In tempo di pandemia e di crisi di governo, anche l’inaugurazione dell’anno giudiziario si celebra in scala ridotta e senza la consueta enfasi. Il momento solenne in cui le più alte cariche dello stato e della magistratura si ritrovano nell’aula magna della corte di Cassazione per fare il bilancio dell’anno appena concluso e dare prospettiva a quello che comincia si svolge in forma ridotta: un’ora e mezza appena di durata, delegazioni ridotte al minimo indispensabile e nessun giornalista ammesso al Palazzaccio di piazza Cavour.

Colpa del covid, ma che per una volta potrebbe venire in aiuto del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede: il suo intervento sarà breve, in linea con il complessivo contingentamento dei tempi della cerimonia, e si concentrerà sulla giustizia alla prova della pandemia e su come verranno spesi i fondi del Recovery plan. Nessun afflato di prospettiva futura, nessun auspicio per il 2021 appena iniziato e soprattutto nessun accenno politico. Istituzionalmente inappuntabile, vista la situazione di un governo dimissionario, ma anche strategicamente cauto.

Il guardasigilli, infatti, è reduce da una settimana di tensione: era atteso in parlamento a metà settimana per presentare la sua relazione sulla giustizia, ma proprio quel passaggio d’aula rischiava di essere la Waterloo del governo scampata pochi giorni prima e il sacrificio pubblico del capo-delegazione Cinque stelle. Capita l’antifona delle opposizioni (in testa Italia viva, che aveva annunciato già il voto contrario alla relazione ed era tornata a battere sul tema della prescrizione) e realizzato che il gruppo dei responsabili non sarebbe stato sufficiente, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha scelto di non parlamentarizzare la crisi e dunque la strada obbligata delle dimissioni.

Questo ha salvato Bonafede dalla gogna dell’aula, ma non ha tolto dalle sue spalle il bersaglio di ministro in bilico, anche nel caso di una conferma di Conte a palazzo Chigi.

E’ in questo clima infuocato che oggi il Guardasigilli si presenta in Cassazione: conscio della sua situazione di debolezza politica e consapevole anche che il suo discorso sarà passato al setaccio, in cerca di ulteriori elementi per affossarlo. E’ per questo che punta a non lasciare alcun margine di attacco ai suoi detrattori.

Dunque il suo discorso sarà conciso, con al centro due soli punti: l’attuale situazione della macchina giustizia, affaticata da un anno di pandemia che ne ha rallentato il funzionamento ma anche dotata di nuovi strumenti informatici; i fondi del Recovery fund messi a disposizione di via Arenula e per quali interventi e riforme già in cantiere i 3 miliardi verranno spesi. A mancare, invece, saranno tutti i passaggi più politici: il discusso stop della prescrizione da pochi mesi entrato in vigore con una legge che porta il nome dello stesso Bonafede; le riforme del processo civile e penale ancora ferme in commissione ma incluse dell’ultima bozza di Recovery plan; la riforma del Consiglio superiore della magistratura che sta facendo molto discutere proprio i magistrati a cui Bonafede di rivolge. In sintesi: nessuna rivendicazione di quel programma di governo per la giustizia, che è proprio il punto su cui il Conte bis ha rischiato di cadere in aula.

La relazione

Bonafede ripeterà a grandi linee i punti delle 200 pagine di relazione sull’allocazione dei fondi del Recovery, anche quelle depurate da qualsiasi considerazione di merito politico. Il dato di partenza, però, rivendica la centralità del dicastero di via Arenula: non solo quelli per la giustizia, ma tutti i 209 miliardi del Recovery fund sono vincolati a una velocizzazione dei processi e alla lotta alla corruzione. La misura portante riguarda le assunzioni: «2,3 miliardi sono destinati ad assunzioni a tempo determinato dedicate in larga parte al rafforzamento e alla riqualificazione dell'Ufficio per il processo», con l’obiettivo di rendere più efficiente la macchina e di smaltire la mole di arretrato che affossa il lavoro delle corti. Poi ci sono gli interventi di edilizia giudiziaria, «Una delle linee di finanziamento, dell'ammontare di circa 470 milioni di euro, è perciò dedicata alla realizzazione di nuove cittadelle giudiziarie e alla riqualificazione delle strutture esistenti, in un'ottica green e di sicurezza sismica». Infine, la digitalizzazione: «L'intento è di reingegnerizzare e rafforzare l'infrastruttura che sorregge i sistemi del processo civile (Pct) e del processo penale telematico (Ppt), già interamente finanziati con risorse interne ed europee».

La relazione, poi, contiene i numeri dell’arretrato civile e penale. Nel civile «il numero totale di fascicoli civili pendenti è pari a 3.292.218», cifra leggermente più alta rispetto al 2019 a causa del rallentamento dell'attività dovuta all'emergenza epidemiologica. Lo stesso aumento vale anche per il penale:  2,6 milioni di procedimenti pendenti e «nei primi nove mesi del 2020 il totale delle pendenze penali è cresciuto del 4,3 per cento».

Numeri che graveranno sulle spalle del successore di Bonafede, o almeno così sembra probabile alla luce delle ultime schermaglie politiche: esiste l’ipotesi di una staffetta con l’ex ministro dem Andrea Orlando, ma si ragiona anche su profili tecnici e considerati “garantisti” come quello di Marta Cartabia e Sabino Cassese, graditi anche a Italia Viva.

 

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