Vivere senza una casa è da sempre il segno tangibile della povertà più straziante. Una povertà materiale ed economica, prima di tutto, ma anche una povertà affettiva, di relazioni, di progetti esistenziali.

Anche il nostro Paese è testimone di questa massiccia ondata di marginalizzazione.

Il 15 dicembre 2022 l’Istat ha reso noto il numero dei senza fissa dimora: oltre 96000 persone. Un numero destinato a crescere notevolmente se consideriamo chi vive nei campi autorizzati, nei centri di accoglienza, negli insediamenti tollerati o spontanei, negli immobili occupati.
Da queste premesse prende avvio l’edizione 2023 del festival Parole di Giustizia, promossa dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Urbino Carlo Bo e dall’Associazione di studi giuridici Giuseppe Borrè, con la collaborazione di Magistratura democratica, della Fondazione Claudio Verardi e della Fondazione Lelio e Lisli Basso, con il patrocinio dell’Associazione nazionale magistrati.

L’attenzione si concentra quest’anno sul tema della casa e dell’abitare, nelle sue varie declinazioni, tutte, crediamo, di grande attualità.

Solo all’apparenza è un tema individuale, in realtà è questione collettiva, che coinvolge e investe direttamente anche il mondo dell’università: davanti a molti atenei italiani studenti fuori sede sono accampati in tenda da mesi per denunciare la difficoltà estrema di trovare alloggi dignitosi a prezzi accettabili per gli universitari fuori sede. Il diritto alla casa appartiene alla costellazione dei diritti fondamentali dell’individuo.

Ce lo insegnano due maestri,  Temistocle Martines e Franco Modugno: «L’abitazione costituisce punto di riferimento di un complesso sistema di garanzie costituzionali, e si specifica quale componente essenziale (oltre che presupposto logico) di una serie di “valori” strettamente legati a quel pieno sviluppo della persona umana che la Costituzione pone a base (assieme all’istanza partecipativa) della democrazia sostanziale» (e specifica, poi, che tali valori sono, oltre al domicilio, la famiglia, la scuola, la salute e il lavoro) e ancora: «Il diritto all’abitazione è un diritto inviolabile anzitutto perché è deducibile da una pluralità di riferimenti costituzionali (artt. 2, 4, 13, 14, 16, 29, 30, 31, 32, 35, 36, 37, 38, 42 e 47) tutti rivolti a creare le condizioni minime di uno Stato sociale».

La casa costituzionale

Alla casa comune, la Casa costituzionale, è dedicata la giornata inaugurale di venerdì 20 ottobre, che si aprirà con la lectio del professor Carlo Galli. Edificio eretto nel 1948 da raffinati giuristi-architetti, che hanno scelto di fondarlo su alcuni fondamentali pilastri, a cominciare dalla impegnativa affermazione Repubblica democratica. Démos vuol dire popolo, quindi l’esercizio della democrazia esige la partecipazione consapevole, attiva, vitale, della collettività.

Il rischio invece è che la nostra Casa costituzionale si svuoti, che la partecipazione politica sia sempre meno sentita, che si spenga l’affetto per le istituzioni democratiche, l’interesse verso le loro sorti, che evapori il concetto di rappresentanza. La bassa affluenza nelle competizioni elettorali è segnale preoccupante.

Il festival esplorerà anche altre forme meno tipiche, meno consuete, di casa e di abitare. Analizzerà la realtà abitativa di soggetti fragili, portatori di disabilità, anziani, per tracciare un cammino che superi il concetto della istituzionalizzazione in strutture residenziali assistenziali e valorizzi forme di coabitazione che il meno possibile ne comprimano la dimensione relazionale, l’autodeterminazione, l’autonomia. La locuzione casa circondariale suggerisce che casa può essere anche il carcere; quali  caratteristiche dovrebbe avere un progetto architettonico per contribuire a una pena davvero risocializzante? Per chi è straniero infine trovare casa vuol dire non solo trovare un alloggio in un Paese diverso, spesso poco ospitale, ma anche riuscire a ricostruire una comunità; a concludere il festival sarà un intellettuale sensibile e poliedrico come Moni Ovadia, con una lectio sul tema dell’ospitalità tra Ebraismo e Occidente.  

Il titolo scelto per questa edizione (Casa dolce casa? Diritti per abitare il futuro) contiene un impegno. Trasformare il punto interrogativo in un punto fermo, rendendo la casa, qualunque casa, intesa come qualsiasi spazio di convivenza, un luogo di eguaglianza, intanto, e poi di relazione, di dignità, di realizzazione potenziale della personalità.

Il protagonista di Umberto D., magnifico film nel quale il tema della felicità passa per quello della casa, dice che certe cose avvengono perché non si sa la grammatica. Ecco, a Parole di Giustizia 2023 - nella sua solita forma libera, collettiva, a più voci aperta, itinerante, attraversando Università, auditorium, biblioteche, scuole - proveremo a costruire insieme una grammatica politica, istituzionale, giuridica e filosofica che possa restituire a tutte e a tutti il diritto di abitare il futuro in maniera libera e dignitosa. Benvenuti.

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