Si chiude il mandato di Giuliano Amato al vertice della Consulta. Formalmente, la data esatta è quella del 18 settembre, oggi però sarà la giornata da ricordare perché l’ex premier presiederà la sua ultima udienza. Seguirà il tradizionale saluto dei giudici e dell’avvocatura, poi Amato farà un suo intervento, che si preannuncia come «sostanzioso» e che dovrebbe riassumere la cifra della sua presidenza.

Amato, sulla scia dei suoi predecessori Marta Cartabia, Mario Morelli e Giancarlo Coraggio, ha scelto di interpretare il suo ruolo all’insegna della trasparenza e dell’apertura all’esterno di palazzo della Consulta. Il suo passato politico in questo lo ha favorito: abile nel rapporto con i media, non verranno dimenticate presto le sue conferenze stampa per spiegare le ragioni della bocciatura dei quesiti referendari su cannabis, eutanasia e responsabilità civile dei magistrati.

Una volta conclusi i suoi nove anni di carica, si attiverà il complesso iter istituzionale che circonda la Corte. Essendo Amato un giudice di nomina presidenziale, toccherà di nuovo al capo dello Stato, Sergio Mattarella, nominare il giudice che prenderà il suo posto. Poi, una volta ricostituito il plenum dei 15 giudici, si procederà all’elezione del nuovo presidente.

Il caso inedito

La figura del presidente, per come intesa dalla Consulta, è peculiare rispetto a tutte le altre istituzioni. La sua scelta, infatti, è guidata dall’automatismo non scritto di preferire sempre il più anziano in carica. La logica di questa prassi è quella di considerare la presidenza come un ruolo tecnico-organizzativo e non politico, impedendo cordate interne tra giudici ed eventuali derive correntizie, rafforzando il principio della collegialità con cui la corte opera. Per questa ragione i presidenti normalmente rimangono in carica per un tempo molto breve, in alcuni casi addirittura solo per qualche mese come nel caso di Morelli.

Per la prima volta da quando viene applicato, però, questo criterio ora è destinato ad entrare in crisi. Sono tre, infatti, i giudici costituzionali con il requisito dell’anzianità di servizio che possono aspirare a succedere ad Amato: due donne, Silvana Sciarra e Daria De Pretis, e un uomo, Nicolò Zanon, tutti entrati in servizio l’11 novembre 2014. Attualmente sono stati nominati tutti e tre vicepresidenti da Amato, ma per la presidenza un triumvirato non è possibile e il plenum dovrà sceglierne solo uno.

L’interrogativo, allora, è quale criterio sceglieranno i giudici per individuare il loro nuovo vertice. Posto che una tale concomitanza di date di insediamento non si ricorda, infatti, non esistono ulteriori criteri non scritti oltre all’anzianità di servizio per l’individuazione del presidente.

Una corrente di pensiero, molto formalista, ipotizza che si possa utilizzare il criterio ulteriore dell’età anagrafica, che sarebbe appunto un criterio oggettivo e che dunque escluderebbe qualsiasi valutazione di curriculum tra i candidati. In questo caso, a prevalere sarebbe Sciarra. Il fattore età fino ad oggi non è mai stato utilizzato come criterio di scelta, ma ha indirettamente un peso nella prassi della Consulta: proprio in virtù dell’anzianità, sarà Sciarra oggi a pronunciare il saluto e il ringraziamento ad Amato. 

Tuttavia, il criterio anagrafico è stato disatteso nel caso della nomina di Marta Cartabia alla presidenza. Cartabia, infatti, era stata nominata giudice costituzionale lo stesso giorno di Aldo Carosi, che era più vecchio di lei di 12 anni. Al momento della scelta del successore di Giorgio Lattanzi, però, il plenum ha votato Cartabia e Carosi è rimasto alla vicepresidenza.

La favorita

Vista la concorrenza di tre nomi, difficilmente il nuovo presidente verrà eletto all’unanimità nello scrutinio segreto intero al plenum. Secondo indiscrezioni interne al mondo giuridico, la vera competizione sarebbe tra le due candidate donne e, complice il precedente di Cartabia sulla non tassatività del criterio anagrafico, la favorita della vigilia sarebbe Daria De Pretis.

Trentina, ex rettrice dell’ateneo di Trento e professoressa di diritto amministrativo, De Pretis sarebbe la seconda donna ad essere eletta presidente, dopo Cartabia. Tuttavia nessuna certezza ci sarà fino alla nomina da parte di Mattarella del quindicesimo giudice, che sostituirà Amato, e che potrebbe influenzare gli equilibri del plenum. La dinamica tra i giudici, infatti, è imperscrutabile e il fatto che le decisioni vengano sempre assunte a scrutinio segreto non aiuta a cogliere in modo chiaro i singoli orientamenti.

Nei prossimi anni il criterio dell’anzianità di servizio è destinato ad essere progressivamente accantonato, almeno in modo parziale, per ragioni contingenti. Lo stesso problema che sorge ora per il dopo-Amato, infatti, si ripresenterà anche per la nomina del presidente ancora successivo.

I prossimi aspiranti, infatti, sono di nuovo tre: Franco Modugno, Augusto Barbera e Giulio Prosperetti, tutti nominati il 21 dicembre 2015.

Dunque, nel prossimo futuro i giudici saranno chiamati ad esprimersi sulla scelta del presidente secondo un criterio di preferenza, pur nella rosa di candidati con uguale anzianità. 

 

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