Il procuratore capo di Milano, Francesco Greco, non ha tenuto una condotta di «impropria interferenza» nella scelta dei procuratori aggiunti da nominare nella sua procura. A stabilirlo all’unanimità è stata la prima commissione del Consiglio superiore della magistratura e la proposta è stata approvata dal plenum, che ha archiviato la procedura disciplinare per incompatibilità ambientale.

La decisione ha definitivamente escluso qualsiasi tipo di indebita intromissione da parte del procuratore capo nelle nomine, che era stata ipotizzata analizzando i contenuti delle chat di Luca Palamara. Greco, infatti, compariva nelle conversazioni tra Palamara con il togato del Csm Nicola Clivio e con il sostituto procuratore milanese Angelo Renna, in cui si discuteva apertamente sui nomi da “sponsorizzare” come aggiunti.

La relazione sul caso è stata anche l’occasione per conoscere alcuni passaggi dell’audizione di Palamara, che è stata secretata dalla commissione e che ha riguardato anche le nomine nell’ufficio giudiziario di Roma. A domanda precisa sul ruolo di Greco, Palamara ha detto: «Non ho ricevuto indicazioni precise dal dottor Greco sui nominativi che lui voleva come procuratori aggiunti» e che «i nominativi vennero decisi all’interno del Consiglio, previa riunione della corrente di Unicost e previo poi incontro con i rappresentanti degli altri gruppi interni al Consiglio superiore».

Lo stesso Greco, anche lui ascoltato in commissione, ha chiarito di non «aver mai cercato nessuno», di aver sempre ritenuto che le nomine fossero affare del Csm e che «non avevo nessuna preferenza, avevo interesse all’armonia dell’ufficio». In questo senso si è convinto a maggioranza e con tre astensioni il Csm, che ha escluso che Greco abbia tenuto comportamenti compromettenti per la sua imparzialità e indipendenza nell’ufficio di Milano.

Oltre che per il capo di Milano, la commissione ha proposto l’archiviazione della pratica anche per l’ex togati di Area, Valerio Fracassi e Nicola Clivio, mentre ha rinviato il dibattito sulla pratica del procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, che si preannuncia complicata. Il dibattito è proseguito per tutta la giornata e il plenum ha respinto l’archiviazione della pratica di incompatibilità territoriale per Fracassi, che tutt’ora opera nel distretto in cui ha esercitato influenza in merito alle nomine con Palamara.

Molto duro è stato l’intervento di Nino Di Matteo, che ha parlato di «enunciazioni di principio che rimangono tali e indignazione solo teorica» sulle condotte emerse alla luce del caso Palamara. Alcuni degli interventi che si sono succeduti, inoltre, hanno manifestato dubbi sulle linee guida adottate dalla procura generale di Cassazione per promuovere l’azione disciplinare che considerano “lecita” l’autopromozione, purchè non fatta in danno di altri. Anche sulla posizione di Clivio il dibattito è stato articolato, con tre contrari e cinque astenuti sull’archiviazione.

Il caso Palamara ha complicato anche sotto un altro versante la seduta: il Csm, infatti, ha affrontato anche la questione della costituzione di parte civile nel procedimento penale a carico di Palamara in corso a Perugia. Il comitato di presidenza ha proposto di aspettare a costituirsi nella fase dibattimentale, in attesa di studiare meglio gli atti: l’approvazione c’è stata ma il plenum si è diviso con otto astenuti e un contrario, il laico Alessio Lanzi: «Il Csm è stato aggredito nei suoi beni istituzionali da parte di Palamara e una presa di posizione esplicita è dovuta». Sottotraccia, però, si profila un tema: costituendosi in giudizio il Csm, che è il giudice disciplinare che ha espulso Palamara, espliciterebbe il suo ruolo anche parte offesa nei confronti dell’ex magistrato.

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