«Fratelli e sorelle! La storia viene scritta davanti ai nostri occhi. L'inizio dell'operazione militare speciale nel Donbass segna l'inizio di una nuova fase nella vita di una Russia millenaria». Non è un mercenario invasato a pronunciare queste parola. Il testo è di Konstantin Malofeev, pubblicato sul social network VKontact, il Facebook russo, pochi minuti dopo l’annuncio dell’inizio delle operazioni militari fatto del presidente della federazione Vladimir Putin. 

Malofeev è noto per la sua vicinanza alla Lega di Matteo Salvini, legatissimo a uomini del partito che in questi anni hanno interpretato il ruolo di ufficiali di collegamento con Mosca.

Malofeev è il miliardario tra i più vicini a Putin. In una sorta di spartizioni di ruoli dei fedelissimi del presidente, Malofeev ha la delega alla propaganda in Europa dello spirito tradizionale russo: l’elogio costante, anche attraverso le fondazioni che a lui fanno a capo, della grande patria russa e di Putin descritto come una divinità in terra. Malofeev è il sostenitore della famiglia tradizionale, guida dalla retrovie un ampio movimento internazionale del conservatorismo cristianesimo ortodosso che incrocia il fondamentalismo cattolico europeo. L’oligarca è stato peraltro sotto sanzioni degli Stati Uniti e dell’Europa. Tra i motivi elencati nella decisione del 19 dicembre 2014 del Tesoro degli Stati Uniti c’è il sospetto che abbia finanziato la conquista della Crimea e la guerra nella regione del Donbass. Tuttavia questo non aveva fermato i leghisti a stringere rapporti sempre più stretti con lui.  

«Pagliacci demoniaci»

«Il tempo per disperdere è finito e il tempo per raccogliere è iniziato. Milioni di russi hanno vissuto per 30 lunghi anni sulla terra dei loro antenati come persone oppresse di seconda classe. La culla della civiltà russa - Kiev è diventata un simbolo di odio per tutto ciò che è russo. Il nostro santuario è stato preso prigioniero dalle forze dell'inferno. Per 30 anni, questi pagliacci demoniaci hanno gareggiato nella russofobia. Senza dimenticare di divorare l'eredità dell'Impero russo e dell'Unione Sovietica. L'Ucraina è emersa dall'URSS come il più potente paese industriale e agricolo avanzato, e oggi è diventata una povera colonia di speculatori occidentali e oligarchi nostrani. Per tutto questo tempo, la gente comune ha vissuto sempre peggio, lasciando il lavoro, alcuni in Russia, altri in Europa. Era anche peggio per i russi comuni: erano costretti a smettere di essere russi. I dissidenti sono stati prima oppressi e nel 2014 hanno iniziato a essere uccisi. Questo genocidio del popolo russo sulla loro terra, grazie a Dio, è finito. Il tempo della nostra vergogna è finito. È tempo di verità e giustizia. Dobbiamo tutti radunarci attorno al capo del nostro stato, Vladimir Vladimirovich Putin, per contribuire a ripristinare questa giustizia storica. Per fermare il genocidio del popolo russo nel Donbass e ovunque in Ucraina. I nostri antenati hanno difeso e ricostruito questa terra: la Terra Santa per tutto il popolo russo, non per la marmaglia nazista per deridere la memoria dei liberatori. L'invincibile comandante Suvorov conquistò Novorossia non in modo che la memoria non solo di lui, ma di tutti i russi fosse bandita dagli occupanti russofobi proprio in questa Novorossia. È giunto il momento per la rinascita della Russia. È iniziata una nuova Grande Russia. Lo stavamo aspettando da molto tempo. Possa Dio sorgere e i Suoi nemici essere dispersi!

Savoini e la sacra famiglia

I rapporti tra Malofeev e Gianluca Savoini sono emersi tra il 2018 e il 2019. Sono stati documentati infatti alcuni incontri e i contatti tra l’ex portavoce di Matteo Salvini e l’oligarca. Questi contatti precedono la trattativa dell’hotel Metropol a Mosca in cui il leghista trattava una partita di gasolio russo dietro la quale camuffare un finanziamento milionario per la Lega da usare per le elezioni europee del 2019. 

Prima del Metropol, infatti, Savoini intrattiene una fitta corrispondenza con una società che aveva sede nello stesso ufficio della holding di Malofeev in una via centrale della capitale della federazione governata da Putin. 

«Non sono una figura pubblica e non devo rendere conto a nessuno di chi frequento o con chi mi faccio vedere. Non sono obbligato a dare alcuna risposta a nessuno». Aveva risposto l’oligarca dopo la pubblicazione delle notizie sui rapporti d’affari con l’uomo di Salvini. 

Le relazioni della Lega con Malofeev non si esauriscono nell’intraprendenza di Savoini. La segreteria di Salvini iniziata il 15 dicembre 2013 inizia con la sua benedizione in qualche modo. In prima fila al congresso che incorona Salvini era seduto Alexey Komov, il presidente del Congresso mondiale delle famiglie russo (World congress of families) ma soprattutto collaboratore e amico intimo di Malofeev. 

L’oligarca è considerato il più generoso finanziatore del movimento pro vita composto da una miriade di sigle. La Lega con Lorenzo Fontana, già ministro della famiglia nel governo Conte 1, è il più legato a questo mondo e a Komov, che è stato il presidente onorario dell’associazione Lombardia-Russia fondata da Savoini e che durante l’esecutivo nato dopo il voto del 4 marzo 2018 è stata il riferimento per la politica estera della Lega di governo.  

Dopo il Metropol

Fino allo scandalo del Metropol Salvini aveva attaccato duramente l’Europa, la Nato e gli Stati Uniti per i comportamenti contro Putin, contestando anche la politica delle sanzioni. Dopo il Metropol però all’interno del partito è prevalsa la linea del suo vice, l’attuale ministro delle Sviluppo Economio Giancarlo Giorgetti, atlantista da sempre e molto critico in privato con il suo segretario per l’alleanza che aveva coltivato con Putin attraverso personaggi come Savoini. In seguito all’invasione russa in Ucraina Salvini ha dichiarato: 

La Lega condanna con fermezza ogni aggressione militare, l'auspicio è l'immediato stop alle violenze. Sostegno a Draghi per una risposta comune degli alleati...C'è un attacco militare in atto che va fermato con ogni mezzo necessario, Speriamo non ci sia qualcuno che tifa per la guerra e per la speculazione.

Per alcuni suoi colleghi troppo poco. Qualcuno ha notato che è assente dal suo discorso la parola Russia o Putin. Certamente però è molto rispetto a tre anni fa, in cui gli elogi alla politica aggressiva di Putin si sprecavano. L’ennesimo segnale di un isolamento interno del segretario, che dopo il fallimento alle amministrative, la sconfitta nella partita del Quirinale, deve fare i conti con i fanstami russi del passato recente che hanno caratterizzato l’apice del successo del suo partito sovranista. 

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