*Membro del coordinamento nazionale di Area democratica per la giustizia

Sono calabrese e da dieci anni lavoro in procura in Calabria, una terra contradditoria, tanto bella quanto problematica.

L’esperienza personale e quella dei colleghi che lavorano nel distretto di Catanzaro, anche grazie all’osservatorio privilegiato che mi ha offerto essere stata una componente del consiglio giudiziario, mi consentono di provare a far capire cosa significa per un giovane magistrato lavorare in Calabria.

Partiamo dal presupposto che in numerosi uffici si registra un tasso di turn over (indicatore della percentuale dei trasferimenti dei magistrati decorso il periodo minimo di permanenza in servizio in sede) superiore alla soglia critica e il tasso di scopertura (le carenze di organico) pure risulta significativo.

Ciò accade sia nel settore civile che in quello penale e significa per il magistrato fare i conti con cambi continui dei ruoli, necessità di sopperire alle carenze aggiungendo ulteriori incombenze alle proprie, tutti sforzi necessari affinchè l’utenza, i cittadini, non risentano dei problemi di organico.

Pensiamo al ruolo del Gip: stante la delicatezza della funzione la legge impone di aver svolto, prima, almeno un biennio quale giudice dibattimentale.

E’ tutt’altro che infrequente, tuttavia, che tale requisito venga derogato, nominando d’ufficio colleghi senza l’esperienza richiesta, addirittura anche attingendo direttamente dal settore civile, con conseguente necessità di rapida “riconversione” del magistrato.

Per comporre il tribunale del Riesame, funzione delicatissima, grado di appello delle decisioni del Gip, vengono assegnanti massicciamente i magistrati di prima nomina chiamati, dunque, a decidere in brevissimo tempo delle istanze sulla libertà personale degli indagati, spesso nel contesto di maxi-operazioni, caratterizzate da una mole di carte da leggere e decine di posizioni individuali da valutare.

Ancora, quanto al settore civile, il contenzioso sulla previdenza sociale intasa le sezioni lavoro; sono tanti gli affari di volontaria giurisdizione, espressione del disagio non fronteggiato dai servizi sociali, pesante è anche la situazione nel settore della protezione internazionale, essendo la Calabria terra di sbarchi. Anche chi svolge queste funzioni è chiamato a decidere in tempi brevi su temi importantissimi: i diritti sociali, di cittadinanza, di libertà.

E’ dunque faticoso per qualunque magistrato, ma per chi è all’inizio lo è ancor di più.

Per questo è fondamentale il ruolo del dirigente dell’ufficio. Area democratica per la giustizia, da sempre, spinge scegliere dirigenti competenti che conoscano la giurisdizione ma che sappiano anche motivare e “proteggere” i magistrati più giovani, creando momenti di partecipazione effettiva e condivisa dell’organizzazione dell’ufficio.

Quando si parla della giustizia al Sud, della emergenza criminalità organizzata, anche questo si deve considerare: uffici giudiziari sguarniti, magistrati che, appena maturano l’esperienza necessaria, vanno altrove, dirigenti non sempre adeguati, carichi di lavoro dovuti anche alle inefficienze degli altri pezzi dello Stato.

Pur nelle difficoltà, però l’esperienza calabrese fa sentire il valore del mestiere che si è scelto di fare: garantisce una esperienza formativa ampia, facendoti toccare con mano sin da subito questioni tecnicamente molto delicate e di grande impatto sociale. Restituisce il senso di utilità, di servizio che deve caratterizzare, secondo me, il magistrato, fornendogli un bagaglio culturale e di esperienza notevole, utile ad affrontare qualsiasi sfida.

Il tutto, circondati da una bellezza selvaggia, di terra e di mare, che non guasta.

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