Oggi finalmente l’Unione delle camere penali Italiane può celebrare il suo congresso ordinario in presenza per fare un bilancio di questi due drammatici anni e discutere delle prospettive dell’azione politica dell’avvocatura penale. La pandemia non ha solo limitato la nostra vita, personale e professionale, ma ha fermato l’attività giudiziaria nei lunghi mesi della primavera del 2020 per poi ripartire a scartamento ridotto.

Straordinario è stato l’impegno dell’Unione per impedire che le riforme populiste lasciassero un segno indelebile nel nostro ordinamento; contro l’abolizione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio voluta dal Ministro Bonafede abbiamo organizzato astensioni e le grandi manifestazioni con le Università italiane e, nonostante l’emergenza sanitaria, abbiamo mantenuto il focus con iniziative su piattaforme online, collegamenti e convegnistica a distanza.

È giusto ricordare che la giunta dell’Unione si è riunita ogni giorno nel periodo di chiusura dei tribunali e si è ogni giorno confrontata con le singole camere penali per affrontare i problemi dell’emergenza e fermare le previsioni più lesive del diritto di difesa che comparivano nelle diverse bozze dei cosiddetti decreti ristori. Abbiamo impedito che prendesse forma il processo da remoto per le udienze di acquisizione della prova, di escussione dei testimoni e consulenti e di discussione.

Un’altra grande emergenza ha caratterizzato questo periodo, la condizione delle persone detenute. Sovraffollamento e rischio pandemico si sono rivelate una miscela esplosiva: le restrizioni improvvise nell’ordinaria vita carceraria sono state causa di proteste e di rivolte.

La morte dei detenuti nel carcere di Modena non ha ancora trovato la sua verità giudiziaria e i gravi fatti accaduti a Santa Maria Capua Vetere nell’aprile 2020, ferma restando la necessità del giudizio per le responsabilità individuali, hanno mostrato il volto feroce delle istituzioni e sono il segno del fallimento del sistema.

L’Unione, anche con il suo Osservatorio carcere, è stata in prima fila nella denuncia della incapacità del Dap a fronteggiare quelle emergenze e nella solidarietà con la Magistratura di sorveglianza che, in assenza di una seria legislazione di emergenza finalizzata a risolvere il problema del sovraffollamento e del rischio di contagio negli istituti di pena, ha fatto il possibile per ricorrere a forme alternative di espiazione della pena.  

Il governo gialloverde ha proposto una legge delega che ha tradito quanto l’avvocatura aveva pazientemente costruito ai tavoli ministeriali di consultazione.

Nella delega che si occupava di riformare il processo penale era scomparsa qualsiasi ipotesi di rilancio dei riti alternativi, era rimasta ferma la abrogazione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, prevedendo inaccettabili meccanismi di differenziazione del regime tra l’assolto e il condannato, erano introdotte limitazioni al giudizio di appello.

Le riforme

È in questo quadro che è arrivata la Ministra Cartabia. La commissione presieduta dal presidente Lattanzi aveva individuato soluzioni di sistema sulla prescrizione, abbandonate nella sintesi politica, che ha invece optato per il meccanismo della improcedibilità. La soluzione prevede comunque il superamento dell’imputato per sempre voluto da Bonafede, anche se si pongono su un piano di incompatibilità con i principi costituzionali le deroghe affidate al giudice.

Privi di fondamento si sono dimostrati, statistiche alla mano, gli allarmismi di chi ha sostenuto che la improcedibilità avrebbe colpito i processi di mafia e comunque quelli per i fatti di grave allarme sociale; sono infatti proprio questi processi che si celebrano in corsie preferenziali, assai spesso in ragione delle misure cautelari in atto, ad essere definiti in tempi rapidi.

A proposito di statistiche e di dati, al congresso sarà presentato il secondo rapporto sul processo penale: si tratta della ricerca condotta dall’Unione delle camere penali italiane in collaborazione con Eurispes sulle ragioni dei ritardi e le cause della irragionevole durata dei processi penali, una finestra di verità, dati alla mano, sulle vere cause delle disfunzioni degli uffici giudiziari. Una ricerca dalla quale non potrà prescindere chiunque voglia con serietà occuparsi dei tempi del processo.

Ciò che è positivo è che comunque la delega ha salvato la struttura del giudizio di appello, non accogliendo i desiderata di chi voleva introdurre meccanismi di critica vincolata; per il difensore il secondo grado di giudizio costituisce espressione del «diritto a che l’accertamento della sua colpevolezza e la condanna siano riesaminati da un tribunale di seconda istanza in conformità alla legge», come recita l’articolo 14 del patto internazionale dei diritti civili e politici.

Positive le previsioni sul potere di controllo del giudice sul tempo della iscrizione della notizia di reato e la possibilità di sua retrodatazione nonché il riconoscimento di un ruolo di indirizzo riservato al Parlamento per la individuazione dei criteri di priorità.

Le deludenti previsioni sui riti speciali lasciano però aperta questa partita, come necessari sono interventi per il rafforzamento delle garanzie della difesa nel dibattimento.

Di tutto questo parleremo al congresso, con confronti e dibattiti che vedranno protagonisti gli studiosi delle università italiane ed un intervento della ministra stessa, oltre alla prestigiosa presenza del ministro della Giustizia francese Éric Dupond - Moretti, che in materia di processo mediatico o di intercettazioni del difensore potrà senz’altro proporre interessanti riflessioni.

Il rinnovo della giunta

Il nostro sarà anche un congresso di elezione degli organismi dirigenti. Il presidente Gian Domenico Caiazza, con la sua giunta, si presenta per la conferma del mandato; nel nostro programma politico le priorità sono il sostegno alla legge di iniziativa popolare per la separazione delle carriere, le proposte per la riforma dell’ordinamento giudiziario, per riportare i tanti magistrati fuori ruolo alla giurisdizione, per la individuazione di meccanismi di effettivo merito per le progressioni in carriera, per rendere effettiva la partecipazione degli avvocati ai consigli giudiziari. Centrale è la difesa delle garanzie nel processo, il rilancio delle nostre idee di riforma per l’effettiva realizzazione del giudizio accusatorio ed un intervento decisivo per la riforma del carcere.

Nel corso di questo mandato abbiamo realizzato un importante progetto, frutto anche della collaborazione con le Università italiane, che si è tradotto nel nostro Manifesto del diritto penale liberale e del giusto processo. I 37 canoni che lo compongono costituiscono il fondamento di una concezione liberale del diritto penale e delle regole del processo giusto. La proposta è quella di condividerlo nelle Università europee e di farne oggetto di confronto con l’intera comunità dei giuristi.

Trecentotrenta delegati ed altrettanti iscritti UCPI parteciperanno ai lavori delle assise romane. Un grande laboratorio di idee, finalmente in presenza, che sarà utile all’Avvocatura e alla cultura dei diritti.

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