Il procedimento disciplinare davanti al Consiglio superiore della magistratura a carico del deputato ed ex magistrato Cosimo Ferri si allontana ancora. 

Giunta per le autorizzazioni della Camera, infatti, a restituito per la seconda volta alla Sezione disciplinare del Csm la richiesta di utilizzo delle intercettazioni, chiedendo ulteriori precisazioni.

A bloccare il procedimento disciplinare, infatti, è un passaggio delicato quanto fondamentale: il capo di incolpazione riguarda i fatti della ormai famigerata cena all’hotel Champagne, in cui lui, Luca Palamara, Luca Lotti e altri cinque ex togati del Csm hanno discusso della nomina del nuovo procuratore di Roma.

L’intero dibattimento – come del resto è stato anche per quello che ha portato alla radiazione di Palamara – è basato sulla prova regina delle intercettazioni telefoniche e via trojan installato nel cellulare di Palamara, che dimostrerebbero i capi di incolpazione.

Ferri, però, è deputato in carica e per lui scatta la guarentigia costituzionale dell’inutilizzabilità delle intercettazioni senza il consenso della giunta della Camera.

Secondo l’articolo 68 della Costituzione, infatti, la camera di appartenenza deve dare autorizzazione anticipata prima di sottoporre i membri del parlamento ad intercettazioni dirette e indirette, mentre l’autorizzazione è successiva se si richieda l’utilizzo di intercettazioni in cui il parlamentare è stato registrato in modo casuale.

Nel caso specifico, la difesa di Ferri nel procedimento disciplinare ritiene che le intercettazioni siano indirette e dunque inutilizzabili perchè prive di autorizzazione anticipata. La Sezione disciplinare sostiene invece che siano casuali e per questo sta chiedendo l’autorizzazione successiva a utilizzarle nel procedimento.

L’iter della Giunta

Già una prima volta, nella seduta della Giunta dell’8 settembre, i deputati membri avevano votato all’unanimità il rinvio delle carte al Csm: la ragione era l’eccessiva vaghezza della domanda, in cui si chiedeva di utilizzare indistintamente tutte le intercettazioni, fornite in circa 13mila pagine di documentazione. 

La Giunta aveva chiesto al Csm di specificare su quali singole intercettazioni dovesse esprimersi, anche perchè la valutazione dei deputati è doppia: sia se le intercettazioni in esame siano da ritenersi casuali e non indirette; sia se l’autorizzazione all’utilizzo sia da concedere.

Il Csm allora ha specificato la domanda, con risposta del 22 settembre scorso, indicando sessantuno captazioni, di cui però trentanove sono intercettazioni telefoniche.

I due errori del Csm

La Giunta, però, ha rilevato nuovi problemi nella richiesta: «Non tutte le conversazioni comprese nell'elenco allegato alla risposta sono state intercettate per mezzo di captazioni informatiche – come invece indicato nell'ordinanza trasmessa alla Camera il 2 agosto 2021 – in quanto vi sono anche numerose intercettazioni telefoniche», ha spiegato il relatore, Pietro Pittalis. Quindi il Csm avrebbe commesso un errore formale: la Camera chiedeva precisazioni sulla domanda di autorizzazione originaria che riguardava solo le intercettazioni via trojan, il Csm ha risposto con una parziale innovazione nella domanda, aggiungendo anche le intercettazioni telefoniche.

«In secondo luogo, in molte conversazioni – sia informatiche sia telefoniche – l'onorevole Ferri non compare tra gli interlocutori e all'interno dell'elenco inviato è invece menzionato, per tre volte, un altro deputato, l'onorevole Luca Lotti», continua Pittalis. Anche in questo caso, il Csm avrebbe sottoposto alla Giunta intercettazioni su cui la Giunta non può esprimersi, perchè ad essere registrata non è la voce di Ferri ma lui viene solo citato.

La Giunta rinvia ancora

La Giunta, allora, aveva due ipotesi per procedere: chiedere ulteriori chiarimenti al Csm, con precisazione della domanda formulata; oppure procedere unilateralmente, prendendo in considerazione solo le captazioni informatiche presenti anche nella richiesta originaria, escludendo quindi quelle telefoniche e quella in cui Ferri non è interlocutore.

La decisione unanime è stata quella di chiedere ulteriori chiarimenti al Csm, rinviando di nuovo la decisione.

Si allontana ancora così l’inizio – o la definitiva cancellazione – del procedimento disciplinare a carico di Ferri. Con il risultato che, se la Giunta infine concedesse il via libera all’utilizzo delle intercettazioni, 

a celebrare il disciplinare potrebbe essere il prossimo Csm eletto nel 2022 e non più quello stesso di cui una parte dei membri sono stati a vario titolo parte dello scandalo Palamara.

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