Quell’istante, il punto zero, è la sintesi di anni di lavoro, talvolta di una carriera, di responsabilità verso se stessi prima che nei confronti degli altri, di poche sicurezze e molte incertezze, di voglia di confrontarti e al contempo di lasciarti tutto alle spalle. Una sfida che è totalizzante in quel preciso attimo ma a cui non devi dare il potere di definirti
Si sa che affermarsi è difficile ma confermarsi lo è di più. Vincere i Giochi olimpici è arduo e riuscire a ripetersi sebbene possibile è altamente improbabile. La convinzione di potercela fare è la motivazione con cui hai lavorato per 4 anni. Il desiderio di rivivere quell’emozione prepotente è ciò che ti sostiene. Tutto ti sembra reale perché è già successo e quindi sai che può accadere ancora.
Però, proprio perché hai già attraversato quell’esperienza, sai anche quanto sia difficile e talvolta pure un po’ magico, che tutto vada bene, che ogni dettaglio segua esattamente il percorso che hai immaginato e ripetuto fino all’ossessione. Sai quanto è complicato essere capaci di esprimere la massima potenzialità in ogni istante della performance.
Sai anche che tra essere capaci di farlo e riuscirci davvero, ci sono tante sfumature in cui la prestazione si può infilare. E sei pure consapevole del fatto che produrre il tuo meglio e farlo corrispondere all’essere davanti a tutti coloro che, da ogni parte del mondo sono lì con te a sfidarsi, beh è quasi un miracolo.
Immanente e trascendente
Perciò, mentre il momento della verità si avvicina, pur confidando nelle tue certezze concrete e scientifiche a partire dal lavoro che hai fatto, dai risultati, dai test, dalla condizione fisica, dalle sensazioni, ecc. cresce il bisogno di affidarsi alla convinzione che tutto il tuo impegno e la tua fatica si meritino l’alleanza dell’armonia dell’universo o come chiamarlo, destino, dio?
È il momento in cui l’immanente sente di aver bisogno del trascendente, in cui la fisicità si aggrappa alla spiritualità. Così quando la grande performance si avvicina, il tempo si sdoppia e tu pure.
C’è il passare dei minuti che continua con moto perpetuo il suo scorrere e c’è il conto alla rovescia che si riduce fino al punto zero. Ci sei tu persona ad andare avanti nel tuo divenire e ci si sei tu, atleta, focalizzato e fermo sulla prestazione da produrre. Una prova a cui non puoi sottoporti quando vuoi ma in un momento prestabilito. E senza possibilità di appello!
Il punto zero
Quell’istante, il punto zero, è la sintesi di anni di lavoro, talvolta di una carriera, di responsabilità verso se stessi prima che nei confronti degli altri, di poche sicurezze e molte incertezze, di voglia di confrontarti e al contempo di lasciarti tutto alle spalle. Una sfida che è totalizzante in quel preciso attimo ma a cui non devi dare il potere di definirti.
La vittoria è un punto, il successo è una linea. Ci sono immagini che aiutano a interiorizzare concetti complessi. Allora quando penso al successo non penso a un cerchio, chiuso nella sua perfezione bensì a una retta di tendenza che passa là dove si concentra la maggior parte dei punti, delle vittorie, degli obiettivi raggiunti.
Forse è questo che voleva esprimere il fuoriclasse del tennis Roger Federer quando disse: «Il successo non è mai definitivo. Il fallimento non è mai fatale, È il coraggio di continuare che conta».
Nei prossimi giorni per molti degli azzurri campioni olimpici di Tokyo scatterà l’ora della verità. Quello che potevano fare per prepararsi al meglio lo hanno fatto. Il coraggio per uscire dalla zona confort e rimettersi in gioco lo hanno avuto. E sono queste le uniche certezze possibili, le due dimensioni controllabili con cui convincersi di meritare l’alleato trascendente per andare in contro all’imponderabile.
Ritornare sul gradino più alto del podio sarà bellissimo ma saranno il coraggio di continuare e la capacità di rimettersi in gioco in sempre nuove sfide, i due assi del piano cartesiano della vita su cui verrà disegnato il trend del successo.
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