Il governo ha bisogno di trovare manine e sabotatori immaginari a cui dare la colpa delle proprie lentezze ed errori sul Pnrr. In quest’ottica il nemico perfetto è diventato la Corte dei conti, organo costituzionale e tra i cosiddetti poteri neutri dello Stato, che ha funzione di magistratura contabile ma anche controllo concomitate, che in questa fase è stato esercitato per svolgere un controllo periodico sullo stato di avanzamento del Pnrr. Si tratta delle ormai temutissime relazioni sul Pnrr, in cui la magistratura contabile ha messo nero su bianco gli allarmi sui ritardi e i rischi di non raggiungimento degli obiettivi del piano. Proprio queste relazioni hanno mandato su tutte le furie il ministro con la delega al Pnrr, Raffaele Fitto: all’inizio del suo mandato aveva trovato affinità con la Corte dei conti, alla quale si era appoggiato anche nelle sue relazioni al parlamento, ora invece ne ha paventato un ridimensionamento delle prerogative in ottica apparentemente punitiva.

Il rischio, però, è quello di un effetto boomerang per il governo, che oggi può silenziare la Corte, considerata un fastidioso grillo parlante, ma domani si ritroverà a dover far fronte alle conseguenze di questo sul piano europeo.

Lo scudo erariale

Due sono gli strumenti minacciati dal governo: da un lato la riduzione degli ambiti di competenza della Corte sul fronte del controllo concomitante così da mettere un freno alle relazioni periodiche; dall’altro la proroga del cosiddetto scudo erariale.

Proprio questo secondo elemento è quello che più preoccupa la magistratura contabile in ottica europea. Lo scudo erariale, infatti, è un salvacondotto che solleva da responsabilità contabili gli amministratori pubblici nel caso della «colpa grave». In questo modo, fatte salve le condotte volontarie, la perseguibilità a titolo di colpa grave si riduce alle sole omissioni, che sono una minoranza. In altre parole, prorogando lo scudo si riduce drasticamente la possibilità della Corte di indagare sul danno erariale.

Lo scudo era stato approvato nel 2020 con il decreto legge Semplificazioni firmato dal governo Conte 1 e doveva servire in via eccezionale per un anno come alleggerimento delle pressioni sulle amministrazioni nel periodo difficile della pandemia. Poi è stato prorogato da Draghi fino al 30 giugno 2023 per incentivare l’azione della pa, per evitare che il lancio dei progetti del Pnrr venissero frenati dalla burocrazia difensiva. Oggi il governo punta a prorogare lo scudo fino al 31 dicembre 2025 – quindi fino al termine di realizzazione del Pnrr – ma questa nuova proroga rischia di creare un vuoto nella rendicontazione da mandare in Ue sul Pnrr. 

Le regole europee per l’utilizzo dei fondi del Recovery Fund, infatti, prevedono che il controllo sulla gestione finanziaria ed azioni di contrasto agli abusi riguardi anche il recupero delle somme e il risarcimento del danno nel caso in cui il denaro europeo venga impiegato illecitamente anche «con colpa grave». Proprio il caso che il governo punta a sottrarre dal controllo della Corte dei conti, con il rischio di provocare una incompatibilità tra diritto italiano e diritto dell’Unione europea. La conseguenza sarà duplice: non solo incertezze applicative, ma anche la possibilità di un rinvio pregiudiziale della norma alla Corte di giustizia europea promosso proprio dalla stessa Corte dei conti, come già annunciato in una delibera della giunta esecutiva dell’associazione magistrati della Corte dei conti.

Per questo la stessa associazione si è mossa per manifestare «sconcerto e stupore» per le possibili iniziative «estemporanee» del governo, nonostante la «disponibilità al dialogo affinché potessero essere introdotte riforme meditate» sempre manifestata dalla magistratura contabile. In particolare, la proroga dello scudo erariale rischia di aprire «uno spatium di impunità che va a vantaggio del funzionario infedele e di chiunque sperperi le risorse pubbliche», è l’avvertimento. Con il risultato che il governo combatta l’anticorpo invece che il virus e che, per silenziare la Corte dei conti, incrini ancora di più la sua posizione in Ue.

 

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