«A me scrivono donne che chiedono prestiti. E genitori che chiedono ferie asincrone per stare con i figli durante l’estate. E, a accrescere la tragedia, c’è anche che molti centri estivi a agosto chiudono». A parlare è Francesca Fiore, fondatrice con Sarah Malnerich di Mammadimerda, un progetto di divulgazione dissacrante e ironico, necessario visto che la narrazione ufficiale sulla maternità non rappresenta la realtà del paese.

«Un esempio concreto è il calendario scolastico italiano. Che prevede una delle pause estive più lunghe d’Europa: tra le 12 e le 14 settimane. Contribuendo, da un lato, alla perdita dei competenze degli studenti, dall’altro rendendo impossibile la conciliazione vita-lavoro per tante famiglie costrette a destreggiarsi tra campi estivi costosissimi e mancanza di alternative», spiega ancora Fiore prima di sottolineare come, infatti, il calendario che regolamenta il sistema d’istruzione sia vecchio.

Basato su una quotidianità che non esiste più, scandita dal ciclo del grano, per permettere anche a chi proveniva da famiglie contadine sia di frequentare le lezioni, sia di aiutare con la mietitura nei mesi estivi: «Oggi i tempi sono cambiati: a casa d’estate non c’è nessuno. Anche le madri lavorano o vorrebbero farlo. E pensate un po’? Persino le nonne, altro pilastro del welfare nostrano, non stanno più in sala a fare l’uncinetto ma sono occupate fino a quasi 70 anni».

Calendario da ripensare

Così, come spiega la cofondatrice di Mammadimerda, rimodellare il calendario scolastico sulla base delle esigenze reali dei cittadini sarebbe un passo fondamentale da fare per favorire la crescita dell’Italia. Visto che, nonostante i proclami del governo, l’occupazione femminile resta inferiore alla media europea, in particolare, quando le donne scelgono di essere anche madri.

Ma non basta solo ristudiare la distribuzione dei giorni di presenza a scuola per l’attività didattica. «Dobbiamo anche di tener a mente che l’estate è il periodo in cui i minori possono fare altre esperienze essenziali per la crescita: relazionali, ludiche, sportive, vistare luoghi che altrimenti resterebbero sconosciuti», chiarisce Valentina Rizzi, coordinatrice dell’unità programmi domestici dell’ong WeWorld.

Che – sia sulla base delle analisi del centro studi, sia dalle evidenze emerse dall’attività quotidiana portata aventi nei centri educativi del programma Frequenza 200 di WeWorld – spiega come siano parecchie, soprattutto nelle aree periferiche, le famiglie con background socio-economico vulnerabile che non si possono permettere né di andare in vacanza, né di mandare i figli ai centri estivi, che costano sempre di più.

A testimoniarlo anche l’ultimo studio di Adoc, l’associazione nazionale per la difesa e l’orientamento dei consumatori promossa da Uil, con Eures, secondo cui «altro che sostegno alla natalità»: i costi dei centri estivi sono aumentati del 12 per cento in un anno, di quasi il 23 per cento dal 2023. Così oggi una famiglia deve spendere 173 euro a settimana per mandare un figlio al centro estivo. In media. Perché, anche in questo caso, il divario nord-sud spacca il paese: a Milano, la città più cara, il costo medio settimanale è di 227 euro, i il doppio rispetto a Bari dove è di 109.

Senza piani

«La lunga chiusura delle scuole pone le numerose famiglie che non possono contare su un sostegno di altri familiari nella condizione di dover destinare ingenti risorse finanziarie per sopperire a quella che sembra essere un’anomalia tutta italiana», commenta, a margine dell’analisi, Anna Rea, presidente di Adoc, che evidenzia come i costi insostenibili e il mancato supporto mettano le famiglie in difficoltà.

«Per questo, abbiamo deciso di tenere aperti i centri educativi anche a agosto. E di introdurre una settimana in cui portiamo i minori in vacanza. Così ci siamo resi conto di quanti, ad esempio, abbiano nuotato in una piscina o soggiornato in hotel per la prima volta grazie ai nostri progetti». Come sottolinea ancora Rizzi, «il problema dell’estate», visto che la maggior parte dei lavoratori non ha più di due-tre settimane di ferie, si sta facendo sempre più urgente: «È necessario garantire spazi scolastici aperti al territorio, costruendo alleanze con enti locali e il terzo settore, per offrire agli studenti la possibilità di sviluppare competenze diverse rispetto a quelle didattiche».

Così dovrebbe succedere anche grazie al Piano Estate, introdotto nel 2021 dal ministro Patrizio Bianchi per supportare le scuole nell’organizzazione di attività opzionali per studenti. Che, però, funziona poco. Per la non efficiente gestione delle risorse, i ritardi e disguidi di comunicazione con scuole e famiglie e perché nella maggior parte degli edifici mancano i sistemi di ventilazione e condizionamento, presenti, infatti, in meno del 6 per cento degli istituti, secondo l’Osservatorio civico sulla sicurezza a scuola di Cittadinanzattiva.

«Un esperimento già testato in passato e mal riuscito, che ha mostrato diversi punti d’ombra», conclude Giuseppe D’Aprile, segretario generale di Uil scuola: «Non vorremmo che questo progetto portasse ad un aumento del lavoro delle segreterie e dei dirigenti scolastici, già oberati di lavoro e burocrazia, anche in quel periodo dell’anno».

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