Sono le sei del mattino e 20 donne si addentrano, munite di guanti e recipienti, nella fertile valle libanese di Bekaa. Raccolgono in maniera meticolosa i petali della rosa damascena, una delle più profumate al mondo.

Fanno parte della cooperativa Nejmet al sobeh, una piccola azienda nata a fine anni Novanta e che esporta prodotti in Europa grazie a Fair trade Lebanon.

Un fiore particolare

Nel clima mite mediterraneo le dipendenti della cooperativa seminano cereali e frutti, oltre a produrre sciroppi, acque aromatizzate, marmellate e altra merce culinaria di elevata qualità. Ma c’è un fiore speciale che piantano con molta cura ed è la rosa di Damasco, che cresce in abbondanza in quest’area confinante con la Siria. I suoi petali e i prodotti derivati arrivano anche in Italia grazie ad Altromercato, organizzazione di commercio ecosolidale e facilitatrice commerciale per piccoli contadini.

«La rosa di Damasco è una delle tre rose più profumate insieme a quella bulgara. Quella che importiamo cresce in un’area agricola tra Siria e Libano e ha delle caratteristiche particolari, basta un clima leggermente più umido o più secco per alterarne il profumo» dice Francesco Marchetti, junior brand e category manager di Altromercato.

Dalla cooperativa Nejmet el Sobeh i petali arrivano a Forlì, dove un’azienda ne ricava poi sciroppi alle rose – usato in cucina soprattutto per aromatizzare i dolci – e acqua distillata detox. In Italia giungono circa 20 chili di petali ogni anno. Oltre ai prodotti culinari, i petali vengono usati nella cosmetica naturale per produrre creme e unguenti.

Dalla rosa non si butta via niente, si cerca di ridurre il più possibile gli scarti alimentari. «Importiamo poche quantità ma per loro è un dato irrilevante, è un collante per non perdere la speranza in un momento di crisi economica come quello che sta attraversando il Libano. Nonostante la guerra in Ucraina, che ha causato molti problemi, ci hanno garantito che rispetteranno la produzione perché per loro è importante mantenere la dignità lavorativa», dice Marchetti.

In medio oriente Altromercato sostiene imprese e progetti portati avanti soprattutto da donne, la fascia della popolazione più esposta alla crisi. Non è un caso se dei 25 dipendenti della cooperativa Nejmet al sobeh, 23 sono donne.

Fair trade Lebanon

L’intermediario tra le piccole imprese libanesi e Altromercato è Fair trade Lebanon, una ong nata nel 2006 dalla volontà di cambiare le condizioni di vita delle popolazioni rurali svantaggiate del Libano.

«Nasciamo come un progetto per insegnare a piccoli produttori a creare un proprio business che riescono a mandare avanti da soli negli anni. Oggi copriamo tutto il Libano, e vendiamo il migliore prodotto proveniente da ogni singolo villaggio da nord a sud del paese», spiega Joanne F. Karkour di Fair trade Lebanon. L’organizzazione esporta anche alimenti a base di tahini, insalate, hummus e babaganush tipici della cucina arabo-mediterranea.

L’impresa di Salem

Quella di Nejmet el Sobeh non è l’unica azienda che pianta i petali di questa rosa speciale e delicata. Di recente Fair trade Lebanon ha iniziato a sostenere anche la piccola impresa fondata da Salem, un ragazzo siriano arrivato in Libano dieci anni fa dopo lo scoppio della guerra civile e che oggi porta avanti la sua azienda agricola famigliare insieme alla moglie e ai figli.

Salem ha capacità agricole notevoli e di recente ha anche ottenuto la certificazione biologica per il suo terreno. «La sua storia è di grande ispirazione», dice Joanne F. Karkour. Oggi Salem produce circa 350 chili di petali di rosa freschi a settimana e oltre 100 chili di petali essiccati.

Ogni anno riesce a generare dai 200 ai 500 litri di acqua di rose e dai 300 ai 500 litri di sciroppo, oltre a 1500 vasetti di marmellata di rose. Ma i numeri della sua azione non dipendono soltanto dalle capacità del raccolto e dalla stagione, ma anche dalla crisi economica che attanaglia il paese dal 2019.

Sistema in pezzi

«Il sistema bancario libanese è crollato completamente», dice Fakrour. «Senza considerare che il governo non ha abbastanza fondi neanche per comprare elettricità per la popolazione. Si fa difficoltà anche a trovare acqua potabile e medicine», aggiunge. Le aziende vanno avanti grazie a piccoli generatori elettrici, il cui costo però è aumentato a dismisura anche per via della speculazione.

Negli ultimi mesi Salem sta attraversando un periodo di difficoltà: la crisi interna e la guerra in Ucraina hanno fatto diminuire le vendite.

Qualche settimana fa ha ricevuto una visita da parte di una delegazione di imprenditori francesi, l’obiettivo è portare a casa un accordo commerciale redditizio, assumere nuova gente al posto dei suoi figli e garantire loro il diritto allo studio.

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