A Roma, ormai un quarto delle chiamate gestite dall’Ares, l’azienda regionale che si occupa delle emergenze sanitarie, arrivano da pazienti Covid-19. Il volume di lavoro ha già superato quello toccato durante la prima ondata, nei mesi di marzo e aprile. E il volume di paziente inizia a mettere in difficoltà gli ospedali.

Il servizio di soccorso, che risponde al numero di telefono 118, è uno dei primi a finire in crisi quando i contagi vanno fuori controllo. A Bergamo, durante il picco della pandemia, le ambulanze rimanevano incolonnate per ore di fronte ai pronto soccorso, in attesa di un letto libero per scaricare i loro pazienti. Lucia De Vito, 59 anni, direttrice della centrale operativa del 118 di Roma e Provincia, racconta che la situazione non è ancora arrivata a questo punto, ma che il sistema comincia a essere sotto stress.

Qual è la situazione del servizio di emergenza nella città di Roma al momento?

Stiamo lavorando con carichi di lavoro molto importanti, ma il sistema nel complesso sta tenendo, grazie anche a un’implementazione di mezzi fatta per tempo in vista di questa nuova ondata pandemica.

Abbiamo qualche difficoltà, come avrete visto da alcuni articoli di stampa di questi giorni, con la presa in carico dei pazienti da parte delle strutture ospedaliere: circostanza che rischia di scoprire parti di territorio e di allungare i tempi di soccorso.

Quali sono le differenze tra la situazione attuale e il picco dell’epidemia a marzo e aprile?

Questa è una domanda che dovrebbe porre agli Ospedali, che hanno il polso della situazione rispetto ai pazienti ricoverati e al tasso di occupazione dei posti letto di terapia intensiva: dati necessari per effettuare una valutazione dei picchi pandemici.

Per quanto riguarda il nostro lavoro, stiamo lavorando di più rispetto ai mesi di marzo e aprile. Questo perché il lockdown, con l’imposizione di limitazioni degli spostamenti, aveva praticamente azzerato gli incidenti stradali che, in una grande metropoli come Roma, costituisce uno dei motivi principali di chiamata al 118.

Quante chiamate dovete gestire normalmente e com’è cambiata la situazione durante l’emergenza?

La Centrale Operativa 118 di Roma gestisce mediamente 1.500 chiamate di soccorso al giorno. In questo mese di ottobre, rispetto a ottobre 2019, abbiamo visto un incremento di circa il 10 per cento delle chiamate: incremento significativo soprattutto nelle ultime settimane del mese. Quello che balza agli occhi è la diversa “composizione” delle chiamate. Se a ottobre 2019 le chiamate per patologia respiratoria e infettiva costituivano circa il 3 per cento del totale, adesso questo tipo di chiamate raggiunge il 25 per cento: praticamente, una chiamata su quattro è riferibile a pazienti con sintomatologia simil Covid-19.

Quale procedura seguite in caso di chiamate Covid-19 e quali sono i vostri tempi di risposta?

Bisogna specificare che sono chiamate di persone che comunicano sintomi compatibili con un’infezione da Covid-19. La valutazione va fatta caso per caso, anche perché il primo interlocutore del cittadino che presenta questi sintomi deve essere il proprio medico curante: cosa che invitiamo a fare, quando la sintomatologia non comprometta i parametri vitali del paziente. Va ricordato che il servizio 118 è un servizio di emergenza-urgenza sanitaria, che va chiamato prioritariamente in presenza di situazioni che mettano a rischio le funzioni vitali del paziente.

Fatta questa premessa, la procedura di presa in carico del paziente positivo, o del paziente sintomatico con assenza di diagnosi che necessita comunque di essere trasportato in ospedale, prevede la comunicazione al mezzo di soccorso del triage telefonico effettuato, con l’indicazione ai nostri operatori del territorio di indossare gli idonei dispositivi di protezione individuale durante l’assistenza. La procedura prevede poi il trasporto in ospedali che siano attrezzati per il trattamento di pazienti Covid-19 e la successiva sanificazione del mezzo di soccorso, prima di essere riattivato. L’intera procedura richiede una durata maggiore, rispetto a quella eseguita per un soccorso “normale”: cosa che inevitabilmente allunga il tempo medio di attività del mezzo di soccorso sul singolo intervento.

Il lavoro degli operatori del 118 può essere molto stressante, come sta affrontando la situazione il vostro personale?

Molto bene. Credo che tutta la cittadinanza dovrebbe ringraziare le nostri operatrici e i nostri operatori per il lavoro che svolgono in favore della collettività. È vero che stiamo parlando di professionisti sanitari, ma non dimentichiamo che dietro il professionista c’è comunque un essere umano che, come tutti noi, ha le proprie paure.

Avete avuto casi di Covid-19 nel vostro personale?

Sì, come in tutte le strutture sanitarie nazionali. Per fortuna sono stati molto pochi, grazie a una politica di forte osservanza delle regole di prevenzione e a screening che vengono effettuati con costanza e tempestività.

Che tipo di chiamate ricevete?

Diciamo che, in questa seconda ondata, gli utenti appaiono più consapevoli di cosa sia la malattia e preparati su quali siano gli interlocutori da contattare in caso di problemi. Niente a che vedere con le chiamate di febbraio e marzo, in cui ci venivano poste domande di tutti i tipi: dalla possibilità di giocare a calcetto con gli amici, alle richieste su località sicure in cui fare il weekend, fino alla possibilità di essere contagiati dagli animali domestici.

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