Il raggio verde giunge dagli spalti del Parco dei Principi e lo illumina dopo il gol del 3-0. Kylian Mbappé ha appena chiuso una partita senza storia di un campionato che difficilmente ne avrà una, e quella luce laser che gli pittura il volto è segno di come stiano le cose fra il calciatore più forte degli anni Venti e il mondo Psg: un patto di mutua convenienza.

Lui sa che deve rimanere lì fino al termine della stagione e dare il meglio di sé, soprattutto per sé. E il mondo Psg sa che se Mbappé dà il meglio per sé ci sarà speranza per tutti di vincere qualcosa che sia meno magra della Ligue1. Un campionato in cui il volenteroso Lens visto sabato sera dovrebbe essere pure una delle rivali più insidiose (nella scorsa stagione i Sang et Or sono arrivati secondi a un solo punto dai parigini) e che invece deve dirsi pure fortunato di essere stato sconfitto con un punteggio decente (il 3-1 finale è pura impostura), quando invece i gol al passivo sarebbero potuti essere almeno il doppio. Sicché quel raggio verde ha avuto quasi il significato di una luce di scena: faro puntato sul mattatore che ha appena messo il sigillo alla partita.

Soltanto pochi minuti prima il laser era stato puntato su Angelo Fulgini, ma con tutt’altra intenzione. Il centrocampista del Lens si apprestava a battere un calcio di punizione dal limite, quando il punteggio era ancora sul 2-0 e c’era possibilità di riaprire la gara. Punizione battuta male e giocatore infastidito al momento di uscire dal campo, sostituito subito dopo, con lamentela nei confronti del quarto uomo. Ma così va negli stadi di molti paesi d’Europa e nei tempi recenti quelli francesi sono fra i più ingovernabili.

Entrando dalla porta laterale 

Proprio l’atteggiamento dei tifosi nei confronti dell’idolo era l’incognita della vigilia: come avrebbe reagito il Parco dei Principi nei confronti dell’idolo che pensa soltanto a andarsene, e che rimane soltanto per liberarsi gratis a fine stagione? La risposta ambientale dice di un’accoglienza che inizialmente è stata non ostile, con atteggiamento di distacco che man mano si è sciolto a suon di gol e numeri di alta classe. Ma c’era anche l’incognita opposta: come avrebbe reagito Mbappé? Risposta: ha reagito da Mbappé, come soltanto un fuoriclasse sa fare. Mostrando forza mentale prima che tecnica.

Molti, al suo posto, sarebbero entrati in campo con voglia di strafare per tacitare i critici. Lui invece ha cominciato a giocare al servizio della squadra, con un piglio da gregario. Nel tridente del Psg è stato piazzato a sinistra, lui che dei tre è il più attaccante, con Asensio al centro (bellissimo il suo gol che ha sbloccato la partita) e Dembele a destra. Così ha disposto Luis Enrique, un allenatore che ha da alimentare i suoi integralismi e che in questi giorni si bacia i gomiti per non essersi ritrovato ancora sulla panchina della nazionale spagnola, perchè gli sarebbe toccato prendere pubblicamente posizione sullo scandalo che travolge il presidente federale Luis Rubiales.

Col piglio da gregario Mbappé ha iniziato la gara giocando semplice, di prima. Ma è stato solo un modo per entrare progressivamente nella partita da una porta laterale, prendendosi la scena con prepotenza perché non poteva non essere sua. E in quella squadra di solisti dalla scarsa leadership l’attaccante che si è promesso al Real Madrid ha reso chiaro cosa significhi essere fuoriclasse. Scambi in velocità, assisti, tiri a ripetizione sempre pericolosi, una conclusione acrobatica che per poco non è stata la fotocopia del meraviglioso gol segnato nella finale mondiale in Qatar contro l’Argentina.

E due gol per lasciare traccia negli almanacchi. Invero il terzo, quello che gli è valso il raggio verde, non è stato memorabile: un tiraccio deviato due volte, prima una carambola fra le gambe di Gradit e poi un tocco di mano di Danso. In epoche maggiormente rispettose della verità sportiva questa marcatura sarebbe stata annotata come autogol, ma tant’è.

Bellissimo invece il primo (quello del 2-0) per azione e esecuzione: una manovra splendida per velocità, geometria e potenza, conclusa con un tocco di piatto che ha sprigionato la forza di uno shoot. Abbagliante. Era il minuto 52 di gara e lì ogni ipotesi di ostilità coi tifosi è stata chiusa. Se davvero si deve convivere da qui al 30 giugno 2024, che si dia il massimo da tutte le parti. Lui più di chiunque è pronto a farlo.

Matrimonio d’interesse

Lo hanno capito pure i proprietari qatarioti del Psg, che vivono questo anno 2023 come l’ingresso in una nuova fase della loro crescita come potenza geopolitca e sportiva.

L’anno 2022 si era chiuso col raggiungimento di un apice che pareva l'ingresso in un nuovo stadio di grandezza: il successo organizzativo, politico e comunicativo del mondiale casalingo aveva lasciato in dote anche una consapevolezza accresciuta riguardo alla forza del Psg.

Due suoi calciatori (Leo Messi e Kylian Mbappé) erano stati i protagonisti dell’epica finale fra Argentina e Francia. Aggiunti al terzo tenore (Neymar) in una squadra costruita per vincere anche in Europa, davano un senso d’invincibilità per la ripresa della stagione di club interrotta in modo anomalo nel mezzo del suo svolgimento. Invece la realtà ha dato risposte spietate. Il Psg ha fallito un’altra volta in Europa e ha vinto la Ligue 1 per un soffio. E al termine della stagione due dei tre tenori (Messi e Neymar) hanno preferito migrare verso campionati emergenti piuttosto che insistere nella frutrante caccia alla Champions League.

Se ne sarebbe andato il terzo tenore, se non fosse che il plenipotenziario delle politiche sportive dell’emirato, Nasser Al Kehlaïfi, ha stoppato tutto e non demorde dall’intenzione di far rinnovare il contratto di Mbappé con offerte indecenti. Ma quest’anno 2023 è stato per i qatarioti un momento di rigerarchizzazione geopolitica, sia nel calcio che fuori dal calcio.

L’esagerato protagonismo dei sauditi ha ristabilito un ordine geopolitico regionale e cambiato le mappe economiche e mentali del calcio globale. In quelle mappe il Qatar è stato clamorosamente oscurato, a meno di un anno di distanza dal mondiale casalingo. E in questo senso, il fallito tentativo di dare la scalata al Manchester United è stato un segno non incoraggiante.

L’impressione che si ricava dalle vicende di questa estate è che nelle stanze della Qatar Sports Investments (QSI) abbiano preso rapidamente coscienza del mutamento di quadro. Del resto, sfidare il colosso saudita sarebbe improponibile. L’avanzata di Riad era solo questione di tempo. Dunque per l’emirato si tratta adesso di consolidare il patrimonio di geopolitica sportiva acquisito e procedere per ulteriori e misurati gradi di crescita. I qatarioti si sono appena annessi il padel mondiale e nel 2027 ospiteranno i mondiali di basket. In questo nuovo quadro della situazione, il Psg continuerà a essere una potenza del calcio europeo ma si muoverà con maggior ragionevolezza. Chi non vuol rimanere, se ne vada. Ma finché rimane a Parigi dia il massimo.

La logica del matrimonio d’interesse, che deve produrre utilità fino a quando dura. Mbappé e QSI l’hanno capito e agiscono di conseguenza.

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