Quello dei vaccini influenzali in Lombardia è un caos senza fine, tanto che anche la procura di Milano ha aperto un'indagine conoscitiva, al momento senza indagati, né titoli di reato, per l'acquisto delle fiale a prezzi superiori a quelli di mercato.

L'indagine si focalizzerebbe sul ritardo negli acquisti, oltre che sul numero esiguo di dosi antinfluenzali, da parte della regione guidata da Attilio Fontana. Ma quello che emerge dagli atti dell'Azienda regionale per gli acquisti, Aria, e che Domani ha avuto modo di verificare incrociando le tabelle Aifa sui vaccini autorizzati per la campagna vaccinale 2020-2021, è che la regione con la determina di aggiudicazione 566 del 4 settembre 2020 ha acquistato da Sanofi Spa, 168mila dosi di Efluenda al costo unitario di 25 euro.

Aifa però in uno dei suoi documenti, liberamente consultabili sul web, specifica che «Efluenda sebbene abbia ricevuto l'autorizzazione all'immissione in commercio, non è autorizzato per la stagione influenzale 2020».

Questo vuol dire che tra le dosi acquistate ci sono anche vaccini che non potranno essere somministrati, ma lo scarto tra i numeri ufficiali e la realtà non si esaurisce qui, perché anche l'ultima gara del 6 ottobre che avrebbe garantito altre 500mila dosi è stata sospesa.

Le 100mila dosi del farmaco cinese Split Virion offerte dalla società Life'on di Pomezia, non hanno le autorizzazioni Aifa per la messa in commercio in Italia e neppure il vaccino acquistato dalla Falkem Swiss al prezzo record di 26 euro a dose compare tra quelli autorizzati dall'agenzia del farmaco.

Velatamente, lo ha confermato anche il direttore generale Welfare della regione Lombardia, Marco Trivelli, tre giorni fa durante un incontro a palazzo Lombardia per fare il punto sulla campagna vaccinale, quando si è lasciato sfuggire che «ci stiamo impegnando a chiedere l'autorizzazione presso l'Agenzia del farmaco Aifa all'importazione di farmaci che poi Federfarma proverà ad acquistare». Insomma, la regione è ancora in alto mare.

Comprare, comprare, comprare

«Secondo le raccomandazioni del ministero della Salute la campagna vaccinale doveva partire il 1° ottobre e oggi, stando alle aggiudicazioni abbiamo dosi in consegna a fine novembre, senza contare che a conti fatti, viste le irregolarità abbiamo acquistato anche dosi non autorizzate. Hanno fatto un caos, speso soldi per acquistare qualunque cosa, a qualunque prezzo. A questo punto c'è da chiedersi se i 2,7 milioni di dosi di cui si parla siano un numero reale», dice la consigliera regionale del Pd, Carmela Rozza, che da mesi si occupa del pasticcio delle gare indette per i vaccini, vaticinando, invano, il disastro imminente.

Non aveva torto perché fin dalle prime gare indette a febbraio, era chiaro che l'acquisto non sarebbe stata una passeggiata. «Intanto, hanno indetto bandi per quantitativi insufficienti, che sono stati costretti a revocare, e solo alla quarta gara, a giugno, sono riusciti a comprare le prime 200mila dosi per adulti a fronte di 2,5milioni richieste. Già così eravamo in ritardo» dice la consigliera, carte alla mano.

Che la regione sia lontana dai target vaccinali, lo ammette essa stessa in una circolare del 2019, dove si legge «negli ultimi 5 anni la copertura per la popolazione lombarda over 65 anni è stabile attorno ai valori del 47-48 per cento e quindi inferiore al dato nazionale con però un aumento in valore assoluto del numero di vaccinazioni eseguite: nell’ultima stagione antinfluenzale (2018/2019 ndr) sono state eseguite 1.289.991 vaccinazioni, di cui 1.083.010 ai soggetti over 65 anni pari ad una copertura del 48,1 per cento.

Tale valore, seppur in crescita rispetto all’annualità precedente, resta ancora lontano dall’obiettivo minimo di copertura e impone un rinnovato impegno per il suo miglioramento».
Insomma, ben lontani dal 75 per cento invocato per raggiungere quella che in medicina si chiama «l'immunità di gregge», fondamentale soprattutto in un anno in cui la Lombardia e il mondo intero hanno a che fare con una pandemia che ha fatto più 36mila vittime in Italia, di cui quasi 17mila solo nella regione amministrata dal presidente Attilio Fontana.

Prevenzione necessaria

Il vaccino non è l'antitodo al Covid-19, ma serve per evitare confusione nella diagnosi iniziale della malattia, che mostra sintomi molto simili a quelli dell'influenza, ed evitare di effettuare tamponi inutili, con tempi di attesa sempre più lunghi per i responsi, come si sta verificando in questa prima fase di influenza stagionale.

Inoltre, con la curva dei contagi che negli ultimi giorni è tornata a salire (oggi i nuovi contagiati in Lombardia sono stati 1.100), l'attenzione e la preoccupazione è tutta sugli ospedali e il personale medico che ancora porta i segni fisici e psicologici della battaglia contro il virus.

Oltre che verso un sistema totalmente impreparato all'emergenza e che oggi non mostra segni di miglioramento nel caso dovessimo trovarci davanti a una seconda ondata. Ma il governo lombardo, non sembra preoccupato e dopo averli chiamati eroi, ha scaricato medici e infermieri. Non tutti, solo quelli del sistema sanitario accreditato che nella regione garantisce il 40 per cento delle prestazioni sanitarie e la gestione delle rsa, dove secondo la sottosegretaria alla Salute, Sandra Zampa, è venuto alla luce «un problema di diritti umani».
«La giunta Fontana è schizofrenica. Con una circolare del 17 agosto 2020 lasciava fuori gli operatori privati, poi in conferenza stampa, due giorni fa, ci dicono che con un contributo potranno vaccinarsi. Ma solo qualche giorno prima avevano bocciato a voto segreto una mia mozione che chiedeva le vaccinazioni anche per gli operatori del sistema sanitario accreditato. Ma tra gli atti e le parole aspettiamo di vedere i fatti» dice il consigliere di + Europa, Michele Usuelli, pediatra di professione che di queste cose se ne intende e accusa «questa è una regione che non impara dai propri errori, tanto vale per i camici acquistati da Fontana, quanto per i vaccini».

Fatto è che quest'anno quello con il vaccino influenzale era il primo appuntamento per la lotta al coronavirus che non andava bucato e al quale la regione è arrivata in ritardo e con dosi insufficienti. «Lasciare fuori i sanitari è criminale in una regione che ha contato 12mila infezioni da Covid e 76 decessi tra il personale degli ospedali e delle rsa» è il monito di Usuelli rivolto a una giunta che sembra aver dimenticato le immagini drammatiche che a marzo e aprile arrivavano dagli ospedali lombardi, Bergamo tra tutti.

Ma anche qui, i numeri vengono in soccorso. Per il personale medico e sanitario, la regione ha acquistato 168mila dosi a fronte di circa 500mila potenziali destinatari ed è chiaro che si punti tutto sulla scarsa adesione dei diretti inter

essati, non esistendo l'obbligo vaccinale. A conti fatti tra gare sospese e vaccini non iniettabili, oggi la regione ha a disposizione poco più di 2 milioni di dosi, (a fronte dei 2,7 milioni annunciati da Fontana e Gallera) che non basteranno neppure a vaccinare gli over 65, che secondo l'Istat nella sola Lombardia sono 2,9 milioni.

Da un paio di giorni la Lombardia è tornata a essere la regione con più contagiati, quindi non resta che affidarsi a quel "andrà tutto bene", ma con qualche perplessità in più.

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