La giustizia è stata uno dei terreni più spinosi per gli ultimi governi, ma il cambio di metodo imposto dalla guardasigilli Marta Cartabia è tangibile per tutti e sta tenendo insieme la pur eterogenea maggioranza.

La tecnica della ministra è quella dei piccoli passi: lasciar lavorare il parlamento, seguendo tuttavia da vicino il lavoro delle commissioni Giustizia; dare il via libera su alcune questioni di principio – la presunzione di innocenza e la modifica del decreto ministeriale sulle tariffe per le intercettazioni sono le più recenti – ma mantenere saldamente al ministero l’attuazione. Infine guadagnare tempo per approfondimenti e posticipare le scelte più divisive, come ha fatto per i disegni di legge penale e civile, per cui ha istituito commissioni di studio.

Proprio questa strategia dei piccoli passi le ha permesso di guadagnare la fiducia dei parlamentari che presidiano il settore e soprattutto di depotenziare degli scontri che minacciavano di essere letali per il governo, come quello sullo stop alla prescrizione voluto dal suo predecessore, Alfonso Bonafede.

Intanto, però, si sono delineati i fronti interni nella maggioranza: da un lato quello più garantista rappresentato da Azione, Più Europa, Italia Viva, Forza Italia, cui spesso si aggiunge anche la Lega; dall’altro il Movimento 5 Stelle che difende la linea del precedente governo. A fare da boa nel mezzo, invece, c’è il Partito democratico, che politicamente deve mantenere l’asse con i grillini ma culturalmente fatica a ritrovarsi in alcune delle loro battaglie. Per questo ha scelto per sè il ruolo di mediatore e sponda per il governo dentro le commissioni.

I trojan

L’ultima grana in ordine di tempo si è presentata con la valutazione in commissione Giustizia alla Camera del decreto ministeriale che fissa le tariffe standard per lo svolgimento delle intercettazioni ambientali, telefoniche e telematiche (i virus spia Trojan horse che si installano negli apparecchi elettronici come cellulari e pc).

Il testo, predisposto da Bonafede e di cui è relatrice la grillina Giulia Sarti, prevedeva una serie di tabelle che indicavano le prestazioni di intercettazione che devono svolgere le aziende private e il loro costo giornaliero, indicato in una forbice tra minimo e massimo. A chiederne la modifica è stato Enrico Costa, ex deputato di Forza Italia oggi in quota Azione e stratega della guerriglia d’aula sulle questioni della giustizia.

Il decreto, infatti, conteneva tra le cosiddette «prestazioni funzionali» del trojan lo scaricamento sui server delle procure non solo dei flussi di comunicazione, ma anche di tutti i contenuti “statici” presenti su telefoni e pc, come la rubrica telefonica e le foto conservate nella galleria fotografica ma non scambiate via sms o chat. Una funzione, questa, che secondo Costa supera i limiti previsti dalla norma sulle intercettazioni, che prevede la captazione di ciò che avviene nel dispositivo nel lasso di tempo in cui questo viene tenuto sotto controllo. «Se una foto viene inviata via chat a un terzo è giusto che il trojan la scarichi, ma per copiare quelle già presenti nel telefono serve un decreto di perquisizione ed eventuale sequestro, è un principio di garanzia per i cittadini previsto dal codice», spiega Costa. Alla fine di una difficile discussione durata alcune ore, coi grillini inizialmente arroccati contro, è arrivata la modifica chiesta da Costa, Forza Italia, Italia Viva e Lega e condivisa anche dal ministero attraverso il sottosegretario Francesco Paolo Sisto presente in commissione. I rilievi deliberati sono stati votati da tutti tranne che da Fratelli d’Italia. Ora spetta al governo, però, recepirli e formulare le correzioni e Cartabia ha chiesto il tempo per poterlo fare.

La modalità di gestione di Cartabia, però, ormai è diventata una prassi: anche per il recepimento della direttiva europea sul principio di presunzione d’innocenza (che dovrebbe limitare le conferenze stampa dei magistrati e le esternazioni a processi in corso) all’interno di una legge di delegazione europea la tecnica è stata la stessa. Cartabia ascolta i rilievi del parlamento, ne valuta la fattibilità alla luce soprattutto dei principi costituzionali, cerca la quadra nella rissosa maggioranza e, una volta approvati, si prende il tempo per tradurli in pratica.

Per ora questa linea di dialogo ha permesso di sminare il campo di battaglia, ma il vero successo arriverà una volta superato lo scoglio del ddl penale, su cui Cartabia ha chiesto (e ottenuto) tempo e fiducia da parte di tutte le forze politiche che la sostengono. Il tempo per gli emendamenti in commissione scade il 23 aprile e i garantisti sono pronti a chiedere la cancellazione del baluardo grillino dello stop alla prescrizione. Intanto la commissione istituita a via Arenula lavora per correggere il testo scritto dal precedente governo. In quella sede verrà messa alla prova la capacità della ministra, che sta imparando in fretta a gestire una maggioranza così disomogenea.

 

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