Perché in Italia il Covid ha fatto più morti che altrove? Qualcuno è responsabile? Avremmo potuto fare meglio? Sì. Francesca Nava ha raccontato su Domani che il 2 marzo il premier Giuseppe Conte, e almeno dal 28 febbraio 2020 il governatore della Regione Lombardia Fontana sapevano che la situazione era gravissima, ma non hanno fatto nulla. Cosa sapevano? Cosa avrebbero potuto fare? Ce lo dice la scienza. Ma prima vi voglio raccontare una storia.

Molti secoli fa - vuole la leggenda - un consigliere insegnò al Re di Persia il gioco degli scacchi. Il re ne fu così entusiasta che per ringraziarlo gli disse: «Esaudirò un tuo desiderio». Il consigliere rispose: «Voglio del riso. Un chicco sulla prima casella della scacchiera, 2 chicchi sulla seconda, 4 sulla terza e così via moltiplicando ogni volta per 2 fino all’ultima casella, la sessantaquattresima». Il re ribattè: «Così poco? Sarai esaudito!»

 Il re sottovalutò il potere della crescita esponenziale. Arrivati alla undicesima casella, doveva versare oltre 1000 chicchi di riso. Alla ventiseiesima, 524.288. All’ultima oltre 18 miliardi di miliardi di chicchi, mille volte la produzione annua del mondo intero. Il coronavirus si comporta esattamente così.

Il paziente zero

LaPresse

Ricordate Mattia Maestri, il paziente zero di Codogno, il primo positivo al coronavirus in Italia? La sua storia spiega tutto. Fine dicembre 2019, l’Organizzazione Mondiale della Sanità avvisa: a Wuhan, in Cina, è scoppiata un’epidemia provocata da un nuovo coronavirus che causa una polmonite mortale, attenzione, il contagio potrebbe diffondersi ovunque.

Tutti gli Stati del mondo si mettono in allerta. Ora fate attenzione alle date: il primo caso di Covid viene identificato negli Stati Uniti il 19 gennaio, in Germania il 27, in Inghilterra il 29 gennaio 2020. Quei pazienti li mettono subito in isolamento, a casa. Italia, metà febbraio.

Il signor Mattia Maestri si ammala, ha una brutta febbre e tosse, pensa sia una brutta influenza, e va al pronto soccorso di Codogno. Lo visitano e gli dicono “E’ solo un’influenza, vada a casa”. A casa peggiora, ritorna al pronto soccorso. «Sto male, non respiro», dice.

Lo ricoverano in mezzo ad anziani e malati, non in isolamento, e contagia tutti. Qualche giorno dopo una giovane anestesista, Annalisa Malara, si dice: «Non sarà mica Covid?», e chiede di eseguire un tampone, che sarebbe proibito perché Mattia non è stato in Cina, ma glielo fanno e risulta positivo: è il 21 febbraio 2020. Siamo in ritardo di oltre un mese rispetto ai primi casi segnalati nel resto del mondo.

Ma Mattia ha contagiato qualcuno? La regione Lombardia invia alcuni medici e epidemiologi che devono indagare se Mattia Maestri ha contagiato altri. Fanno il tampone a tutti quelli che sono entrati in contatto con lui - i suoi familiari, gli amici - trovano che sono quasi tutti positivi, come si aspettavano, e li isolano. Poi però, per controllo, fanno i tamponi anche ad altri abitanti di Codogno non entrati in contatto con Mattia, e si rendono conto che anche molti di loro sono positivi. Si spaventano.

Codogno viene dichiarata zona rossa. Decidono di allargare la ricerca, vanno in giro per tutta la Lombardia, a Milano, a Bergamo, e scoprono positivi ovunque, anche individui che non hanno sintomi! Gli scienziati sono presi dal panico: il virus è già ovunque!

In pochi giorni, sparsi in tutta la Lombardia trovano 5830 individui contagiati dal coronavirus, ma sono sicuramente molti di più. Avvisano costantemente i vertici della regione: «C’è un’epidemia massiccia in corso». Quei dati significano una cosa sola: che Mattia Maestri non è il paziente zero, e che il coronavirus era entrato in Italia già da tanto ed aveva avuto molto tempo per replicarsi e diffondersi.

Ma da quando? Gli scienziati come detective indagano, fanno il tampone a chi era stato in contatto con Mattia, e a quelli entrati in contatto con questi e così, di contagio in contagio, scoprono che il primo paziente positivo al coronavirus era presente in Italia l’1 gennaio 2020. Ricordate la scacchiera e il riso? Questo vuol dire una cosa terribile.

Il coronavirus segue leggi matematiche semplicissime: ha un R0 uguale a 2 e un tempo di raddoppio di circa 3 giorni. Significa che ogni infetto contagia in media 2 altri individui, e che questi casi raddoppiano circa ogni 3 giorni, se non si fa nulla.

I giorni contano

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Erano i primi di marzo. Se il Sars-CoV-2 era presente in Italia dal primo gennaio, aveva avuto 60 giorni circa per moltiplicarsi e diffondersi, e visto che si raddoppia ogni 3 giorni aveva potuto farlo circa 20 volte. Ma questo significa che il primo marzo ci doveva essere 1 milione di persone contagiate dal coronavirus in giro, anche se in quel momento ufficialmente sapevamo solo che c’era Mattia, che aveva contagiato una decina di persone, e che a Vò Euganeo, nel Veneto, un anziano era morto a causa del Covid, il primo in Italia e che in Lombardia c’erano un migliaio di contagiati. Poche centinaia di malati accertati, un milione di malati in giro, ignoti.

Gli epidemiologi della regione Lombardia terrorizzati lanciano l’allarme e avvisano il governatore Fontana. In un articolo che poi hanno voluto pubblicare come per dire “noi sapevamo ma non ci hanno ascoltato”, dal titolo Le prima fasi dell’epidemia di Covid in Lombardia, scrivono: «L’epidemia in Italia è iniziata molto prima del 20 febbraio 2020. Al momento del rilevamento del primo caso di COVID-19 l’epidemia si era già diffusa ampiamente nella maggior parte dei comuni della Lombardia. Il potenziale di trasmissione del COVID-19 è molto elevato e il numero di casi critici può diventare in gran parte insostenibile per il sistema sanitario in uno orizzonte di tempo molto breve».

Il 2 marzo, come ha raccontato Francesca Nava, i vertici della Regione Lombardia e il primo ministro Conte vengono avvisati: bisogna chiudere tutta la Lombardia. Non fanno nulla.

Passano 6 giorni. E’ l’8 marzo. Aspettare un giorno in più in quel momento non è come aspettare un giorno in più all’inizio del contagio. In 6 giorni, il virus raddoppia altre due volte. 1 milione, che raddoppiato fa 2 milioni, che raddoppiati fanno 4 milioni di infetti.  

Su 4 milioni infetti, si potevano prevedere 40.000 morti, giacché, studiando le epidemie in corso, si era capito che su ogni 100 infetti di Covid 1 o 2 morivano, soprattutto i vecchi.

Migliaia di persone arrivano negli ospedali del Nord e ora si sa che non sono malati di una brutta influenza ma di Covid. La gente comincia a morire. Quindi, l’8 marzo sapevamo che c’erano in giro 4 milioni di infetti, e che alla fine ci sarebbero stati 40.000 morti, ma se avessimo aspettato 3 giorni in più, i morti sarebbero stati 80.000, 3 giorni dopo 160mila. Chiudere tutto era necessario.

La sera del 9 marzo, Conte annuncia: «Da oggi l'Italia sarà zona protetta». Inizia il lockdown. Volete vedere se sbaglio? controllate quanti sono stai i morti della prima ondata: 37mila, ufficiali. Avessimo chiuso tutto il 2 marzo, quanti morti in meno avremmo avuto?


Articolo degli epidemiologi della Regione Lombardia

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