Cosa sarebbe successo se. Cosa sarebbe successo se Falcão non si fosse rifiutato di calciare il suo rigore nella finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool nel 1984, se a Belgrado non fosse mai scesa la nebbia sul Milan di Sacchi, se quella domenica pomeriggio a Perugia su Collina ci fosse stato il sole? Il caso passa e scompiglia, cambia vite e risultati.

A distanza di tempo, guardiamo e non ce ne capacitiamo. Se nel 1997 l’Uefa non avesse allargato la partecipazione alla Champions anche alle seconde, alle terze, alle quarte, come sarebbe oggi l’albo d’oro? Ci sono stati epiloghi che possiamo dire abusivi. Il Milan di Ancelotti avrebbe la Coppa di Istanbul perché il Liverpool, quarto l'anno prima, non avrebbe potuto partecipare. Ma il Milan non avrebbe vinto  né quella di Manchester né l'altra di Atene. Il Valencia non avrebbe giocato due finali, né il Bayer Leverkusen la sua. Terry non sarebbe scivolato calciando un rigore in finale, perché in finale al posto del Chelsea sarebbero andati i turchi del Fenerbahçe. Invece il Chelsea l'avrebbe vinta cinque anni prima, così come Jürgen Klopp a Dortmund, ma non a Liverpool. Le finali tutte inglesi del 2019 e del 2021 non sarebbero mai esistite.

Ma soprattutto: se la Champions allargata non fosse mai esistita, in una realtà parallela come quella dell’angelo Clarence di Frank Capra, la Juventus avrebbe almeno tre Coppe dei Campioni in più. Allora sì che la vita è meravigliosa. Sarebbe stata sua quella perduta ai rigori a Manchester con il Milan nel 2003, sue quelle di Berlino 2015 e Cardiff 2017, perse altrimenti nella realtà con Barcellona e Real Madrid, seconde in Spagna l'anno prima. Le due Coppe con Porto e Inter, a Mourinho invece non le toglie nessuno.

Se esistesse ancora il vecchio format, nove delle ultime dodici Champions sarebbero andate altrove. Il 1992 è stato l’anno che ci ha portato nel Neo-Calcio. I portieri hanno smesso di poter raccogliere con le mani i passaggi all’indietro, sono aumentati i gol, con i gol è cresciuta la presunzione di spettacolo, dunque gli highlight, la loro commercializzazione, i soldi dei diritti tv. La Champions è un bancomat. Partecipare o no fa una certa differenza. Nei bilanci, sul calciomercato, negli albi d’oro. È utile dirselo alla vigilia della Champions che comincia e di una nuova rivoluzione. Il format cambierà di nuovo dalla prossima edizione, sempre nel verso del gigantismo, più partecipanti, più partite, più soldi. Far bene nella Coppa di Ceferin varrà un invito al nuovo Mondiale per club di Infantino, quale sublime paradosso per due che si odiano, e neppure cordialmente. Diventerà il solco definitivo tra i soliti ricchissimi e tutti gli altri. E noi a chiederci sempre: cosa sarebbe successo se.

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