L’odissea degli studenti palestinesi: vincitori di borse di studio in Italia, ma in trappola a Gaza e in Cisgiordania

Mahmoud ha 22 anni e sogna di diventare un data scientist di successo. Non ha mai viaggiato, e anche questo è il suo sogno: scoprire il mondo, dice con un sorriso dolce, incontrare nuove persone, conoscere altre culture. Oggi vive insieme alla sua famiglia nel campo profughi di Nuseirat, al centro dell’enclave palestinese: un campo dove nelle settimane scorse non sono mancati i raid mortali dell’esercito israeliano. «Io e la mia famiglia stiamo attraversando un periodo di grandi difficoltà. Ma non ci arrendiamo», racconta da dietro lo schermo. Non è mai uscito dalla Striscia ma oggi ne avrebbe diritto, per venire a studiare in Italia. Mahmoud è infatti uno dei vincitori di borsa Iupals, Italian universities for palestinian students, progetto promosso dalla Crui (Conferenza dei rettori delle università italiane) che coinvolge il ministero degli Esteri, quello dell’Università e il consolato generale d’Italia a Gerusalemme con l’erogazione di borse di studio in Italia per studentesse e studenti palestinesi a partire dall’anno accademico 2025/2026. Ad aspettare Mahmoud l'università Federico II di Napoli. «Sono stato ammesso a un corso di laurea magistrale in Data Science a luglio e da allora aspetto con ansia», dice. Napoli «è una città fantastica», immagina. Ma Mahmoud, da Gaza, non si può muovere. Non si sa se e quando arriverà mai in Italia, in quella Napoli che lo aspetta. Guerra, burocrazia e diplomazia si frappongono tra lui e il suo sogno di futuro. A tre mesi dall’avvio, il progetto della Crui potrebbe infatti “fallire”. Dopo aver vinto le borse di studio «nonostante incredibili difficoltà burocratiche e logistiche, gli e le studenti palestinesi rischiano di non poterne usufruire», spiega da Rotterdam Serena Autiero. Storica e accademica, fa parte di una rete spontanea di supporto amministrativo per questi ragazzi e ragazze che per ora non riescono a «raggiungere l’Italia per l’impossibilità materiale di produrre tutti i documenti richiesti, e soprattutto in mancanza di un accordo diplomatico per l’evacuazione dai Territori». E il 30 novembre scade il termine per la presentazione dei visti di studio: a quel punto perderanno il posto in graduatoria. La strage di studenti palestinesi, così Israele distrugge il diritto all’istruzione Questione diplomatica I vincitori e le vincitrici, da Gaza e dalla Cisgiordania, sono al momento, secondo la Farnesina, 152 - il primo settembre si è chiuso il bando a Modena e Reggio Emilia, e il 30 settembre scade l'ultimo a Camerino. E poi ci sarebbero anche circa 300 altri studenti idonei, che con altri finanziamenti - regionali o di autotassazione - potrebbero avere un posto nelle università italiane. Come a Napoli, dove «i posti Iupals da bando erano 10 alla Federico II e uno alla Parthenope. Poi sono diventati 25 e 6. A questi si aggiungono altre due borse per studenti palestinesi dell'Orientale non Iupals». Il nodo è diplomatico: a Gaza rinnovare o ottenere passaporti è impensabile, ma anche avere documentazione dalle istituzioni educative, praticamente tutte distrutte - spiegano dalla rete di supporto internazionale. I documenti? Bombardati, insieme a tutto il resto. Certificazioni linguistiche? Richieste lunari. E non solo nella Striscia sotto assedio, ma anche per studenti e studentesse della Cisgiordania, che raccontano di non avere la libertà di spostamento per raggiungere gli uffici e richiedere visti di studio. «Chiediamo corridoi umanitari e una soluzione politica», dice Serena Autiero. «Quando parliamo con loro al telefono sentiamo il volo dei droni in sottofondo. Ogni giorno rischiano la vita. E non dimentichiamo la situazione di carestia». L’Idf ordina l’evacuazione di Gaza City. Ma i palestinesi non sanno dove andare Gli altri paesi Nel Regno Unito il governo è al lavoro su piani logistici e diplomatici per l’evacuazione nelle prossime settimane di 40 studenti vincitori di borse di studio. «Non sono mancate in passato mobilitazioni come quella che chiediamo: nel 2021 per esempio per l’Afghanistan dopo il ritorno dei talebani, l’anno dopo, in tutta Europa, per l’Ucraina con il progetto Erasmus+». In Irlanda a fine agosto sono arrivati 26 studenti gazawi dopo essere stati evacuati attraverso Giordania e Turchia. Simon Harris, ministro degli Esteri, assicura che ne arriveranno presto altri trenta. «È un precedente molto forte, l'Irlanda è parte dell'Ue», dice Autiero. L’auspicio è che qualcosa si stia effettivamente muovendo. Gaza aveva una ventina di università, prima del 7 ottobre 2023: «Oggi sono state tutte demolite o danneggiate gravemente, con oltre l’80 per cento degli edifici universitari distrutti e gli studenti superstiti costretti ad abbandonare gli studi». Anche a Mahmoud manca la vita nel campus universitario. «Per fortuna sono riuscito a continuare a studiare grazie alla piattaforma di e-learning della mia università. Per me l’istruzione è un diritto fondamentale», dice. Gazawi in Italia, la solidarietà civile colma il vuoto delle istituzioni In una nota la Farnesina spiega che «sta lavorando per creare corridoi universitari». Accelerando la burocrazia, lato suo. Ma serve «l'autorizzazione dei governi israeliano e giordano» per l’uscita dalla Striscia e il transito in Giordania «per venire a studiare in Italia». Al momento i paesi di transito «non prevedono altre tipologie di uscita, oltre a quelle sanitarie e per ricongiungimento familiare». La richiesta italiana «è quella di creare un quadro definito per dei “corridoi universitari” che rendano possibili le partenze». In fuga dalla guerra con il figlio ferito, Huda dopo il trasferimento in Italia: «Per noi forse sarebbe stato meglio morire a Gaza» «Nessuna delle persone con cui ho parlato pensa di andarsene per sempre da Gaza», conclude Serena Autiero. «Vogliono solo poter continuare la loro istruzione per poi tornare al servizio proprio popolo. Sentirlo dire da ragazzi e ragazze di vent'anni è straziante: la Palestina è quello per cui davvero combattono. Anche con lo studio».