Il futuro del centrodestra a Roma passa anche per Luca Palamara e per la sua candidatura alle elezioni suppletive della Camera nel collegio Monte Mario-Primavalle. Una candidatura che l'ex pm epicentro dello scandalo del Consiglio superiore della magistratura ha definito «indipendente» (pur avendola lanciata dalla sede del partito radicale), ma che piace alla Lega di Matteo Salvini tanto quanto è invisa agli eletti romani di Forza Italia.

I prossimi giorni saranno determinanti: alle suppletive si vota negli stessi giorni di ottobre delle comunali e questo le fa rientrare in un unico pacchetto, fatto di incastri tra i desiderata dei tre partiti di centrodestra. Libere sono ancora le caselle di alcuni candidati presidenti di municipio, come anche quella del candidato comune nel collegio di Monte Mario-Primavalle.

«Palamara sta dimostrando coraggio», sono state le esatte parole di Salvini, che pure ha sottolineato che il centrodestra è alla ricerca di un candidato comune. E l’interesse è reciproco: calato ormai nei panni del politico in campagna elettorale, Palamara ripete che sta «portando avanti il suo impegno nell’interesse di tutti i cittadini» e di essere «disponibile al dialogo con tutte le forze», ma aggiunge anche che «il tema della giustizia attualmente ha interessato in particolare una specifica parte politica». Ovvero la Lega, che insieme ai radicali sta raccogliendo le firme per il referendum sulla giustizia e punta a raggiungere il milione, tra le quali c’è già anche quella dell’ex magistrato, che ha annunciato insieme alla candidatura anche la sottoscrizione di cinque dei sei quesiti referendari.

L’interesse della Lega

Proprio la convergenza sul referendum in materia di giustizia avrebbe fatto scattare l’interesse di Salvini, che sta scommettendo sulla centralità del tema per recuperare spazio nel dibattito pubblico e per essere «pungolo» (come ama ripetere) o spina nel fianco del governo di Mario Draghi. E portare Palamara in parlamento sarebbe una mossa tattica insidiosa.

L’ex pm inoltre è già al lavoro nel collegio nella periferia nord della città e avrebbe già avuto modo di contrare anche attivisti della Lega, con i quali il feeling sarebbe scattato immediatamente. Anche con Salvini gli incontri in passato non sono mancati: il leader leghista era presente ad alcune presentazioni del suo libro Il Sistema e i due avrebbero parlato a lungo proprio di giustizia e di referendum.

Insomma, le basi ci sarebbero tutte ma per ora la Lega non si sbilancia. «Guardiamo Palamara come avversario: si è autocandidato, ha scoperchiato il vaso di Pandora del malcostume in magistratura e siamo contenti che stia sostenendo il referendum», conferma il coordinatore romano della Lega, Alfredo Becchetti. Ma, a tavolo di coalizione aperto, è ancora il momento della diplomazia: «Attendiamo con pazienza gli esiti del tavolo». Tuttavia, prosegue Becchetti, «pur da avversario, noi constatiamo che l’ex pm è in campo e consideriamo la sua figura importante per aver scoperchiato le cose che non vanno nella giustizia».

Tradotto: il collegio di Primavalle è rivendicato sia da Forza Italia, che vorrebbe candidare l’ex presidente del XII Municipio Pasquale Calzetta, ma anche da Fratelli d’Italia, che però non ha ancora portato un nome sul tavolo. Tuttavia, entrambi i partiti hanno già su Roma due candidati pesanti della loro area: FdI il candidato sindaco Enrico Michetti e Fi la candidata vicesindaca Simonetta Matone. Inoltre FdI non ha indicato alcuna preclusione nei confronti dell’ex pm, anzi sarebbero aperti canali di comunicazione. Mentre in Forza Italia, per un Maurizio Gasparri che fa muro con parole feroci («Il parlamento non può essere una discarica per reietti»), c’è un Vittorio Sgarbi che sponsorizza la candidatura e dice che ne parlerà in prima persona con Salvini.

Ad oggi, la sfida sembra più che aperta. Nemmeno il centrosinistra e i grillini hanno scelto un nome e, oltre a Palamara, l’unica candidata certa è l’ex ministro Cinque stelle Elisabetta Trenta, ora passata all’Italia dei Valori.

Il processo

Parallelamente alla dimensione politica, però, per Palamara corre sempre anche quella giudiziaria: dopo la radiazione dalla magistratura confermata dalla Cassazione, è stato rinviato a giudizio per corruzione nell’esercizio delle funzioni davanti al tribunale di Perugia e le udienze inizieranno il 15 novembre prossimo.

Gli effetti collaterali della campagna elettorale e della sua ipotetica elezione sul processo, tuttavia, saranno mediatici e non giudiziari. Pur confermando che «mi difenderò nel processo, perchè sono piani distinti», Palamara conferma di non aver intenzione di rimanere silente rispetto alle vicende che lo hanno riguardato. Il risultato, dunque, sarà l’ulteriore aumento della tensione sull’asse Roma-Perugia, con Palamara al centro dell’attenzione giornalistica e pronto a discutere di trojan e del “sistema” descritto nel suo libro.

L’unico effetto processuale, invece, potrebbe essere a lui negativo: nel caso in cui venisse eletto alla Camera, una sentenza di condanna in primo grado per un reato contro la pubblica amministrazione attiva la legge Serverino e quindi Palamara decadrebbe da deputato. Tuttavia, perché questo succeda, il processo dovrebbe concludersi nell’improbabile tempo record di poco più di un anno, visto che nel 2023 comunque vada si tornerà alle urne.

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