Roberto Scarpinato, oggi senatore del Movimento Cinque stelle è stato un magistrato esperto, a Palermo ha lavorato con il pool antimafia, poi ha condotto indagini sui livelli occulti dell’organizzazione mafiosa.

Ha definito Salvatore Baiardo «il portavoce della mafia», che «parla in tv e annuncia che Matteo Messina Denaro verrà arrestato».

Salvatore Baiardo aveva ricordato la malattia di Matteo Messina Denaro, ma aveva fatto riferimento a un regalino imminente e all’ergastolo ostativo, misura invisa ai mafiosi. Come inquadra quelle affermazioni? Nel suo lavoro di magistrato ha mai incrociato Baiardo?

Baiardo ha parlato a nome di Graviano. Chi conosce il mondo mafioso, sa bene che se avesse osato parlare in televisione di argomenti così delicati senza autorizzazione o mandato, avrebbe avuto vita breve.

Il tempo ci aiuterà a capire il messaggio cifrato che Graviano ha inviato annunciando l’imminente cattura di Messina Denaro e la connessione di tale cattura con la sua speranza di uscire dal carcere senza collaborare».

Queste frasi raccontano di una trattativa ancora in corso tra apparati dello stato e l’ala stragista della mafia?

È bene puntualizzare che i magistrati della Procura di Palermo Maurizio De Lucia e Paolo Guido ed il Ros hanno svolto una indagine impeccabile e trasparente.

Se trattativa vi è stata si è svolta a monte, e potrebbe essere stata condotta da altri boss diversi da Graviano in termini tali che potrebbero sacrificare la sua personale posizione tanto da indurlo a prendere posizione lanciando messaggi cifrati».

A suo avviso l’intervento del governo sull’ergastolo ostativo è efficace?

È stato efficace per demotivare le future collaborazioni di giustizia tenuto conto che è stato strutturato in modo tale da equiparare sostanzialmente il trattamento dei mafiosi condannati che collaborano e di quelli che non collaborano, sicché alla luce di una razionale analisi costi-benefici oggi non collaborare può essere in molti casi più vantaggioso.

E ciò tenuto anche conto che la nuova legge ha previsto meccanismi penalizzanti per i collaboratori, prevedendo che solo per loro deve essere mantenuto l’obbligo di dichiarare tutto il patrimonio occulto, mentre tale obbligo non è stato esteso anche ai non collaboranti, ai quali è anche stato accordato il privilegio di non spiegare neppure i motivi per cui non vogliono collaborare».

Una scelta politica?

Si è trattata di una lucida scelta politica perché hanno rigettato tutti gli emendamenti a mia prima firma presentati dal Movimento Cinque stelle per evitare tale aberrante risultato. Hanno anche disatteso l’espresso invito della Corte Costituzionale di modificare l’articolo 176 del codice penale che regola la liberazione condizionale per fare emergere i motivi del rifiuto di collaborare. Per ottenere la liberazione condizionale non è infatti sufficiente la prova della cessazione della pericolosità per avere troncato i rapporti con l’organizzazione mafiosa.

Occorre anche la prova di un avvenuto e totale ravvedimento, e tale diagnosi è possibile solo se vengono esplicitati i motivi del rifiuto di collaborare e se tali motivi non siano incompatibili con il ravvedimento, come, per esempio, quello di non volere essere considerato un “infame”.

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