La gestione delle relazioni riservate tra l’anarchico-terrorista, Alfredo Cospito, e i boss delle mafie racconta anche i nuovi rapporti di forza all'interno del mondo penitenziario. Rapporti di forza che ruotano attorno al sottosegretario alla Giustizia con delega alla polizia penitenziaria, Andrea Delmastro Delle Vedove, fedelissimo di Giorgia Meloni, suo avvocato fino a quando ha assunto il ruolo di numero due del ministro, Carlo Nordio.

Consensi tra gli agenti

Il plenipotenziario di Fratelli d’Italia riesce a raccogliere ampi consensi tra la base della polizia penitenziaria, ma anche nei settori qualificati, come il gruppo operativo mobile, l’élite del corpo, agenti che si sono sentiti, negli anni scorsi, abbandonati nell'attività di controllo dei mafiosi al 41 bis.

Il plico con le informazioni riservate arrivato sul tavolo del sottosegretario e girato irritualmente a Giovanni Donzelli, numero due del Copasir, e deputato riferimento di Giorgia Meloni in parlamento, ha sortito l'effetto di imbarazzare un'opposizione che quando era al governo è apparsa molle e insensibile ai temi degli agenti penitenziari.

Un dato non ignorato dai protagonisti di questa vicenda anche se le relazioni sui colloqui tra ristretti al 41 bis sono all'ordine del giorno e appartengono alle attività svolte di frequente dagli agenti. Nulla di irrituale di per sé, se non che quelle informazioni riservate sono state usate come una clava politica contro l'opposizione che si è «inchinata ai boss», come ripete Delmastro Delle Vedove, ora finito sotto scorta.

Sul punto il ministro Carlo Nordio con una girandola di parole ha salvato la poltrona del sottosegretario parlando di materiale «non coperto da segreto», ma ha dimenticato che in passato alcuni dirigenti del sindacato Uil sono stati indagati per aver diffuso la notizia del ritrovamento di un cellulare in cella. Un fatto neanche paragonabile alla delicatezza di colloqui riservati tra un anarchico-terrorista e criminali mafiosi.

Per capire le anime in conflitto all'interno del mondo penitenziario basta tornare al 2020, quando attorno alle scarcerazioni di alcuni boss, durante la stagione pandemica, c’è stato uno scontro durissimo tra i vertici del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e quelli del Gom, il gruppo operativo mobile.

Lo scontro si è consumato proprio sulla gestione dei detenuti al carcere duro, la formazione degli agenti e il rispetto del loro ruolo.

In quell'occasione era stata denunciata la mancata attenzione alle relazioni che venivano stilate e che, in diverse occasioni, contenevano anche minacce e affermazioni forti contro magistrati in prima linea nel contrasto al crimine organizzato. Disattenzioni e cedimenti che Delmastro Delle Vedove promette che non si verificheranno più.

Tortura e taser

«Non c'è solo la netta posizione sul carcere duro che può essere condivisibile, ma il sottosegretario ha gratificato e gratifica la pancia del corpo della polizia penitenziaria prendendo posizioni anche sugli agenti accusati di gravi reati e aprendo a modifiche normative, da tempo attese ma ad alto rischio», racconta un poliziotto penitenziario.

Le tensioni tra le anime del dap, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, infatti, si sono accentuate dopo il caso di Santa Maria Capua Vetere e le violenze commesse dagli agenti nel carcere Francesco Uccella, il 6 aprile 2020. Mentre il governo di allora, il Conte 2, rispondeva con il silenzio e una sorta di equidistanza, a scendere in campo a favore degli agenti fu proprio Delmastro Delle Vedove e Fratelli d’Italia così come la Lega di Matteo Salvini.

L'allora deputato di opposizione era andato, come ha svelato Domani, davanti al carcere casertano per esprimere la vicinanza agli agenti, già raggiunti da un avviso di garanzia per il reato di tortura, proponendo addirittura l'encomio solenne per i poliziotti indagati.

Non solo. Da sempre, lo ha confermato di recente in aula anche il ministro Nordio, l'attuale sottosegretario propone la revisione del reato di tortura che per come è formulato «vuole consegnare gli agenti della polizia penitenziaria in ostaggio a certe persone», ha ripetuto più volte. Una promessa accolta positivamente - varrebbe come licenza d’impunità -, così come la proposta di dotare di taser, la pistola elettrica, gli agenti penitenziari.

«Si dovrebbe usare solo in particolari casi per evitare evasioni dagli ospedali o nei trasferimenti, ma l'idea di introdurla in carcere con un reparto aperto e cento detenuti da controllare sarebbe una vera follia», dice il poliziotto penitenziario. Sul punto c'è stata già un'apertura da parte dei vertici del dipartimento che vuole introdurla in via sperimentale. Il governo taglia 35 milioni di euro alla polizia penitenziaria, ma promette tortura azzoppata, taser e fedeltà anche a chi sbaglia: così il sottosegretario pupillo è diventato intoccabile.

La gestione delle relazioni riservate tra l’anarchico-terrorista, Alfredo Cospito, e i boss delle mafie racconta anche i nuovi rapporti di forza all'interno del mondo penitenziario.Rapporti di forza che ruotano attorno al sottosegretario alla Giustizia con delega alla polizia penitenziaria, Andrea Delmastro Delle Vedove, fedelissimo di Giorgia Meloni, suo avvocato fino a quando ha assunto il ruolo di numero due del ministro, Carlo Nordio.

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