La notizia è forte per quanto non inattesa: l’ex pontefice Benedetto XVI viene accusato, in un report reso noto in Germania, di aver coperto almeno quattro preti abusatori sessuali di minori.

La vicenda suggerisce tre considerazioni.

La prima: i tedeschi fanno sul serio. Analogamente a quanto hanno fatto i vertici di altre diocesi tedesche, i dirigenti di quella di Monaco hanno incaricato una commissione indipendente di inchiesta di far piena luce sui crimini sessuali commessi all’interno della diocesi.

La commissione ha avuto la piena libertà di puntare il dito non solo verso il pontefice emerito, ma anche verso l’attuale capo della diocesi, quel cardinale Reinhard Marx che qualche mese fa aveva clamorosamente rassegnato le sue dimissioni (poi rifiutate dal papa) perché sosteneva di vedere intorno a lui troppe esitazioni nel combattere il fenomeno degli abusi sessuali del clero.

Ebbene anche il campione della linea dura contro i preti pedofili è stato messo accusato dalla commissione di aver coperto, una decina di anni orsono, almeno due preti abusatori. Insomma nell’impresa di farla finita con gli abusi clericali i vescovi tedeschi hanno deciso di non far sconti a nessuno, di intraprende un autentico percorso penitenziale.

Si tratta di una linea perfettamente coerente con l’intenzione di molti vescovi di quel paese di riformare radicalmente la chiesa, ad esempio abolendo il celibato obbligatorio e aprendo alle donne. È la strategia fatta propria anche da altre importanti chiese europee, per esempio quella irlandese e quella francese. Ed è la linea politica clamorosamente rifiutata dalla chiesa italiana, che si mostra tetragona a ogni ravvedimento e arroccata nella difesa intransigente del proprio passato.

Il pontefice emerito

La seconda considerazione riguarda la personalità e gli orientamenti del pontefice emerito. Quest’ultimo avrebbe, da vescovo, coperto alcuni pedofili, ma da papa avrebbe mostrato un volto diversissimo chiedendo perdono in pubblico per i crimini sessuali commessi dal clero, incontrando le vittime, scrivendo una lettera memorabile ai cattolici d’Irlanda, introducendo norme più severe contro i preti che si macchiano di abusi.

Come interpretare questa diversità di comportamenti? La risposta a questa domanda secondo me sta nel clima dell’epoca. Il futuro Benedetto XVI è stato vescovo di Monaco tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, cioè in un’epoca nella quale, nella chiesa ma anche nell’opinione pubblica europea, questo genere di reati non suscitava un particolare allarme sociale.

Nella cultura clericale del tempo, un vescovo che avesse favorito l’espulsione di un suo sacerdote dai ranghi del clero o che addirittura lo avesse denunciato avrebbe commesso un gesto disapprovato dai suoi colleghi e dal suo superiore, Giovanni Paolo II.

Io credo che Ratzinger si sia semplicemente adeguato agli standard del tempo, facendo da vescovo di Monaco né più né meno quello che facevano tutti i suoi colleghi in situazioni analoghe. Negli anni del suo pontificato il clima è però improvvisamente cambiato: sono arrivate le prime grandi inchieste giornalistiche, sono esplosi centinaia di scandali in tutto il mondo.

La questione non è stata più affrontabile nel modo in cui l’aveva affrontata Wojtyla, cioè minimizzando o interpretandola come un pretesto per attaccare la chiesa.  

La terza e ultima considerazione riguarda il dato più preoccupante che abbiamo appreso ieri, che non è rappresentato dal coinvolgimento di Ratzinger o di Marx, ma dal fatto che, nella sola diocesi di Monaco, tra il 1945 e il 2019, almeno 497 minorenni siano stati sessualmente abusati da quasi duecento sacerdoti.

Il 60 per cento delle vittime, in larga maggioranza maschi, aveva meno di 14 anni. È questo numero enorme di crimini che ci deve spaventare di più, non il fatto che qualcuno dei colpevoli sia stato coperto dai superiori.

Per questi ultimi, cioè per i vescovi, i preti, soprattutto i più giovani, sono spesso molto di più che semplici dipendenti. Sono dei mezzi figlioli, conosciuti, allevati e sostenuti sin dal seminario e poi nella carriera presbiterale. È comprensibile che tra loro si instaurino spesso relazioni umane e affettive profonde, che rendono difficile la denuncia o l’allontanamento.

Accanto alla volontà di non danneggiare la reputazione dell’organizzazione nel comportamento dei vescovi c’è anche questo elemento e va tenuto a mente. Quel che in definitiva ci deve maggiormente preoccupare è l’esistenza di un sistema educativo (quello organizzato nei seminari) che sforna, in modo sistematico e in quantità notevoli, abusatori di minori e di adulti, persone sessualmente immature e socialmente pericolose. Le coperture sono solo l’ultimo anello della catena di cause di un fenomeno che tanta sofferenza ha prodotto e produce nel mondo. Se spezzeremo i primi anelli anche quest’ultimo verrà meno.

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