Il paradosso è questo: Mario Draghi, Carlo Calenda, Silvio Berlusconi e Giuseppe Conte non sono fra i grandi elettori che fra 17 giorni alle 15 cominceranno a votare per il capo dello stato. Draghi è una personalità coinvolta nel governo del paese da Sergio Mattarella in un’iniziativa istituzionale. Non è stato eletto. Prima di lui, nel 2018, era capitato lo stesso al suo predecessore, il professore di diritto Conte indicato dai due leader sovranisti, allora alleati, Luigi Di Maio e Matteo Salvini.

Conte avrebbe avuto la chance di essere eletto nelle suppletive di Roma 1 che si terranno ora, ma ha detto di no. Chi invece è entrato in corsa è stato Enrico Letta. Richiamato dal Pd dall’università di Parigi, a fare il segretario del partito, è stato eletto a Siena. Elio Vito, deputato di Forza Italia, ha scritto ieri un tweet per dire: «Credo sarebbe giusto che alle votazioni per il Quirinale partecipassero, come grandi elettori delegati dalle regioni, anche i leader di partito attualmente non parlamentari, come Silvio Berlusconi, Carlo Calenda, Giuseppe Conte».

Teoricamente le regioni avrebbero ancora la possibilità di designarli. Ma gli interessati vorrebbero? Fossero scaramantici, andrebbe ricordato che Sergio Mattarella, sette anni fa, guardò la diretta tv del voto che lo eleggeva, dal salotto di casa di sua figlia. Mentre nel 2006 Giorgio Napolitano, in quanto senatore a vita, fu fra i votanti.

A frenare la voglia di farsi eleggere da una regione, c’è il Covid che rende tutto più rarefatto: anche se non ci sarà proprio il voto a distanza, proposto dal deputato Pd Stefano Ceccanti, i 1.009 non saranno tutti insieme nello stesso spazio di Montecitorio. Mai più quei bei transatlantici affollati di una volta: le corse alla buvette, i candidati che si nascondono in Corea (il nomignolo del corridoio dei presidenti dove i giornalisti non possono accedere), i leader che fanno capire chi voteranno. Questa volta sarà diverso.

Ci vorrebbero due coppe

Il bagno di folla è stato calmierato dalle norme anti Covid. Ma anche ieri al Pala lottomatica di Roma Sergio Mattarella è stato oggetto di una calorosa ovazione e di una richiesta di bis dal pubblico che seguiva la finale di pallavolo femminile. Giocavano Novara e Imoco Conegliano. Hanno vinto i veneti in rimonta per tre a due. E i 3.230 spettatori presenti hanno festeggiato il presidente quando si è presentato in campo, dopo la partita, per premiare le due squadre.

Secondo quanto racconta Concetto Vecchio per Repubblica a chi fra i dirigenti sportivi gli chiedeva se resterà ancora sul Colle, Mattarella ha risposto scherzando: «Eh, ci vorrebbero due coppe». Come a dire: non si può ipotizzare un bis con le attuali regole. La posizione del presidente è sempre per ora la stessa: il doppio mandato è da evitare. Certo i tifosi della doppia coppa non mancano. Il popolo gli alza la palla, ma lui non schiaccia.  

Che cosa vuole fare Salvini?

Il rompicapo degli analisti politici che devono vaticinare sul Quirinale è oggi capire le intenzioni di Matteo Salvini. Di solito il capitano della Lega parla e straparla. Mette sui social i suoi comizi, recapita messaggi, fa sapere spesso che cosa pensa. In questa fase invece appare molto riservato.

È vero: ha lanciato l’iniziativa di parlare con tutti i leader del futuro presidente della Repubblica ma poi, a differenza del solito, non ha aggiornato via via sui suoi colloqui. Tiene, almeno in parte e in barba alle sue abitudini, il gioco coperto. Per Pietro Senaldi di Libero «potrebbe serenamente passare all’opposizione senza fare un plissé». Mentre per Carmelo Lopapa di Repubblica «preferisce eclissarsi, in attesa di capire che strada imboccare. Al momento, la via più impervia sarebbe quella preferita: convincere l’amico Silvio a compiere il grande sacrificio, un passo indietro da uomo della patria». Per Cesare Zapperi del Corriere «la freddezza di queste ore peserà sul Quirinale». I grandi elettori possono attendere.

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