Forse, per orientarsi meglio nell’attuale dibattito sul parziale obbligo vaccinale e il green pass, una piccola storia dei vaccini può risultare utile. Non tutte le culture che si sono susseguite sulla Terra hanno usato vaccini. E in certe culture il vaccino, invece di essere considerato un obbligo, è stato piuttosto considerato un privilegio.

Il ritrovamento nelle tombe dei faraoni di alcune fiale di vaccino, con le relative siringhe, in modo che il faraone potesse vaccinarsi al momento di intraprendere il suo lungo viaggio nell’aldilà, per arrivare nell’aldilà già immunizzato dalle principali malattie del tempo, ci ha obbligato a retrodatare di alcune migliaia di anni la data di scoperta dei vaccini.

A quanto pare la realizzazione dei vaccini era troppo costosa o complicata per la tecnologia dell’Egitto del 2000 avanti Cristo: soltanto i faraoni avevano la possibilità di vaccinarsi. Alcuni egittologi però sostengono che non fosse un problema tecnologico e che si trattasse piuttosto della più squisita manifestazione dell’ideologia del tempo: soltanto il faraone avrebbe avuto diritto a una eternità completamente immune. I sacerdoti, i nobili, gli artigiani e il popolo non avevano diritto all’immunità eterna. Riassumendo, già nel 2000 avanti Cristo il vaccino esiste, ma è un privilegio destinato a pochissimi.

Greci, Fenici e legionari

Greci e Fenici invece, a quanto pare non si sono mai interessati ai vaccini, né per quanto riguarda la realizzazione di vaccini né per quanto riguarda la loro commercializzazione. Erano probabilmente più interessati all’antibiotico, ma non sono mai riusciti a realizzarlo.

Il vero salto di qualità avviene nella tarda Roma repubblicana. Siamo al tempo della guerra sociale. In occasione di una diffusa epidemia virale, che falcia i legionari come se fossero spighe di grano maturo, per protesta, l’esercito si ritira una nuova volta sull’Aventino e sciopera. I nullatenenti si associano ai legionari e scioperano anche loro.

L’urlo della folla unita è: «Non panem sed vaccinum volemus (vogliamo i vaccini, non il pane)». Anche gli alleati italici (i nemici) incrociano le braccia e rivendicano il diritto al vaccino. La guerra ristagna. Il Senato si pone il problema: 1) se vaccinare tutti i cittadini romani, compreso i nullatenenti; 2) se estendere la fornitura di vaccini anche ai nemici, gli alleati italici, che oltre a rivendicare la cittadinanza romana adesso rivendicano anche loro il diritto alla vaccinazione; 3) se rendere la vaccinazione obbligatoria per chiunque voglia combattere, o lasciarla volontaria.

Il manipolo, con tutti questi gruppetti di legionari più uniti fra di loro che una coppia di amanti, appare come una formazione che favorisce fortemente la diffusione del contagio. Inoltre, come fa notare a tutti Plinio il vecchio, è tipico della natura dello scontro bellico che i soldati, nel pieno della battaglia, rotto l’ordine dello schieramento iniziale, mentre mischiati si affrontano nel corpo a corpo, siano soliti urlare e sputazzare, producendo droplet in gran quantità.

Per questo motivo vaccinare buona parte dei propri, senza aver vaccinato anche i nemici, potrebbe portare a benefici molto minori di quanto ipotizzato. Quindi Plinio suggerisce di vaccinare tanto i propri soldati quanto i soldati nemici. Oppure, come invece suggeriscono Cicerone e Catilina, separare l’esercito romano e quello dei nemici italici in vaccinati e non vaccinati, e autorizzare soltanto scontri di romani vaccinati contro italici vaccinati, e di romani non vaccinati contro italici non vaccinati.

Il che però avrebbe obbligato i romani a riorganizzare tutti i manipoli in modo che i componenti dello stesso manipolo fossero o tutti vaccinati o tutti non vaccinati, e pretendere lo stesso comportamento da parte dei nemici italici. Ricordiamoci che Catone apriva i suoi discorsi in Senato con la frase «vaccinus obbligum est (vaccinarsi è obbligatorio)» e concludeva poi con la famosa frase «Covidus delendo est (il Covid va brutalmente eradicato)», ma che è anche noto come gli rispondesse Cesare, la cui posizione era più pragmatica, attraverso il motto «vaccinus bona res est (vaccinarsi è una buona cosa)».

A entrambi rispondeva Clodio, una specie di antenato degli attuali No-vax, urlando «vaccinum non bona res, sed venenum est (il vaccino non è una buona cosa ma un veleno)». Poi, lo sappiamo tutti, seguono anni turbinosi, pieni di scontri, nei quali nuove pandemie virali spadroneggiano, anche grazie alle discontinuità di governo e alla mancanza di un centro politico solido.

Da Spqr a Spqv

È soltanto dopo qualche decennio che Augusto, ristabilendo l’ordine nell’Impero, decreta la vaccinazione obbligatoria e sostituisce il ben noto acronimo Spqr (Senatus populusque romanus) con un più utile al momento Spqv (Senatus populusque vaccinatus). E anche gli imperatori più strampalati e mal visti come Nerone, Caligola ed Eliogabalo lo confermeranno.

La vaccinazione rimarrà obbligatoria fino all’affermarsi del cristianesimo. Adesso la situazione cambia. Prima Costantino renderà la reliquia equipotente al vaccino, in modo che ogni cittadino dell’Impero possa scegliere se vaccinarsi o possedere una reliquia.

Poi Teodosio, che si appoggia sui risultati delle ricerche dell’equipe di virologia della imperiale facoltà di medicina di Costantinopoli, che riesce a dimostrare una più potente protezione immunizzante della reliquia rispetto al vaccino, abolirà definitivamente la vaccinazione e renderà obbligatorio per tutti i cittadini dell’impero il possesso di reliquie.

Per questo motivo lo stato si impegnerà a produrre in gran quantità, e metterà in commercio a prezzi calmierati, reliquie di santi minori ma di garantita protezione immunizzante. I Germani arricchiranno ulteriormente le pratiche immunizzanti in uso nell’area mediterranea. Come sappiamo le loro compagini statali leggere e ridotte non erano in grado di garantire una grande produzione di reliquie a prezzi calmierati, adatta a soddisfare i bisogni di una popolazione molto numerosa, ma i migliori virologi Goti, Vandali e Franchi si metteranno subito al lavoro e riusciranno a realizzare l’ordalia e a dimostrarne scientificamente il potere di protezione immunizzante che essa produce.

Un’ordalia, le cui procedure siano eseguite nel pieno rispetto della regola, come dimostrano per primi i ricercatori vandali, risulta essere ancora una volta esattamente equipotente a una reliquia realizzata a partire dal corpo di un santo di media importanza. L’esperimento viene ripetuto con successo più volte anche dai più citati virologi Goti e Franchi. Si apre quindi un’epoca di più di un millennio in cui, dimostratane l’equipotenza, al posto dei vaccini per immunizzarsi si ricorre di preferenza a ordalia e reliquie.

La situazione, come tutti sanno, rimarrà pressoché immutata fino al tardo illuminismo e allo sviluppo della biologia scientifica. E il resto è cosa nota. Il Novecento sceglie decisamente il vaccino, e anch’io per la verità mi sono vaccinato; ma nulla vieta, per raggiungere un’immunizzazione ancor più potenziata, di procurarsi una piccola reliquia e farsi un’ordalia.


Il 7 ottobre esce in libreria, nella collana Oceani della Nave di Teseo, La vita in ordine alfabetico, l’ultimo romanzo di Ugo Cornia (pp. 224, 17 euro), il primo pubblicato per la casa editrice. Una enciclopedia sentimentale di piccole e grandi storie da una provincia mitica, remota e vicinissima, tra eroi improvvisati e urgenze indifferibili.

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