Nata come farmaco antidiabetico e anti-obesità, ora molti la usano per perdere peso, ma non sanno che cosa rischiano. In chi soffre di depressione o assume antidepressivi o ansiolitici può provocare un drammatico aumento della ideazione suicidaria
Alzi la mano chi non ha sentito parlare della semaglutide. Ragazze che non si piacciono perché hanno messo su un po’ di ciccia sulla pancia o sui fianchi, uomini in crisi di mezza età con qualche rotolino d’adipe di troppo che sognano gli addominali scolpiti, donne in menopausa che hanno preso qualche chilo e vogliono riavere il fisico dei loro vent’anni: tutti corrono dal medico a farsi prescrivere la semaglutide per dimagrire. Addio diete del digiuno, addio rinunce alla pasta, addio corse faticose sul tapis roulant: la semaglutide è il farmaco dei sogni che ti fa perdere dieci chili senza sforzo.
Purtroppo però la semaglutide è nata come farmaco anti-diabete e anti-obesità, e se la assumi per curare una di queste due malattie gravi fai bene, ma se sei sano e la prendi solo per dimagrire sappi che i rischi potrebbero essere maggiori dei benefici.
Cos’è
La semaglutide è un analogo sintetico del GLP-1, che sta per Glucagon Like protein-1, ovvero Proteina simile al glucagone di tipo 1. Il GLP-1 è una piccola proteina che nel nostro corpo viene prodotta da speciali cellule delle pareti dell’intestino – chiamate cellule enterocrine L – e da cellule del tronco encefalico, una parte del sistema nervoso centrale. Quando mangiamo, le pareti dell’intestino si distendono al passaggio del cibo, e a causa di questa distensione le cellule enterocrine L rilasciano il GLP-1; contemporaneamente, il nervo vago segnala all’encefalo che l’intestino è pieno e così anche le cellule del tronco rilasciano GLP-1.
Il GLP-1 rilasciato entra in circolo, si lega a speciali recettori presenti in molte cellule dell’organismo e qui induce varie reazioni: nel pancreas, stimola la secrezione di insulina – l’ormone che facilita l’ingresso del glucosio all’interno delle cellule del nostro corpo, che lo utilizzano come carburante per tutti i processi vitali – e inibisce la secrezione di glucagone – l’ormone che stimola la liberazione nel sangue del glucosio contenuto nei depositi del fegato; nel cervello stimola speciali neuroni dell’ipotalamo inducendo la sensazione di sazietà.
Nel complesso, il GLP-1 stimola il nostro corpo a utilizzare l’energia assunta sotto forma di zuccheri durante i pasti, abbassa la glicemia, e ci induce un senso di sazietà che ci spinge a smettere di mangiare.
La semaglutide è una molecola sintetica che possiede un’omologia di sequenza del 94 per cento rispetto al GLP-1 umano e agisce da agonista del suo recettore, perciò provoca gli stessi effetti del GLP-1: stimola la secrezione di insulina, inibisce quella di glucagone, abbassa la glicemia, e induce un senso di sazietà, cioè fa passare la fame.
Chi l’ha scoperta
Questa prodigiosa molecola è stata scoperta nei primi anni ’90 dalla scienziata danese Lotte Bjerre Knudsen, ora capo consulente scientifico della Novo Nordisk, la compagnia farmaceutica anch’essa danese che su questo farmaco ha costruito le sue fortune.
Lei lo racconta così: «Ero una semplice ricercatrice che lavorava per la Novo (allora si chiamava così) e che cercava di sviluppare nuovi farmaci contro il diabete. Nei primi anni ’90 tutte le compagne farmaceutiche volevano anche trovare la cura per l’obesità. A quel tempo pensavamo che il GLP-1 fosse il miglior candidato per la cura del diabete perché faceva aumentare l’insulina e diminuire il glucagone, e in più era un farmaco molto sicuro perché non provocava le crisi di ipoglicemia indotte dall’insulina. Intanto, c’erano altri miei colleghi che lavoravano sull’obesità, e io li ascoltavo attentamente. Nel 1994 un gruppo di scienziati pubblicò uno studio nel quale mostravano che ratti con tumori che secernevano alte quantità di glucagone e GLP-1 dimagrivano fino a lasciarsi morire di fame. E questo mi fece riflettere. Poi, nel 1996 un altro gruppo di ricercatori guidato da Stephen Bloom pubblicò un articolo in cui per la prima volta si dimostrava che il GLP-1 è un neurotrasmettitore che agisce sul cervello influenzando il comportamento alimentare e inducendo un forte senso di sazietà. Da lì a poco sintetizzammo il liraglutide e poi il semaglutide, tutti analoghi del GLP-1. Allora pensai: perché mai non dovrebbero curare tutte e due le due malattie? Se pensiamo che possa funzionare per la cura del diabete in una maniera molto più sicura rispetto all’insulina, allora potrebbe funzionare anche per la cura dell’obesità!»
Così, alla Novo Nordisk hanno iniziato a sperimentare la semaglutide sull’uomo per curare sia il diabete sia l’obesità. E i risultati sono stati stupefacenti. Molti trial clinici condotti su migliaia di soggetti hanno provato che la semaglutide – somministrata sia sotto forma di compresse orali sia sotto forma di iniezioni sottocutanee – unita a una dieta controllata e all’esercizio fisico migliora il controllo della glicemia in pazienti malati di diabete di tipo 2 (quello dell’adulto) e diminuisce il rischio di malattie cardiovascolari.
Vari trial clinici, tra cui uno condotto negli Usa su 304 pazienti obesi, pubblicato nel 2022 su Nature, ha mostrato che una iniezione settimanale di semaglutide induce dopo due anni una diminuzione di peso superiore al 15 per cento, perciò, concludono gli scienziati, «in adulti sovrappeso o obesi il trattamento a base di semaglutide ha portato a una sostanziale e duratura perdita di peso».
Effetti collaterali
Ora la Novo Nordisk commercializza la semaglutide in due formulazioni indicate come antidiabetici: l’Ozempic (siringhe pronte all’uso per iniezione sottocutanea) e Rybelsus (compresse). Una terza formulazione iniettabile sottocute, denominata Wegovy, è stata autorizzata nel 2023 per il trattamento cronico dell'obesità.
Su questi tre farmaci, la Novo Nordisk ha costruito un impero. Grazie alle esportazioni di semaglutide, il valore di mercato dell’azienda farmaceutica, ora pari a 399 miliardi di euro, ha superato il Pil dell’intera Danimarca. Dal 2020 l’economia della Danimarca ha avuto un tasso di crescita medio attorno all’1 per cento, nel 2023 è stato dell’1,9, e il 90 per cento di questo boom è merito della sola Novo Nordisk. Certo, il farmaco è molto caro – un'iniezione costa 177 euro e una confezione da 30 compresse 210 – però la maggior parte della semaglutide non viene acquistata da individui malati di diabete o di obesità ma da persone perfettamente sane che lo usano solo per dimagrire.
La semaglutide è diventata una moda: da quando star di Hollywood e celebrità come le sorelle Kardashian ed Elon Musk si sono vantate sui social di farne uso per perdere peso, molti in tutto il mondo sono corsi a farselo prescrivere dal medico. Sarebbe un uso off label – cioè non esplicitamente indicato nell’etichetta – ma chi se ne frega: il farmaco è perfetto, ti fa perdere chili senza fatica perché ti fa passare la fame, e non devi digiunare, fare diete a base di zuppette di verdura o sudare per ore in palestra.
Però, la semaglutide è un farmaco, e come ogni farmaco provoca svariati effetti collaterali: può dare nausea, diarrea, vomito, costipazione, dolori addominali, mal di testa, debolezza, giramenti di capo e gastroenteriti. Soprattutto, si è visto che in pazienti che soffrono di depressione e fanno uso di antidepressivi e ansiolitici l’uso di semaglutide può aumentare drasticamente l’ideazione suicidaria, il numero dei tentativi di suicidio e anche dei suicidi. Ne vale la pena? Probabilmente no, ma l’onda è ormai inarrestabile. L’Ema avverte: «Qualsiasi altro uso, incluso per la gestione del peso, rappresenta un uso off-label e mette a serio rischio la disponibilità di semaglutide per la popolazione indicata. Questi medicinali devono essere prescritti esclusivamente secondo le indicazioni autorizzate». Ma sono parole vane.
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