La procura di Prato ha notificato nove avvisi di garanzia ad altrettanti dipendenti di Eni e della società responsabile della manutenzione dell’impianto. Secondo l’accusa, a causare l’incidente una serie di errori gravi dovuti anche alle carenze organizzative del colosso dell’energia
Le esplosioni al deposito Eni di Calenzano sono state un evento «prevedibile ed evitabile» causato da un «errore grave e inescusabile». Per questo motivo la procura di Prato ha inviato questa mattina avvisi di garanzie per nove persone e per la società Eni spa con le accuse a vario titolo di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali. Il procuratore Luca Tescaroli ha inoltre reso noto che, anche «a tutela degli indagati», è previsto lo svolgimento di un incidente probatorio.
Gli indagati
Oltre alla società Eni spa, dunque, sono nove in tutto le persone iscritte al registro degli indagati. Sotto inchiesta ci sono la dirigente incaricata della gestione del centro di Calenzano, Patrizia Boschetti, la responsabile del servizio protezione e prevenzione del deposito, Emanuela Proietti, lo stesso responsabile del deposito, Luigi Cullurà. E ancora: il responsabile del settore manutenzione e un suo collaboratore, Carlo di Perna ed Enrico Cerbino, e il tecnico addetto alla manutenzione e il proposto dell’impianto, Marco Bini ed Elio Ferrara. Oltre a loro, dipendenti Eni, sono finiti al centro delle indagini l’amministratore unico della società Sergen srl, che aveva in carico la manutenzione dell’impianto, e il preposto della stessa azienda, Francesco Cirone e Luigi Murno.
Complicata anche la posizione dell’azienda per non aver saputo intercettare e correggere gli errori di pianificazione e realizzazione dei lavori di manutenzione tra la linea 6 e 7 dell’impianto, considerati alla base del disastro.
Eni agì pensando al suo profitto
Secondo l’accusa, a causare l’incidente che il 9 dicembre provocò la morte di cinque persone sarebbero stati una serie di errori gravi. Dall’analisi della documentazione di sicurezza rilasciata e dalle attività di Sergen, infatti, emerge come «la presenza di fonti di innesco, come il motore a scoppio di un elevatore» sia stata determinante e abbia «generato calore in un'area ad alto rischio in un momento in cui le operazioni di carico delle autobotti erano parallele alle attività di Segen».
Negli avvisi, infine, la procura critica alla radice il modello di lavoro imposto da Eni all’interno dell’impianto di Calenzano. I dirigenti dell’azienda e i responsabili del deposito sono infatti accusati di «una pluralità di delitti di omicidio colposo e lesioni colpose», per aver operato «a vantaggio della stessa Eni in assenza di un modello organizzativo, adottato prima dei fatti, che contenesse misure precauzionali volte a impedire la situazione di rischio prevedibile ed evitabile che ha prodotto le 4 esplosioni e l’incendio».
E ancora: «Per interesse e vantaggio della stessa Eni, veniva permessa la contemporaneità dell’attività lavorativa di manutenzione e di carico di autobotti, agevolando così il mantenimento della produttività funzionale all’attuazione delle strategie imprenditoriali dettate dalla stessa Casa madre, ed escludendo la necessità di dilatare i tempi di attesa degli autisti, mentre avvenivano manutenzioni lungo le pensiline di carico. Simultaneità che avrebbe dovuto essere considerata nel modello organizzativo, prevedendo misure precauzionali e di tutela».
La nota di Eni
«Eni prende atto delle informazioni di garanzia annunciate ed emesse oggi dalla Procura di Prato in relazione all’incidente al deposito di Calenzano. Come appreso, gli avvisi hanno riguardato responsabili e operatori di aree tecnico operative della Direzione Refining Revolution and Transformation di Eni legate alle attività del deposito, esponenti della ditta fornitrice Sergen, nonché la stessa Eni SpA per la responsabilità ex Legge 231, e consentiranno il proseguo delle attività investigative anche con il coinvolgimento dei soggetti interessati». Si legge in una dichiarazione di Eni dopo la notizia degli avvisi di garanzia.
«Eni conferma – prosegue la nota – la propria piena e totale collaborazione all’autorità giudiziaria, con la volontà prioritaria di contribuire a individuare le cause e le dinamiche ad esse associate all’origine dell’incidente. Eni conferma altresì il proprio impegno al risarcimento dei parenti dalle vittime dell'incidente e, con la maggiore tempestività possibile consentita dai tempi dalle attività di perizia, dei danni civili sul territorio, in avanzato stato di definizione complessivo».
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