Oggi si celebra la giornata mondiale dei diritti umani: quest’anno è il 75esimo anniversario della firma della Dichiarazione universale dei diritti umani. Per ricordare questo importante traguardo, l’Alto commissario delle Nazioni unite per i diritti umani, Volker Türk, ha ricordato lo sforzo dei paesi che hanno sottoscritto la dichiarazione. «Abbiamo più cose in comune di quanto pensiamo. E se torniamo alle nostre origini, e guardiamo avanti a ciò che il mondo potrebbe essere in futuro, possiamo vedere che la Dichiarazione universale dei diritti umani non solo dà voce ad antiche saggezze di tutte le culture, ma garantirà la nostra sopravvivenza», ha detto l’Alto commissario sperando che la situazione mondiale possa cambiare.

La giornata

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha istituito una giornata per celebrare i diritti umani nel 1950. L’obiettivo era sottolineare l’importanza della Dichiarazione universale dei diritti umani firmata il 10 dicembre del 1948 da 50 paesi. Dopo le atrocità della Seconda guerra mondiale, gli stati decisero di adottare un documento che tutelasse i diritti umani a livello universale. La definizione diritti umani si applica a tutti quelli inerenti agli esseri umani in quanto tali, indipendentemente da razza, sesso, nazionalità o religione. La Dichiarazione si fa portavoce del diritto alla vita e alla libertà, diritto dalla schiavitù e dalla tortura, diritto di opinione e di espressione e di molti altri.

La Dichiarazione non è stata concepita come un testo giuridicamente vincolante e per questo il monitoraggio non era possibile. Nonostante questo, ha rappresentato la prima testimonianza della volontà della comunità internazionale di riconoscere universalmente i diritti che spettano a ciascun essere umano. I paesi dell’Onu, però, hanno deciso di rinnovare il proprio impegno nella tutela dei diritti attraverso l’adozione di convenzioni internazionali come quella sui diritti civili e politici e quella sui diritti economici, sociali e culturali.

La situazione oggi

L’organizzazione non governativa, Amnesty International, ha diffuso a marzo il Rapporto annuale 2022 – 2023 sulla situazione dei diritti umani nel mondo. Il 2022 è stato l’anno che verrà ricordato per lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, ma purtroppo non è stato l’unico. L’analisi della situazione in 156 paesi ha mostrato un grave impatto sui diritti umani. I casi che hanno maggiormente allarmato l’Ong sono relativi alla repressione della libertà di espressione e associazione, numerosi episodi di violenza di genere, la mancata risposta alle crisi attuali come il cambiamento climatico e l’insicurezza alimentare.

In Europa si sono risentite le ripercussioni del ritorno della guerra. Lo scoppio del conflitto ha creato «il più grande caso singolo di sfollamento dalla Seconda guerra mondiale». Se per i migranti ucraini l’accoglienza «è stata incredibile», un atteggiamento discriminatorio è stato adottato nei confronti di persone in fuga da altre parti del mondo come l’Africa Subsahariana, Siria e Afghanistan. In questi casi si sono verificati respingimenti forzati, a volte provocandone anche la morte, oppure in caso di accoglienza, sono state tante le denunce di sfruttamento lavorativo dei migranti soprattutto nel settore agricolo.

A questo tipo di violazioni, si devono sommare anche le violazioni dei diritti delle donne. Un rapporto dell’Assemblea generale del 2023 ha mostrato che le migranti risultano essere una categoria a rischio di violenze sessuali e non solo. Un sondaggio in Europa ha rivelato che il 17,6 per cento si è sottoposto ad una pratica di aborto non sicura durante i loro viaggi. Lo stesso report ha scritto: «I diritti delle donne hanno visto sia progressi sia battute d’arresto». Anche in Europa nei paesi come la Polonia, Ungheria e Slovacchia sono state introdotte delle leggi per limitare l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza; mentre altri come i Paesi Bassi e la Spagna hanno eliminato le restrizioni sull’accesso. Un altro problema riguarda la violenza di genere. «I livelli di violenza contro le donne e violenza domestica sono rimasti elevati in tutte la regione», ha confermato il report. Già nel 2022, l’Italia contava 100 omicidi di donne a seguito di violenza domestica di cui 59 compiute da partner, e purtroppo conosciamo bene i dati relativi al 2023. Anche altri paesi europei, come la Polonia, hanno mostrato un trend negativo. Nonostante l’adesione alla Convenzione di Istanbul, non ha adempiuto ai requisiti che imponevano la definizione di stupro sulla base dell’assenza del consenso e il riconoscimento della violenza economica.

Come dimostra il report di Amnesty, la strada da percorrere è ancora lunga e l’augurio è «riconsiderare le proprie posizioni e intraprendere iniziative concrete per migliorare la forza e la resilienza dell’architettura internazionale sui diritti umani».

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