Era nell’aria, la sensazione che si trattasse dell’ultimo ballo per questo gruppo della Virtus Bologna prossimo al rinnovamento. E che ci fosse un’occasione per danzarlo al meglio, con il ritorno alla vittoria dello scudetto, su una Milano parsa più indietro rispetto agli anni scorsi in un campionato chiuso da primi, nonostante le diverse outsider di livello viste nel corso dell’anno.

Eppure, al primo turno dei playoff si stava consumando un’eliminazione contro l’ultima della griglia: acciacchi fisici uno dopo l’altro, con la serie contro Venezia arrivata all’ultima e decisiva gara 5 e con il miglior giocatore alle prese con un trauma cranico subito appena quattro giorni prima. Roba che avrebbe steso chiunque, se non si fosse trattato di Toko Shengelia.

Trentatré anni, georgiano, un tipo dalla tempra durissima, da anni fra i migliori cestisti d’Europa, uno che alla qualificazione per la semifinale ci teneva eccome, per un ultimo scontro sotto canestro dopo tante battaglie contro l’altro campione Nikola Mirotic di Milano. Contro Venezia allora è andato comunque in panchina, anche solamente per dare morale alla squadra, fino alla mossa della disperazione del suo allenatore Ivanovic: buttarlo nella mischia con nove punti di distacco a cinque minuti dalla fine, e sperare nel miracolo. Il miracolo è avvenuto: 7 punti in un amen, compreso il canestro del definitivo sorpasso in uno schema giocato appositamente per lui.

Basterebbe questo flash per raccontare un giocatore speciale, unico ai tempi d’oggi, quelli in cui fioccano lamentele per il calendario cestistico pieno d'impegni, lui che invece non rinuncia mai a una chiamata della sua nazionale, anche se vuol dire giocare tre volte in 4 giorni, con 5.000 chilometri di mezzo da farsi, da una parte all’altra dell’Europa, per essere presente da leader sia in Eurolega con il suo club sia con la maglia della Georgia, spesso pagando di tasca sua.

Guai a negarglielo. Senza tirarsi indietro rispetto alle proprie convinzioni ma mantenendo un cuore d’oro, come quando dopo una rissa nel campionato spagnolo, durante l’uscita dal campo andò a scusarsi con un bambino del pubblico. Non poteva che essere lui il primo a rinunciare ai soldi della corazzata del CSKA di Mosca appena scoppiato il conflitto con l’Ucraina, lasciando il club per divergenze ideologiche sulla guerra.

I numeri e il cuore

È arrivato così alla Virtus per impreziosire il campionato italiano e con una voglia matta di vincere, ripartendo proprio dall’episodio con Venezia. Da quella sera Toko non si è fermato più, e con lui la squadra bianconera, in un crescendo di prestazioni che li ha visti prima superare l’Olimpia Milano sfatando il tabù delle precedenti tre finali scudetto (con Shengelia decisivo anche negli ultimi secondi in gara-1, tanto per dare un segnale sul prosieguo della serie) e infine li ha visti schiantare la sorprendente Brescia all’ultimo atto.

Un dominio come quello del georgiano si è visto raramente nella storia delle finali della Serie A, un condottiero per lo scudetto che lo ha visto anche disputare la miglior partita della sua carriera in bianconero, quasi infallibile (31 punti con 11/12 al tiro dal campo e 5/5 ai liberi, 9 rimbalzi, 5 assist, 46 di valutazione), da MVP che chiude il cerchio nella maniera migliore il cerchio.

Prima dell’addio all’Italia per il ritorno in Spagna al Barcellona, ufficializzato a fine partita dal presidente della Virtus Zanetti e ratificato da lui stesso con una lettera toccante alla città di Bologna, mancava una cosa: perché sul parquet c’era il coach con cui aveva già vinto insieme il titolo in Spagna, Duško Ivanović, ma mancava il terzo protagonista della vittoria in Liga ACB con il Baskonia, arrivato prima del successo assieme stavolta in Serie A.

Proprio quell’Achille Polonara in cura per la leucemia mieloide diagnosticatagli in questi giorni: e nella delegazione virtussina che, dopo avergli dedicato il trionfo nei festeggiamenti, è andata a portargli la coppa in ospedale, il georgiano si è presentato portando il premio di miglior giocatore delle finali, lasciandolo nelle mani del compagno.
Perché Shengelia è un campione, ma Toko è un fenomeno ancora più grande.

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