A qualche mese dalla definitiva assoluzione nel processo milanese nel quale si ipotizzava il pagamento di tangenti in Algeria, l'ex amministratore delegato di Saipem Pietro Tali torna al centro di un'indagine penale, condotta dalla procura di Pavia, con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata alla frode ai da pnni dello stato. E per questo motivo il gip di Pavia ne ha ordinato gli arresti domiciliari insieme ad altri cinque coindagati. Per altri cinque indagati è scattato, invece, solo l'obbligo di firma.

Le presunti truffe sono avvenute nel settore delle biomasse, un metodo di produzione di energie alternative che negli ultimi anni è stato molto sovvenzionato dallo stato tramite il Gse, l'ente che materialmente eroga gli incentivi in questo campo.

Il gip di Pavia ha anche disposto il sequestro per «equivalente» di 143 milioni di euro, pari al prezzo del profitto del reato accumulato dal 2012 fino a ora dalla Biomasse Olevano (Biolevano), la società della provincia di Pavia che produce e vende energia “green” al centro di questa ennesima storia di frodi nelle rinnovabili. I 143 milioni sono stati erogati negli anni dal Gse e rappresentano il triplo di quanto incassava la società dalla vendita di energia. Una proporzione che dà il senso di quanto siano appetibili gli incentivi statali, che permettevano all'azienda di poter fare buoni utili.

Il meccanismo della presunta truffa girava intorno al concetto di «filiera corta» di approvvigionamento del legname da bruciare nella centrale per produrre energia. Il legname dava diritto al massimo incentivo possibile se proveniva da una distanza inferiore ai 70 chilometri dall'impianto.

Questo è quel che facevano risultare la Biolevano e le aziende fornitrici entrate in questa inchiesta, anche se le provviste arrivavano da ben più lontano e perfino dall'estero. Se l'azienda avesse ottenuto gli incentivi ai quali avrebbe potuto legittimamente accedere, i suoi bilanci sarebbero stati quasi sempre in rosso nella annualità verificate dagli inquirenti. Biolevano, e altre due società funzionali alla truffa, sono state sequestrate.

«La centrale di Olevano Lomellina» scrive il gip nell'ordinanza, «è stata usata da un'associazione per delinquere per commettere una serie continuata e aggravata di truffe, con il sospetto, espresso a chiare lettere dal pubblico ministero, che sia stata sin dall'inizio progettata e costruita con il solo scopo di accedere ai cospicui incentivi pubblici e che, per raggiungere tale obiettivo, delle menti criminali abbiano messo in conto, già in fase di studio del progetto dell'opera, di ricorrere a tutte le condotte necessarie, lecite o illecite, pur di garantirsi il più appetitoso utile, ciè quello derivante dal contributo pubblico».

Per il procuratore capo di Pavia Mario Venditti e per il pm Paolo Mazza anche altre centrali del genere sarebbero nella stessa condizione e novità potrebbero essere comunicate in futuro.

Sempre nell'ambito di quest'indagine, la Guardia di Finanza di Pavia ha anche proceduto a un accesso presso la sede di Maire Tecnimont, la società quotata alla borsa di Milano proprietaria direttamente del 60 per cento della Biolevano fino al 2015, prima di cedere questa quota a una srl riferibile alla famiglia Tali.

La società incriminata, peraltro, anche dopo la cessione ha continuato ad mantenere la sede allo stesso indirizzo del quartier generale di Maire ed essere gestita di fatto da Pietro Tali, definito «deus ex machina» dal gip e che sul suo profilo Linkedin si autodefinisce «senior advisor Tecnimont». Maire, in una nota inviata a Domani, ha specificato di detenere al momento il 30 per cento di Biolevano (un consigliere d'amministrazione di Maire è anche nel cda di Biolevano) senza essere «coinvolta nella gestione operativa della società e dell’impianto».

La precisazione di Maire Tecnimont 

In merito a quanto erroneamente riportato nell’articolo si segnala che a partire della cessione, la sede della Biolevano Srl non è più presso la sede del Gruppo Maire Tecnimont, come di prassi in qualsiasi operazione di dismissione.

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