Venerdì sono stati registrati 13.633 nuovi casi di Covid-19 e i decessi sono stati 472. Si tratta di dati in calo rispetto a giovedì e che confermano il trend di discesa dei principali indicatori dell’epidemia che dura da quasi due settimane. Calano anche le terapie intensive occupate da malati di Covid-19, meno 43, e i ricoveri, meno 424.

Complessivamente, tra lunedì e venerdì sono stati registrati poco più di 60mila casi, un netto calo rispetto ai quasi 75mila dello stesso periodo della scorsa settimana. Si tratta di numeri piuttosto inaspettati, visto che i principali esperti temevano un incremento dei contagi in seguito al periodo di ferie, come sta avvenendo in Germania, Francia e Spagna.

Il bollettino

Nel suo bollettino settimanale, l’Istituto superiore di sanità conferma questa situazione. L’Italia sta assistendo a un «miglioramento del livello generale del rischio» e a quello che sembra un nuovo rallentamento dell’epidemia, simile a quello iniziato lo scorso novembre, dopo l'adozione del sistema a zone colorate.

L’Iss però avverte che un nuovo e rapido aumento dei casi è possibile se non saranno mantenute in vigore le misure di contenimento. Il rischio è particolarmente forte anche a causa della nuova variante del coronavirus più contagiosa che da settimane circola in Europa. Proprio venerdì, un gruppo di consiglieri del governo britannico ha riferito i risultati di uno studio preliminare secondo cui la variante potrebbe essere anche fino al 30 per cento più letale.

Il bollettino riporta anche che l’indice Rt, quello che misura la velocità di diffusione della pandemia, è sceso per la prima volta in cinque settimane sotto l’1, la soglia sopra la quale l’epidemia viene considerata in crescita, ed è ora a 0,97 (i dati su cui è calcolato questo indice sono quelli del periodo tra il 30 dicembre e il 12 gennaio). In dieci regioni, però, Rt continua a restare sopra uno.

Per la prima volta da ottobre, inoltre, il numero di terapie intensive occupate a livello nazionale è sceso sotto la soglia di allarme, pari al 30 per cento dei posti totali occupati da malati Covid-19. Ma 12 regioni sono ancora sopra la soglia. La situazione rimane quindi complicata e un lieve aumento dei casi potrebbe riportare sotto stress il sistema sanitario nazionale.

Le nuove zone

Come ogni venerdì, i dati del bollettino sono stati usati dal ministero della Salute per stabilire i nuovi colori delle regioni. Questa settimana si sono registrati solo due passaggi: la Sardegna, una delle poche zone ad avere diversi indicatori in peggioramento, è stata sposta in zona arancione. Significa che bar e ristoranti dovranno chiudere tutto il giorno e potranno fare solo servizio d’asporto e che non si potrà uscire dal proprio comune senza valide ragioni.

È invece passata da rossa ad arancione la Lombardia. Si tratta di uno spostamento che era stato chiesto con particolare insistenza dal presidente della regione Attilio Fontana, arrivato al punto di accusare il governo di aver «calunniato» la Lombardia.

In teoria la Lombardia sarebbe dovuta rimanere in zona rossa per un’altra settimana, ma secondo Fontana la regione era stata collocata nella fascia di rischio più alto per un errore del governo. Venerdì sera, l’Iss ha precisato che l’errore era dovuto ad alcuni dati errati inviati dalla regione Lombardia, corretti soltanto negli ultimi giorni..

Il disastro di Manaus

Negli ultimi giorni è emerso un nuovo epicentro della pandemia mondiale. Si tratta di Manaus, una città di due milioni di abitanti nello stato brasiliano di Amazonas.

Manaus era stata particolarmente colpita già nella prima ondata, quando si calcola che circa il 66 per cento dei suoi abitanti si sia contagiato e almeno 4.500 siano morti.

Oggi, Manaus è di nuovo al centro dell’epidemia nel paese, anche a causa della nuova variante brasiliana del coronavirus, un ceppo del virus ancora in fase di studio, ma che sembra in grado di aggirare l’immunità parziale acquisita durante la prima ondata da gran parte degli abitanti della città.

Questa settimana, gli ospedali dello stato, dove più di cento persone muoiono ogni giorno, hanno esaurito i posti e migliaia di persone sono costrette a prendersi cura dei loro familiari ammalati a casa, trascorrendo ore in fila nei centri improvvisati dove vengono distribuite le bombole d’ossigeno oramai quasi introvabili in città.

Con 210 mila morti dovuti al Covid-19, il Brasile è il paese più colpito al mondo dalla pandemia dopo gli Stati Uniti.

 

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