Ieri, l’autorità farmaceutica europea Ema ha approvato l’utilizzo del vaccino Moderna per la fascia d’età 12-17 anni. Moderna si aggiunge così a Pfizer, fino a questo momento l’unico vaccino autorizzato anche per i minorenni (nessun vaccino è ancora autorizzato per i minori di 12 anni).

Si tratta di una novità arrivata giusto in tempo. A partire dal prossimo 6 agosto, infatti, tutti i maggiori di 12 anni dovranno esibire un green pass rilasciato in seguito alla somministrazione della prima dose di vaccino per frequentare attività al chiuso, come ristoranti e palestre.

In Italia, circa il 28 per cento dei ragazzi e delle ragazze nella fascia d’età 12-18 anni già ha ricevuto almeno una dose di vaccino. Campania e Lombardia sono le regioni in cui i giovani si sono vaccinati di più, con il 35 per cento di vaccinati, mentre l’Umbria, con il 12 per cento, è quella che ne ha vaccinati di meno.

Molte altre famiglie però sono preoccupate all’idea di vaccinare i propri figli e temono che gli effetti collaterali della vaccinazione possano superarne i rischi. Con l’entrata in vigore del nuovo green pass che si fa sempre più vicina cresce anche l’incertezza su come comportarsi.

I rischi

I problemi che AstraZeneca e gli altri vaccini a vettore virale possono causare ai più giovani sono conosciuti e hanno portato in quasi tutta Europa a una serie di limitazioni al loro utilizzo.

Ma nel corso dell’estate nuovi sospetti si sono accumulati anche nei confronti dei vaccini a mRna come Pfizer e Moderna dopo che nuovi effetti collaterali erano stati segnalati dalle agenzie vaccinali di diversi paesi.

Lo scorso 9 luglio, l’Ema ha pubblicato i risultati di un’indagine durata circa un mese su un particolare tipo di effetto collaterale: due diverse forme di infiammazione del muscolo cardiaco e dei tessuti che lo circondano, la miocardite e la pericardite.

Le miocarditi e le pericarditi insorgono in genere entro 14 giorni dalla vaccinazione e colpiscono in particolare i giovani maschi. In cinque casi esaminati da Ema, la malattia ha causato il decesso della persona colpita, ma l’agenzia specifica che si trattava di persone in età avanzata o con altre patologie. Negli altri casi, trattamenti medici o il semplice riposo, hanno portato a un decorso favorevole della malattia.

In tutto sono stati segnalati e analizzati circa 300 casi in tutta Europa, su circa 200 milioni di vaccini somministrati: in proporzione, meno della rara forma di trombosi associata a vaccini come AstraZeneca, che è anche molto più pericolosa. 

Alla fine del suo rapporto, l’Ema ha confermato che anche in questa circostanza il beneficio della vaccinazione è superiore ai rischi.

Covid e giovani

Una delle ragioni che spiegano la preoccupazione dei genitori nel vaccinare i propri figli è che il Covid colpisce poco i più giovani. Secondo uno studio condotto in 26 paesi sui dati della prima ondata di Covid-19, soltanto lo 0,14 per cento dei bambini infettati dalla malattia sviluppa una qualche forma di infiammazione pericolosa. I benefici della vaccinazione, quindi, sono molto meno chiari nei più giovani.

I sostenitori dell’importanza di vaccinare anche i più giovani, come l’Associazione pediatrica americana e un gruppo di pediatri italiani che ha sottoscritto una lettera aperta, sottolineano però che numeri così bassi non sono da ignorare.

I bambini, inoltre, sono vulnerabili a una sindrome post Covid chiamata Mis-C. Si tratta di un’infiammazione potenzialmente mortale che colpisce il cuore e altri organi e colpisce bambini durante o dopo un’infezione da Covid-19.

Si tratta di una complicazione della malattia molto rara: alla fine dello scorso maggio, negli Stati Uniti erano stati riportati soltanto 3.700 casi di Misc-C su oltre 4 milioni di minorenni infettati. Ma ricorda che, in alcuni rari casi, il Covid-19 è pericoloso anche per i più giovani.

C’è poi l’altra questione fondamentale, ossia quanto i bambini contribuiscono a diffondere la malattia se non vengono vaccinati. Una questione purtroppo ancora «fortemente dibattuta» tra gli scienziati, come ha ricordato la rivista Nature.

Cosa fanno gli altri paesi

L’introduzione del green pass in Italia probabilmente contribuirà a spingere molto famiglie a vaccinare i propri figli tra i 12 e i 17 anni. La Francia e alcune regioni autonome della Spagna stanno percorrendo una strada simile, introducendo il green pass come requisito per svolgere una serie di attività anche da parte dei più giovani.

Negli Stati Uniti non ci sono green pass, ma associazioni mediche e i Centers for disease control raccomando la vaccinazione di tutti gli over 12. La spinta è così forte che alcuni stati e organizzazioni non governative hanno adottato soluzioni per consentire la vaccinazione anche a quei minorenni a cui famiglie scettiche sui vaccini vorrebbero impedirlo.

Altri stati, invece, hanno fatto scelte diverse. Lunedì, il comitato di consiglieri scientifici del governo britannico (Jcvi) ha pubblicato un parere in cui «non raccomanda» la vaccinazione ai minori di 18 anni, tranne che per quelli affetti da particolari malattie.

In Germania, lo Stiko, l’equivalente tedesco del Jcvi, ha emesso un parere simile, ma ha lasciato aperta la possibilità di vaccinare chiunque abbia più di 12 anni dopo un colloquio con il medico sui potenziali effetti collaterali.

C’è infine un’altra ragione per non vaccinare i più giovani, che ha più a che fare però con le scelte della politica che con quelle delle singole famiglie. Quando lo scorso maggio alcuni stati hanno iniziato a parlare della possibilità di vaccinare i più giovani, il direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus ha ricordato che «nei paesi a medio e basso reddito, la fornitura di vaccini non è sufficiente nemmeno vaccinare medici e infermieri». Ha quindi pregato i governi di «ripensarci» e di donare le dosi destinate agli adolescenti ai paesi più poveri.

Non in molti, fino ad ora, lo hanno ascoltato.

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