Nel XV secolo i monaci agostiniani iniziarono a costruire la chiesa di Santo Stefano nel quartiere di San Marco a Venezia. Una volta raggiunta l’altezza di 30 metri, il campanile adiacente alla struttura ha avuto un cedimento alla base, ma i monaci hanno riparato i danni e completato i lavori fino ai 66 metri di altezza. Quel crollo ha lasciato nella struttura un difetto visibile ancora oggi, che negli anni è diventato un’attrazione per i turisti: la punta del campanile, rispetto alla base, è inclinata di circa due metri.

Oggi la struttura è tra i progetti inclusi all’interno del Recovery Art, realizzato da Dario Franceschini quando era ministro della Cultura del governo Draghi e finanziato con i soldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il campanile di Santo Stefano rientra negli investimenti stanziati per garantire la sicurezza sismica dei luoghi di culto: lo stato spenderà quasi 8 milioni di euro.

Il Recovery Art

Ma il campanile veneziano non è l’unica struttura di proprietà di enti ecclesiastici (e quindi non dello stato) a essere destinataria di fondi del Pnrr per l’adeguamento sismico. Secondo l’ultimo decreto, emanato lo scorso 23 febbraio, al momento sono previsti 190 interventi per gli edifici di culto, con un costo di 174 milioni di euro. Il campanile di Santo Stefano a Venezia è l’opera che prevede l’esborso economico più consistente. Seguono il complesso monumentale di San Pietro Caveoso a Matera, con lavori per la messa in sicurezza dal valore di 4.2 milioni di euro, e la chiesa dei Santi Niccolò e Biagio a Castiglione Cosentino, con un costo di quasi 3 milioni di euro.

Per il Recovery art sono previsti in totale finanziamenti dal valore di 800 milioni di euro. Di questi, 240 serviranno per garantire la sicurezza sismica di 257 luoghi di culto e torri/campanili di proprietà di enti ecclesiastici – assegnando le risorse direttamente alle diocesi di competenza territoriale individuate dal ministero della Cultura – mentre altri 250 serviranno per restaurare 286 chiese appartenenti al patrimonio del Fondo edifici di culto (Fec).

L’ente è legalmente rappresentato dal ministro dell’Interno pro tempore e ha la funzione di assicurare la tutela, la valorizzazione, la conservazione e il restauro dei beni. Il patrimonio del Fondo edifici di culto è composto da beni culturali, artistici e naturalistici, tra cui circa 840 chiese di interesse storico-artistico distribuite in tutte le regioni d’Italia. Benché si tratti di strutture appartenenti allo stato italiano, in realtà parte di questi edifici di culto sono comunque «di norma concessi in uso all’Autorità ecclesiastica per l’ufficiatura e le attività pastorali».

Gli altri fondi

Il caso del Recovery art non è l’unico in cui parte di soldi pubblici europei affidati da Bruxelles all’Italia vengono realizzati per lavori che hanno a che fare con enti di proprietà della chiesa. L’altro grande progetto è “Caput mundi”, che destina alla capitale oltre 500 milioni di euro per «la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale di Roma e di luoghi meno noti», in occasione del Giubileo che si terrà tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026. Soldi che saranno gestiti dal sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, designato commissario straordinario per il Giubileo.

Tra gli enti destinatari dei fondi c’è la Diocesi di Roma, con progetti che serviranno a valorizzare i percorsi giubilari. La Diocesi si occuperà, in quanto selezionato tra i soggetti attuatori, anche della riqualificazione del fabbricato ex-Dazio di via Ardeatina che diventerà un punto di sosta per i pellegrini che percorrono la via Ardeatina verso il Santuario del Divino Amore. Il costo totale del progetto è di oltre 300mila euro, di cui 230mila sono finanziamenti legati al Pnrr. Attualmente, però, c’è apprensione per i tempi ristretti e non è chiaro se tutti i progetti saranno realizzati.

Sulla piattaforma della società Giubileo, che si occuperà della stesura e dell’affidamento dei bandi di gara ci sono attualmente tre appalti in corso, mentre ne sono stati conclusi venti. Per il momento, è stato previsto che la società Giubileo sia soggetto attuatore di 19 interventi per un valore complessivo di 102 milioni di euro e stazione appaltante per ulteriori 17 interventi per un valore complessivo di 244milioni di euro. A poco più di un anno e mezzo dall’apertura del Giubileo Roma rischia di non arrivarci preparata.

Oltre al Recovery Art e al Giubileo, il ministero della Cultura ha messo a disposizione un’altra linea di finanziamento accessibile agli enti ecclesiastici per la “Protezione e valorizzazione dell’architettura e del paesaggio rurale”. In questo contesto, ad esempio, la Diocesi di Prato ha ottenuto circa due milioni di euro per eseguire alcuni lavori per la villa Palco.

L’altro progetto

C’è un terzo filone del progetto del Recovery Art, ed è quello che finanziato con 300 milioni di euro per realizzare i depositi per il ricovero delle opere d’arte coinvolte negli eventi calamitosi. Al momento gli immobili individuati dal ministro Sangiuliano sono: il compendio delle ex Casermette di Torre del Parco a Camerino, di proprietà dell’Agenzia del demanio; l’ex caserma a 8° Cerimant di Roma; l’ex caserma Montezemolo di Palmanova (Udine).

Poi ci sono due ex siti nucleari: la centrale del Bosco (Marengo) e l’ex sito di Garigliano (Ce), entrambi di proprietà della Sogin, la società statale responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani. Per i due ex siti nucleari il Pnrr prevede 40 milioni di euro diretti alla Sogin. La fine dei lavori è prevista per giugno 2026, nel mentre ci sarà la delicata fase del trasferimento dei rifiuti radioattivi al deposito nazionale. Secondo la Sogin «non vi sono criticità legate al progetto, a parte i tempi molto stretti previsti dal Pnrr». Per accelerare i lavori, l’ex premier Draghi aveva deciso di commissariare la società vista «la necessità e urgenza di accelerare lo smantellamento degli impianti nucleari».

© Riproduzione riservata