Ci sono gli stati e ci sono i giganti di big tech. C’è la politica tradizionale e c’è Donald Trump. Oltre a sfidare il bipartitismo americano, come forza politica opposta al Partito democratico e ribelle a quello republlicano, l’ex presidente ha l’ambizione di ricavarsi un posto in una nuova fase geopolitica che Foreign Affairs ha chiamato “il momento tecnopolare”, versione aggiornata del famoso articolo “Il momento unipolare” di Charles Krauthammer del 1990 che certificava l’incontrastato dominio americano nel mondo post Guerra fredda. Esiliato dai territori digitali di Facebook per almeno due anni e da quelli di Twitter per sempre, Trump ha deciso di creare un nuovo spazio virtuale per i suoi sostenitori fondando una società nel campo della tecnologia, Trump Media and Technology Group e annunciando il lancio di un social media, TRUTH Social, ispirato al modello di Twitter. Truth, verità in inglese, è scritto in lettere maiuscole, in linea con l’abitudine che aveva Trump di usare il maiuscolo nel corso della sua carriera da commander in tweets.

Dopo la presentazione diffusa online mercoledì sera, la notizia del nuovo social ha fatto il giro del mondo in poche ore. Agli hacker di Anonymous ne sono bastate solo due per fare irruzione nella versione privata del social network, creando una serie di profili falsi registrati con username già noti nell’ambiente di ultradestra e cospirazionista, come quello dell’ex stratega della Casa Bianca Steve Bannon e quello di Ron Watkins, l’uomo sospettato di essere dietro alle teorie di QAnon. Ovviamente è stato creato un profilo anche per lo stesso Trump, che avrebbe così inaugurato il suo social postando un meme di maiali intenti a defecare. La facilità con cui gli hacker sono riusciti ad entrare nel sistema potrebbe avere a che fare con il fatto che TRUTH sarebbe una copia di Mastodon, un software per la creazione di social media libero e disponibile gratuitamente.

Il blog chiuso

Un inizio che non promette bene e fa pensare al fiasco del sito From the Desk of Donald J. Trump, dalla scrivania di Donald J. Trump, lanciato la scorsa primavera con l’obiettivo di riunire i sostenitori di Trump facendo concorrenza a Facebook e Twitter, ma poi finito per assomigliare più a un blog. E fa pensare anche a Parler, l’applicazione lanciata nel 2018 con la promessa di diventare uno spazio per la libertà di parola, senza la paura di essere “deplatformed” ovvero esclusi da una piattaforma per le proprie idee. Dopo le elezioni del 3 novembre 2020, di cui Trump si rifiutava di accettare il risultato, la popolarità di Parler è cresciuta al punto da raggiungere più di 13 milioni di utenti, divenendo anche uno spazio per parlare liberamente di elezioni rubate e per coordinare l’assalto a Capitol Hill avvenuto lo scorso 6 gennaio. In seguito Parler è stata messa offline per un periodo, poi è riapparsa.

Insomma TRUTH Social non rappresenta per Trump il primo tentativo di creare una potenza che possa entrare virtualmente in guerra con giganti della tecnologia come Facebook. In effetti Trump sa che è nel mondo digitale che il gioco si fa duro: è lì che può conquistare voti, ed è in quel mondo che è stato punito in modo esemplare da super potenze. Al contrario, nell’antico mondo governato dalla politica tradizionale, il Congresso americano non è ancora riuscito a censurarlo formalmente. A Capitol Hill il dibattito sulla condotta di Trump procede a rilento, ostacolato dalla maggioranza dei membri del Partito repubblicano. Giovedì la Camera ha votato per accusare Bannon del reato di oltraggio al Congresso, in seguito al rifiuto di quest’ultimo di testimoniare davanti alla commissione di inchiesta che indaga sui fatti del 6 gennaio. Il caso passa ora al dipartimento di Giustizia, ma Trump ha immediatamente offerto la sua lettura dei fatti con un post sul suo blog: «L’insurrezione è avvenuta il 3 novembre, il giorno delle elezioni, il 6 gennaio è stata la Protesta!» (P maiuscola).

Wall Street

Oltre allo spazio digitale, c'è un altro regno in bilico con la sfera immateriale in cui Trump spera di imporsi con la sua nuova iniziativa: il mondo della finanza di Wall Street. La Trump Media and Technology Group (Tmtg), fondata lo scorso febbraio e con sede in Delaware, uno degli stati americani considerati paradisi fiscali, dovrebbe essere presto quotata alla borsa di New York nell’indice Nasdaq. Nonostante bancarotte, debiti e vicende legali in corso che coinvolgono la Trump Organization, l’ex presidente potrebbe riuscire a concludere con successo l’operazione fondendosi con una Spac, acronimo per Special Purpose Acquisition Company. Come racconta il New York Times, la SPAC in questione, chiamata Digital World Acquisition, è stata fondata poco dopo le elezioni presidenziali del 2020 e da allora ha raccolto quasi 300 milioni dollari. Le Spac, strumento finanziario ormai comune, sono infatti dei veicoli di investimento quotati in borsa per raccogliere capitali con l'intenzione poi di fondersi con una società privata. Di fatto gli investitori mettono a disposizione capitali senza sapere dove andranno a finire. In questo caso, se non verranno ritirati, i capitali andranno a sostenere l'attività di quella che Trump spera di far diventare una nuova potenza nell’attuale assetto tecnopolare. Un ecosistema popolato da utenti “non cancellabili” per le idee che esprimono, che oltre a TRUTH Social avranno a disposizione un nuovo servizio di cloud alternativo a quello di Google, un canale di notizie, podcast e una piattaforma per lo streaming on demand di film e programmi “non woke”, ovvero contrari alla corrente politica e culturale attenta alle questioni di giustizia sociale. Al momento non esiste formalmente ancora nulla. TRUTH è stata attaccata prima ancora di essere accessibile: nei prossimi mesi sarà rodata da utenti selezionati su invito e verrà aperta al pubblico solo dal prossimo anno. Di chiaro in questa guerra ci sono solo i nemici, i giganti contro cui Trump lancia la sua sfida: oltre a Facebook e Twitter anche altri colossi come Netflix, Disney e Cnn. E un obiettivo: le elezioni del 2024.

 

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