlo, ma, almeno, possiamo assicurarci che tutti siano a conoscenza di quali sono i rischi.

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