Marco Tuttolomondo, rider di 49 anni di Palermo, ha vinto la sua causa contro la società di consegne a domicilio spagnola Glovo, e adesso sarà il primo ciclofattorino in Italia che dovrà essere assunto a tempo indeterminato e con lo stipendio fisso.

Per Nidil Cgil (Nuove identità di lavoro), che segue i riders e ha sostenuto la sua battaglia, si tratta di una «sentenza storica» del Tribunale di Palermo. «Per la prima volta viene riconosciuto come subordinato il rapporto di lavoro dei rider. Da Palermo una conquista per tutti i lavoratori», hanno dichiarato il segretario generale Nidil Cgil Palermo, Andrea Gattuso, e il segretario generale Cgil Palermo Mario Ridulfo.

La storia di Tuttolomondo

Le vicissitudini di Tuttolomondo sono partite a inizio 2020, quando è stato di punto in bianco “disconnesso” dalla piattaforma per cui consegnava cibo e bevande a domicilio. Il rider si legge sulla pagina Facebook del sindacato era attivo da tempo nel movimento per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori e nello specifico tra i militanti di Nidil Cgil Palermo. Assieme alla Nidil, il rider aveva partecipato a una trasmissione su una rete televisiva locale, denunciando la condizione di difficoltà vissute dai fattorini delle piattaforme di delivery. Poco dopo la sua App è stata “bloccata” impedendogli di prestare la sua attività lavorativa. 

Il sindacato ha sostenuto da subito il rider nella causa fatta contro l'azienda spagnola Glovo per contestare quello che era un licenziamento di fatto. La giudice del lavoro Paola Marino, del Tribunale di Palermo, gli ha dato ragione, e dopo la proposta di conciliazione fatta un mese fa, ha emesso la sentenza definitiva disponendo la reintegra del rider nel posto di lavoro con un contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, con uno stipendio orario, quindi non più a cottimo, con inquadramento di sesto livello, applicando il contratto collettivo Terziario, distribuzione e servizi.

Avvocati orgogliosi

Oltre a riconoscergli l’inquadramento, la giudice ha anche disposto un risarcimento del danno dal giorno della disconnessione al giorno della effettiva reintegra e la differenza retributiva tra quanto guadagnato con il contratto autonomo e quanto gli sarebbe spettato con un contratto di lavoro subordinato.

Il team di avvocati che ha seguito il ricorso è «orgoglioso»: «Questa è la prima pronuncia del genere. Le richieste presentate nel nostro ricorso firmato dagli avvocati romani di Filcams, Nidil e Filt Carlo de Marchis, Matilde Bidetti, Sergio Vacirca e dall'avvocato palermitano di Nidil Giorgia Lo Monaco sono state accolte integralmente - ha scritto il team di avvocati che ha seguito il ricorso - È una sentenza che ci riempie di orgoglio». Anche perché viene dal sud: «Parte da Palermo il primo riconoscimento giudiziario di una forma di lavoro che da sempre riteniamo non possa essere svolta con un contratto di lavoro autonomo ma debba essere regolata come un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato».

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