Si muove finalmente qualcosa nel basket italiano. Succede nella lotta al vertice della Serie A dopo quattro anni consecutivi della solita finale tra Olimpia Milano e Virtus Bologna: Brescia e Trapani vogliono dire la loro anche nei playoff, dopo aver dimostrato il loro valore nel corso di tutta la stagione.

Si muove qualcosa anche fra le giovani promesse della pallacanestro, sempre più propense al trasferimento nelle squadre scolastiche degli Stati Uniti grazie all’introduzione del NIL, la regolamentazione che dal 2021 consente agli atleti universitari di stringere accordi commerciali e guadagnare denaro sfruttando il proprio nome, immagine e somiglianza, anche prima di passare fra i professionisti.

Sono due scenari inconsueti, che introducono novità e incertezza nel nostro panorama cestistico; ma che da precursore qualcuno ha già vissuto tempo fa, quell’Amedeo Della Valle diventato ormai una certezza al termine di un percorso tutto suo.

A guardare Amedeo oggi, si vede uno dei migliori giocatori italiani del campionato: realizzatore eccellente, unico azzurro fra i primi 25 cannonieri della Serie A, un giocatore che al tiro da cui è sempre stato caratterizzato ha aggiunto nel tempo una leadership che lo rende un punto di riferimento per Brescia.

Un punto a cui è arrivato toccando tappe non convenzionali nello sviluppo classico di un giocatore, guidato da quella che lui stesso ha definito «audacia nel lanciarsi nel vuoto cosmico», da pioniere di strade battute raramente, a volte addirittura mai.

High school e college

A partire da quella statunitense, affrontata da appena maggiorenne, per un’esperienza che lo stesso Della Valle ha sempre considerato il giusto punto di partenza per raccontarsi: quella nella nazione per eccellenza della pallacanestro, la meta tanto desiderata dopo i frequenti viaggi da piccolo negli Stati Uniti. Così convinto da iscriversi alla Findlay Prep High School sostanzialmente senza conoscerla, fidandosi per una recensione solamente del documentario autoprodotto dall’istituto trovato su YouTube.

Nel suo bagaglio c’era l’elegante tiro, a dispetto di un fisico minuto non esattamente da prospetto cestistico di primo livello, e l’obiettivo di costruirsi un’identità tutta sua togliendosi l’etichetta da “figlio di”, dopo l’ottima carriera in Serie A del padre Carlo, un altro giocatore avanti sui tempi: una questione di geni.

Gli riuscirà, acquisendo una fama tra gli studenti del campus che Della Valle ha sempre raccontato col sorriso, lo stesso sorriso che gli veniva strappato dalle parrucche indossate dai compagni di studi che andavano a vederlo, ispirate alla sua capigliatura piena di ricci.

All’università scelta, quella di Ohio State – l’unica ad avergli fatto un’offerta senza avergli promesso minuti in squadra, a proposito di decisioni non comuni – non trovò né grandi momenti di gloria personale né tracce del giocatore per il quale l’ateneo aveva preparato con un anno d’anticipo rispetto all’arrivo l’armadietto personalizzato con etichetta, divisa e scarpe già pronte, proprio di fronte al suo: quel LeBron James che dalla high school aveva fatto il salto direttamente nella Nba.

Ma i miglioramenti di Della Valle si vedevano eccome, nelle estati con le nazionali giovanili azzurre, culminate con l’inatteso trionfo all’Europeo Under 20 del 2013 concluso da Mvp della manifestazione.

Da lì il ritorno in Italia, non accettando le offerte più ricche, ma, a fine marzo 2014, quella di Reggio Emilia: ancora una volta, un tempismo (un paio di mesi prima della fine della stagione) e una scelta (non caduta sulla squadra più blasonata ad avergli fatto una proposta) diversi dal solito.

Reggio e Brescia

Ma le decisioni prese pagheranno ottimi dividendi, proiettandolo verso i piani più alti del basket italiano, nuovo enfant prodige che porta le prime coppe in bacheca della storia della Pallacanestro Reggiana e si ferma due volte in finale prima di portare lo scudetto mai visto prima (e dopo) da quelle parti. Togliendosi anche lo sfizio di diventare un meme prima che il concetto di meme esistesse, con #lafacciacattiva (sfoggiata per la prima volta nella tripla pesante realizzata in gara 5 di finale scudetto) ad accrescere la sua popolarità sui parquet calcati: non ai livelli delle scuole negli USA, ma sufficientemente per portare al movimento una ventata di freschezza così come fa sul parquet con il suo gioco, che non segue rigidi schemi ma il puro istinto.

Istinto che è bussola del suo strano percorso alla ricerca della sua dimensione, e che dopo qualche passaggio a vuoto lo porterà a un nuovo viaggio da esploratore in una terra impregnata di pallacanestro, per risvegliare in lui la passione che si stava assopendo.

In Montenegro, al Buducnost, dove neanche a dirlo è il primo italiano nella storia del club e dove, per ammissione personale, arriva come negli Stati Uniti, non pronto a una nuova realtà, con meno fronzoli e un carattere di estrema sacralità dato agli eventi sportivi e ai suoi risultati.

Anche lì si adatterà, trovando un’affinità mentale con il compianto coach Dejan Milojevic, diventato poi assistente ai Golden State Warriors in Nba: dava fiducia ad Amedeo riconoscendogli di essere uno dei migliori tiratori che avesse mai visto, prima di aver incontrato Steph Curry.

«Chi non ha paura di rischiare si getta a capofitto dove vede l’occasione di crescere, per aggiungere un tassello nuovo nel grande puzzle delle proprie esperienze».

Questo il mantra di Della Valle, che al ritorno in Italia a Brescia ha trovato infine il suo posto, uomo simbolo e vincitore del primo trofeo nella storia del club, la Coppa Italia, da miglior giocatore della manifestazione: un trionfo inaspettato, con la cavalcata vincente da ultima del tabellone. Insomma, a modo suo.

Come il percorso con la maglia azzurra della Nazionale, di cui è stato anche capitano per 3 partite ma che non ha indossato per un po’, fino alla chiamata della selezione 3x3 della scorsa settimana: diventando così il giocatore di maggior spicco ad aver mai fatto parte della selezione maschile italiana, pronto a cimentarsi in un contesto dai regolamenti e dai ritmi anche molto diversi da quelli 5x5, ben cosciente di avere tante attenzioni addosso. Un nuovo ambito da esplorare, un nuovo mondo in cui essere fra i primissimi a mettere piede per Amedeo.

Potrebbe spaventare chiunque, ma con quanto dimostrato da ADV sinora è difficile farsi sopraffare dubbi, conoscendo lo spirito con cui affronterà anche questa nuova sfida, così come le tante altre precedenti: «Per me, giorno dopo giorno, a parlare è stato il campo. E il campo dice sempre la verità. Dopotutto giocare è sempre stata l’unica cosa davvero importante».

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