Ora che i verbali sono stati parzialmente desecretati si fanno più nitidi i contorni del rapporto tra la squadra di spioni e il colosso Eni, «cliente strategico», della società Equalize di Enrico Pazzali, al centro dell’inchiesta della procura di Milano che indaga sui presunti dossieraggi. Il tutto è reso ancor più nebuloloso dall’ombra costante dei servizi segreti.

Nelle intercettazioni degli uomini di Equalize molti i riferimenti che hanno portato gli inquirenti a pensare che la rete dell’ex poliziotto Carmine Gallo, scomparso improvvisamente il 9 marzo, e dell’hacker Samuele Calamucci, potrebbe coinvolgere livelli più alti, intelligence compresa.

Gallo nell’ interrogatorio ha parlato dei rapporti tra il vicedirettore di Aisi Carlo De Donno e il presidente autosospeso della Fondazione Fiera Milano Enrico Pazzali. Il dirigente dei servizi dal canto suo ha parlato di falsità e minacciato querele. Ma al di là di De Donno, ora Domani, grazie a documenti inediti, è in grado di svelare nuovi intrecci misteriosi che partono da Equalize e toccano il cuore dello Stato.

Le chat con Ciccio R.

Questo racconto inizia da alcune chat del 2019 tra Vincenzo Armanna, ex dirigente di Eni e grande accusatore del colosso energetico, e F.R., membro, in base a quanto appreso, della Squadra Fiore, l’omologa centrale di dossieraggio di Equalize ma con base a Roma e su cui indaga la procura capitolina e che avrebbe entrature e contatti proprio con le agenzie di sicurezza.

Nel 2021, nell’ambito dell’indagine sul cosiddetto “complotto Eni”, il cellulare di Armanna è stato analizzato dagli uomini della guardia di finanza di Milano. L’analisi del contenuto del telefono ha consentito di individuare numerosissimi messaggi scambiati dall’ex dirigente con diverse persone, tra cui F.R., il fantomatico Ciccio R. della Squadra Fiore, in servizio - scrivono i finanzieri - presso il Centro Unico Stipendiale Interforze del Ministero della Difesa.

I due parlano di somme di denaro, o meglio, di una certa somma («i 50»), che qualcuno («loro») avrebbe dovuto bonificare. Armanna più in particolare scrive a F.R.: «Taha Limited, la banca è Fan First Abu Dhabi Bank». Insieme al messaggio invia anche un file con i riferimenti del conto corrente della banca di Abu Dhabi. «A seguito di un esame più approfondito del contenuto del citato dispositivo, è stato individuato il seguente conto corrente degli Emirati Arabi Uniti che sembrerebbe essere riconducibile allo stesso Armanna», scrivono gli investigatori.

Ma quel conto corrente non solo è riconducibile ad Armanna, è anche quello indicato nel documento che il capo degli affari legali di Eni, Stefano Speroni, indagato negli sviluppi sull’inchiesta di Equalize, avrebbe trovato sotto lo zerbino il 5 gennaio del 2020. Un report sui vari nemici dell’Eni (tra cui Armanna) che avrebbe in teoria potuto aiutare il colosso. L’Iban avrebbe potuto fare immaginare che l’autore degli anonimi potesse essere proprio Armanna, come Speroni ha sempre (falsamente?) sostenuto.

Calamucci, negli interrogatori davanti ai pm che indagano su Equalize, riferisce in effetti di una «pantomima di Speroni». Ma perché Armanna chatta con un esponente della squadra rivale di Equalize? Possibile che qualcuno abbia costruito a tavolino le chat e poi inoculato nel cellulare di Armanna?.

Il legale Luca Santa Maria, parte civile nel procedimento sul “complotto”, ha depositato dinnanzi procura antimafia di Milano una corposa memoria, e scrive: «Il modus operandi illecito di Equalize includeva condotte di hackeraggio e inoculazione ai trojan, finalizzati a captare e acquisire i contenuti dei dispositivi elettronici in uso ai propri target, compresi i telefoni cellulari».

Sul contenuto delle chat di Armanna, inoltre, i pm hanno chiesto conto all’hacker Calamucci di Equalize. Ma le sue risposte nel verbale di interrogatorio sono state omissate. Segno che è un tema sensibile sul quale sono in corso verifiche.

Servizi e zerbini

I magistrati all’epoca classificano la storia sui documenti anonimi, trovati da Speroni sotto lo zerbino di casa, come “inverosimile”. Poi a distanza di anni è proprio nelle carte di Equalize che emerge una possibile chiave di risoluzione sul mistero “zerbino”. Uno degli indagati infatti dice: «Montiamo tutta la pantomima, non lo sapeva nessuno, solo… Descalzi e Speroni… Speroni li trova sotto lo zerbino… Io posso vincere quasi il premio Oscar quando mi metto a fare ste cose… ti ho fatto un’indagine pilotata». C’è Equalize dietro questa storia? Perché Descalzi, ad del colosso, e Speroni «sapevano»?

Calamucci nel verbale del 16 gennaio dà una sua versione dei fatti: «Allora, io mi ricordo abbastanza bene questa vicenda perché Speroni ci raccontò in due fasi diverse di aver ricevuto due volte dei documenti sotto lo zerbino, una volta a sua detta li ha cancellati e buttati via, in realtà gli ha, ne ha tenuto una copia che ha consegnato a me a Carmine Gallo (…) Allora lo scopo ultimo, che ho capito dopo, per questo dico che è una pantomima, è che Speroni ci ha un pochettino indirizzato nel fare le relazioni» e cioè i report sui “nemici” di Eni, tra cui Armanna.

Da altri verbali emerge anche il presunto coinvolgimento, nelle richiesta dei report, da parte dello studio legale Dentons che ha annunciato querele. «I report eseguiti da Equalize - dice Calamucci - erano sostanzialmente dettati da Eni» e poi «mimetizzati dalla revisione dello studio legale Dentons» che «sapeva sicuramente come acquisivamo le informazioni».

Intanto per il caso “zerbino” le perplessità persistono: da un lato gli spioni, nonostante parlino di «lavoro da Oscar», se ne tirano fuori tirando in ballo nientemeno che Descalzi e poi Speroni; dall’altro emergono le chat di Armanna con un esponente della squadra “Fiore” che per qualcuno potrebbero rappresentare dei veri e propri depistaggi. Dove la sta la verità?

Di certo, sin dall’inizio delle indagini sulla società del manager Pazzali sono emersi i rapporti d’affari tra Eni ed Equalize. Per gli spioni Eni è un «cliente strategico»: sfiora i quattrocentomila euro il fatturato della società con il colosso partecipato dallo stato, con pagamenti che vanno da marzo 2022 a ottobre 2023.

Lo dimostrano le undici fatture di cui gli inquirenti danno conto in una delle informative redatte dai carabinieri di Varese e che, tuttavia, risultano essere successive al caso “zerbino” di cui gli indagati parlano in continuazione. Poi, a corroborare i legami tra Equalize ed Eni, le tracce, evocate sempre da alcuni degli indagati, sui vari dossier confezionati dalla centrale. Ad esempio quello sull’ex legale della società Piero Amara e sul suo partner in affari: l’imprenditore Mazzagatti, su cui Eni in una causa cercava sostegni alla tesi che fosse vicino alla ‘ndrangheta. Un altro report, inoltre, verte proprio su Vincenzo Armanna «per fargli una causa».

Dalle carte emerge, in ultimo, che le «attività per Eni avrebbero portato dei “guai” giudiziari per Gallo». Guai che, in base al racconto di Calamucci e come confermato in precedenza da Eni a questo giornale, sarebbe stata la stessa multinazionale a sobbarcarsi, con la corresponsione delle spese legali.

Gallo, nel frattempo, negli interrogatori, ha sostenuto che il pc con «tutto il materiale Eni» gli fosse stato rubato. Ed Eni ha fatto sapere a Domani che «non dispone di alcun verbale» e che «le dichiarazioni attribuite a Calamucci sono destituite di ogni fondamento e contrarie alla realtà dei fatti». Il colosso ribadisce di «non essere mai stato in alcun modo al corrente di eventuali attività illecite condotte da Equalize ed è pronto ad agire in giudizio nei confronti di chiunque sostenesse mentendo il contrario».

Di certo sul caso Eni- Equalize le verifiche continuano. Ma la ricerca della verità in questa storia di intrighi tra spie è operazione ardua.


Diritto di replica

In relazione all’articolo da voi pubblicato sulla vicenda Equalize, Eni, pur non disponendo di alcun verbale né essendo a conoscenza dei relativi contenuti di contesto o dettaglio, rassicura sul fatto che la Società (e men che meno il suo Amministratore delegato) non sia in alcun modo “spaventata” dalle vicende trattate nello stesso articolo. Anzi, proprio per contribuire alla ricerca della verità, Eni ha per lungo tempo e ripetutamente richiesto alle autorità inquirenti di condividere i contenuti del cellulare di Vincenzo Armanna, senza mai ottenere risposta positiva, e auspica tuttora che i reali contenuti possano emergere.

Eni si riserva di intraprendere le opportune vie legali nei confronti di qualunque dichiarazione diffamatoria nell’ambito della vicenda.

Ufficio stampa Eni

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