Entrare in un carcere ad agosto è un’esperienza straniante. I lunghi corridoi in genere trafficati appaiono spogli e silenziosi. Gli agenti penitenziari sono avvolti da una nuvola di sopore, qualcuno sonnecchia sulla sedia, qualcun altro ascolta la radio per tenersi sveglio. L’impressione generale è che la svogliatezza e l’incuria, quelle che incombono sugli ambienti carcerari durante tutto l’anno, ad agosto prendano definitivamente il sopravvento.

La scuola carceraria durante la pausa estiva è utilizzata dai pochi detenuti iscritti all’università che nelle ore del mattino possono occupare le aule per preparare gli esami della sessione estiva. La temperatura delle aule-celle è infernale, il silenzio è spezzato dal ticchettio incessante delle infiltrazioni che sgocciolano sui banchi e sul pavimento, scrostano le pareti e rendono irrespirabile l’aria.

Tra parassiti e cibo marcio

Aprire le finestre serve a poco: le strutture carcerarie, vecchie e fatiscenti, moltiplicano l’afa estiva. L’aria è stantia, l’umidità imperversa e gli odori ristagnano. Le alte temperature associate ad elevati valori di umidità favoriscono il diffondersi di muffe e acari. Tra i detenuti sono molti i casi di scabbia. Si ha l’impressione di stare dentro un contenitore che marcisce a vista d’occhio. Un detenuto mostra la pelle arrossata da strane punture su tutto il corpo. Oltre alle zanzare, in parecchie celle dilagano le blatte.

Il cibo inviato dalle famiglie, in mancanza di un numero sufficiente di frigoriferi, si guasta velocemente e deve essere buttato. Nelle cosiddette “stanze di pernottamento” si suda in due, in quattro, in sei, uno sopra l’altro, stipati, col naso a pochi centimetri dalla branda superiore o dal soffitto.

Nel carcere milanese di Opera nelle scorse settimane i detenuti hanno protestato battendo pentole e stoviglie contro le sbarre delle celle. Chiedevano ventilatori. L’amministrazione ha risposto mettendo in funzione due ventilatori in corridoio per l’intera sezione. Una protesta simile è avvenuta a Napoli il 7 giugno scorso: fuori dal penitenziario di Poggioreale i familiari dei detenuti insieme agli attivisti hanno manifestato per denunciare le misere condizioni di vita in una delle carceri più sovraffollate del paese, dove sono ospitati 700 detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare: 2.200 anziché 1.500, in pratica il 50 per cento in più.

In galera l’estate è la stagione più dura e, nonostante il livello di malessere dipenda dalla struttura del carcere, dallo spessore delle mura e dalla posizione, il disagio riguarda tutti i penitenziari.

Materassi bagnati

Racconta un detenuto: «Sulla mia cella batte il sole fino a sera. Per riuscire ad addormentarmi mi stendo sul pavimento. Dopo un paio d’ore mi sveglio per il mal di schiena e mi trasferisco sulla brandina, dove sudo fino a bagnare addirittura il materasso. In sezione non ci sono lavatrici e ogni giorno laviamo a mano le lenzuola fradice di sudore».

Le celle delle prigioni italiane sono stanzini incandescenti dove le temperature possono raggiungere i 40 gradi. Ottenere un ventilatore è quasi impossibile. Il Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) ha permesso alle amministrazioni carcerarie di metterli in vendita, ma con molte limitazioni: le pale rotanti sono considerate pericolose e si prediligono i ventilatori a batteria dal momento che spesso nelle celle mancano le prese di corrente e, quando ci sono, si teme un sovraccarico dell’impianto elettrico.

Così solo un’esigua minoranza ottiene un minimo di sollievo dall’aria mossa da un ventilatore. Il resto della popolazione detenuta è condannato a rigirarsi nel letto senza riuscire a prendere sonno nell’afa soffocante. La situazione è tragica soprattutto per chi abita le celle che hanno da una parte finestre schermate da fittissime grate che impediscono quasi del tutto il passaggio d’aria, dall’altra la chiusura ermetica delle porte blindate.

Non c’è acqua

Anche la doccia è un lusso per la maggioranza dei detenuti: il 58 per cento delle celle nelle galere italiane ne è privo, malgrado il regolamento del 2000 desse tempo cinque anni al sistema carcerario per dotare di docce tutte le celle delle strutture penitenziarie. A Opera una sezione di 54 persone dispone di quattro docce, una delle quali è rotta. Le pareti circostanti sono ricoperte di muffa.

Ma c’è di peggio. In diverse carceri manca direttamente l’acqua. Come a Santa Maria Capua Vetere, dove la struttura penitenziaria non è collegata alla rete idrica comunale e si è affrontato il problema consegnando a ogni detenuto quattro bottiglie d’acqua al giorno. In altre galere l’acqua è razionata.

Non si tratta di una misura legata alla siccità straordinaria di quest’anno, ma di una situazione che si ripresenta ogni estate, senza che le amministrazioni intervengano in maniera organica con misure risolutive. Mancano i fondi per ristrutturazioni e bonifiche urgenti e si procede mettendo toppe su strutture che, anche se il modo di dire suona beffardo, fanno acqua da tutte le parti.

Passeggio soffocante

Nei regimi a celle chiuse, dove si è condannati a passare venti ore al giorno sulla propria branda, l’unico momento di respiro è rappresentato dal passeggio. Ma i cortili di cemento, su cui è concesso camminare per un paio d’ore la mattina e un altro paio subito dopo pranzo, più che un sollievo assomigliano a una forma di tortura supplementare. Niente prati a smorzare il riverbero del caldo o alberi sotto la cui ombra ci si possa riparare.

Alcuni detenuti passeggiano a petto nudo, bagnandosi di tanto in tanto con una bottiglietta d’acqua per resistere al caldo. I carcerati più anziani sono spesso costretti a rinunciare all’unica attività fuori dalla cella perché il sole delle due del pomeriggio risulterebbe per loro insostenibile.

L’agosto in galera è un tempo speso a boccheggiare, augurandosi che passi in fretta. Tutte le attività che alleviano la monotonia e l’angoscia della detenzione cessano. La scuola è chiusa, i laboratori e i seminari sono sospesi e sono pochissimi i volontari che attraversano le porte blindate delle strutture per raggiungere i detenuti. Chi lo fa è deriso più o meno benevolmente dalle guardie che non si stufano di chiedere se in agosto il malcapitato non abbia di meglio da fare che entrare in galera per il suo volontariato.

Più violenze

La mancanza di stimoli e di relazioni con gli esterni, insieme alle temperature infernali e all’insalubrità dell’ambiente, alimentano tensioni e disordini fra i detenuti. In estate si registra una crescita di eventi critici come risse e violenze, chiaramente collegati all’acuirsi dei sintomi di depressione e ansia.

Secondo gli ultimi dati del Consiglio d’Europa l’Italia si colloca al decimo posto tra i paesi con il più alto tasso di suicidi in carcere, dove l’incidenza del suicidio è 16 volte più alta che fuori. Quest’anno si sono già tolte la vita 39 persone detenute, una cifra che non si raggiungeva da oltre un decennio, e gli episodi di autolesionismo sono all’ordine del giorno.

La pena è inflitta anche ai visitatori, perlopiù parenti dei detenuti, che in molti casi si vedono costretti ad attendere per ore sotto il sole il turno del colloquio. Le file con genitori anziani, bambini ancora in fasce o donne incinte prese a sventolare ventagli ed asciugarsi il sudore descrivono un malfunzionamento e un’ingiustizia verso persone innocenti che, se durante l’anno è grave, d’estate si fa insopportabile nella sua insensatezza.

L’estate carceraria è insomma l’inferno dell’inferno. Il caldo non fa che esasperare problematiche antiche che vengono aggirate da decenni e per le quali non è sufficiente qualche intervento sporadico: sovraffollamento, strutture fatiscenti, lungaggini burocratiche, mancato rispetto dei diritti e della dignità delle persone detenute e insufficienza di attività rieducative. Tutte cose che con la calura di Ferragosto si vedono molto meglio.

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