La nota per i genitori è partita prima dell’avviso pubblico: il ministro ha scontentato tutti, primi tra tutti i presidi. Ma restano problemi strutturali, come i costi e il fatto che il Piano Estate, che nasceva come misura emergenziale in pandemia, organizza comunque attività per i ragazzi nei caldi centri città
La comunicazione del Piano Estate, inviata dal governo direttamente ai genitori, scontenta tutti. E il ministero dell’Istruzione e del Merito (Mim) è costretto a fare marcia indietro, cancellando la nota che era stata pubblicata nei registri elettronici delle famiglie.
Creato nel 2021 con l’obiettivo emergenziale di recuperare gli apprendimenti e la socialità perduta durante la pandemia, il Piano Estate ha la finalità di realizzare attività educative e ricreative rivolte agli studenti durante il periodo estivo. Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha pensato bene di informare le famiglie del suo avvio per il 2025, con la nota 80941 del 22 maggio scorso, pubblicando solo il giorno seguente, però, l’avviso pubblico, senza ragguagliare prima i dirigenti scolastici.
Così facendo, ha dichiarato l’Associazione nazionale presidi (Anp), il Mim ha «sollevato un forte e condivisibile malumore tra i presidi», pertanto l’organizzazione sindacale dei dirigenti scolastici «si è tempestivamente attivata, interloquendo ai massimi livelli già durante la mattina di sabato 24 maggio, accertando che la mancata comunicazione era da imputarsi solo a un banale quanto deprecabile disguido amministrativo.»
Errore tecnico o violazione delle norme?
Il 22 maggio, dunque, il ministro Valditara ha scritto direttamente alle famiglie, informando i «Cari Genitori» che con il suo decreto dell’11 aprile 2024 «sono stati stanziati 400 milioni per finanziare attività ricreative, di potenziamento delle competenze, di socialità per il periodo di sospensione estiva delle lezioni (c.d. “Piano estate”), per gli anni scolastici 2023-2024 e 2024-2025», precisando che i fondi, provenienti in parte dal Fondo Sociale Europeo plus (Fse+), «sono risorse importanti per offrire preziose opportunità agli studenti nella convinzione che sia fondamentale rendere la scuola un luogo di aggregazione soprattutto per i bambini e i ragazzi che, in estate, perdono un punto di riferimento fondamentale e non possono contare su altre esperienze di arricchimento personale e di crescita a causa delle esigenze lavorative dei genitori o di particolari situazioni familiari.»
Il capo dipartimento del Mim, Nando Minnella, ha definito la comunicazione di questa nota ai genitori prima che ai presidi «un mero errore tecnico». In effetti, non si capisce come le famiglie avrebbero potuto «rivolgersi all’istituzione scolastica presso cui sono iscritti i propri figli per poter accedere al programma “Piano estate”», come ingiungeva loro il ministro Valditara al termine della sua nota, essendo ancora le scuole sprovviste dell’avviso pubblico.
Per la Federazione dei lavoratori della conoscenza della Cgil è «inaccettabile che il ministro, anziché utilizzare i normali canali di comunicazione con le famiglie attraverso le scuole, il proprio sito web o la piattaforma Unica appositamente creata per fornire informazioni e servizi a studenti e famiglie, scelga deliberatamente, con la complicità degli amministratori delle piattaforme digitali pagate dalle singole scuole per il servizio del registro elettronico, di introdursi nelle bacheche riservate alla comunicazione interna delle scuole a studenti e famiglie, all’insaputa delle scuole stesse.» Inoltre, la Flc Cgil ritiene che anche «gli amministratori dei gestionali che forniscono a pagamento alle scuole il registro elettronico, abbiano violato le norme contrattuali prestandosi ad una operazione che esula dai servizi richiesti dai committenti.»
C’era una volta la colonia estiva
Oltre alle violazioni procedurali, c’è però un’altra questione ineludibile, sollevata dalla comunicazione diretta del ministro Valditara alle famiglie, da tenere presente. L’esponente del governo ha centrato un punto critico dell’attuale sistema scolastico e, più in generale, dello stato sociale, quando ha scritto che «i bambini e i ragazzi, in estate, perdono un punto di riferimento fondamentale e non possono contare su altre esperienze di arricchimento personale e di crescita a causa delle esigenze lavorative dei genitori o di particolari situazioni familiari».
Per ovviare a queste esigenze familiari, combattendo allo stesso tempo tubercolosi e rachitismo, a partire dalla fine del 1800 furono create le colonie estive, che si moltiplicarono nel ventennio fascista, anche per ragioni di propaganda e inquadramento tipiche del regime. Le colonie estive durarono fino agli anni Settanta del Novecento, quando le migliori condizioni di vita degli italiani, la diffusione delle vacanze di massa in famiglia, nonché le critiche all’impostazione autoritaria delle colonie stesse, portarono al progressivo abbandono degli imponenti edifici che le ospitavano e che in alcuni casi sono stati trasformati in strutture alberghiere fronte mare, continuando tuttora a essere oggetto di speculazione edilizia.
Si prenda il caso emblematico dalla riviera romagnola: da Ravenna a Riccione, lungo 70 chilometri di costa adriatica, si contano 250 colonie, due terzi delle quali sono inutilizzate o abbandonate. In rari casi gli amministratori locali di quella zona sono riusciti ad avviare progetti di riqualificazione come l’ex colonia Enel del Comune di Rimini. Stando alle intenzioni della giunta comunale, la struttura sarà «demolita e restituita alla cittadinanza sotto forma di verde, servizi e spazi pubblici», dopo che l’amministrazione comunale ne avrà acquisito la completa disponibilità e completato le opere di demolizione. L’inizio dei lavori è previsto per l’autunno e la loro conclusione entro la prossima primavera.
Centri estivi gratuiti
Tra i servizi pubblici che saranno realizzati al posto dell’ex colonia Enel, ci saranno centri estivi pubblici gratuiti? Sostituito il modello pedagogico della colonia con quello di centri estivi (o, per gli anglofili, summer camp), il costo del servizio, tuttavia, è stato scaricato sulle famiglie, che, se non hanno sufficienti risorse, non sanno dove sistemare i figli nel periodo di sospensione delle attività didattiche. Il Piano Estate è una soluzione emergenziale che non tiene conto dell’inutilizzabilità nel periodo estivo di strutture spesso collocate nei roventi centri cittadini, in un paese dove la temperatura media estiva si aggira tra i 22,79°C e i 23,79°C (circa 1,6°C più alta della media del periodo 1991-2020), senza impianti di climatizzazione né aree verdi.
Infine, non sono stati forniti dati trasparenti ed esaustivi per misurare il reale impatto del Piano Estate nei primi tre anni: «Già nel 2023 – notava Barbara Romano su Lavoce.info il primo agosto dello scorso anno – il bando era stato annullato a causa della scarsa risposta delle scuole nell’anno precedente. Ciò spinge a pensare che, probabilmente, sia la formula stessa del bando che necessiti di essere ripensata. Magari usando strumenti di valutazione che forniscano evidenza utile a capire le ragioni della (mancata) partecipazione e quali tipi di intervento sarebbero più adeguati a raggiungere gli obiettivi dichiarati».
Al posto di un emergenziale e poco trasparente “piano estate”, occorre un piano complessivo per la scuola pubblica, che ripensi il calendario scolastico, fissato da una legge di cinquant’anni fa (l. 517/1977), alla luce delle mutate condizioni di vita degli italiani.
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